Federico Commandino (Urbino 1506 - Urbino 1575)
Seminario di Storia della Scienza, Università di Bari, argante1971@gmail.com
Received 02/11/2023| Accepted 03/11/2023| Published online 15/05/2024
*Questa voce è volta ad aggiornare e integrare quella già pubblicata nel DBI.
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Nel panorama delle scienze matematiche del secondo Cinquecento la figura di Federico Commandino occupa un posto di primo piano. Della sua importanza per il rinnovamento della matematica, del resto, ne dà testimonianza il giudizio pressoché unanime dei più grandi matematici del suo tempo, da Pietro Ramo a Gerolamo Cardano, da Francesco Maurolico a Christoph Clavius.
Nel corso della sua vita Commandino ebbe l’opportunità di studiare e compiere ricerche sotto il patronage di importanti famiglie del Rinascimento, come i Farnese e i Della Rovere e il suo ruolo di cortigiano gli consentì di accedere ai fondi manoscritti di preziose biblioteche, oltre che di mantenere uno stretto contatto con gli ambienti umanistici più raffinati del XVI secolo. Il rinascimento della matematica antica, al quale Commandino diede un contributo fondamentale, si concretizzò nell’edizione a stampa di opere fondamentali per la Rivoluzione scientifica del XVII secolo. Lo studioso urbinate, infatti, pubblicò e commentò i lavori - per menzionare solo i più importanti - di Archimede (1558, 1565), Tolomeo (1558, 1562), Apollonio (1566), Euclide (1572) e Pappo (postumo 1588).
Federico Commandino nacque ad Urbino nel 1506 [Falcioni, Mosconi, 2023, p. 317]. Suo padre, Giovan Battista, era architetto e, per ordine del duca Francesco Maria I della Rovere, aveva avuto l’incarico di costruire una nuova cinta muraria della città.
In gioventù Federico ricevette una solida formazione classica e imparò greco e latino prima dal fanese Iacopo Torelli, poi da Giovanni Piero Grassi, che era stato precettore a Roma della famiglia Orsini e l’aveva accompagnata a Urbino dopo il sacco di Roma del 1527. Grazie all’appoggio di Grassi, divenuto vescovo di Viterbo, e del Cardinale Niccolò Ridolfi, Federico fu accolto come cameriere di Clemente VII. Alla morte del Papa, nel 1534, Commandino lasciò Roma e si iscrisse all’università di Padova interessandosi - come racconta il suo discepolo e biografo, Bernardino Baldi - «parte alla Filosofia, e parte alla Matematica» [Baldi, 1998]. In questo periodo, pertanto, affiancò alla formazione umanistica anche quella matematica e nei dieci anni di studio trascorsi tra Padova e Ferrara ebbe modo di approfondire le sue conoscenze algebriche, come testimonia la lettera che il 18 ottobre 1537 il matematico fanese Tommaso Leonardi inviò a Commandino per esporgli le operazioni con potenze e radicali e la soluzione di problemi di algebra applicata alla geometria [Rose, 1973].
Secondo Bernardino Baldi, nella seconda metà degli anni Quaranta, Commandino, abbandonata la medicina, nella quale aveva comunque conseguito il dottorato a Ferrara, si dedicò completamente alle matematiche. A Urbino sposò per procura Girolama Bonaventura [Fiocca, 2020, p. 335] dalla quale ebbe due figlie, Olimpia e Sovena, e un figlio. Sua moglie e il figlio maschio morirono improvvisamente e Federico, dopo aver sistemato le due figlie nel convento di Santa Caterina, entrò al servizio del duca di Urbino Guidobaldo II della Rovere, che allora era comandante dell’esercito di Venezia, di stanza a Verona. Al ritorno a Urbino, Guidobaldo ricevette la visita di suo cognato, il cardinale Ranuccio Farnese (1530-1565), e questa fu l’occasione che cambiò le sorti della vita di Commandino e gli consentì di dedicarsi a tempo pieno a ciò che amava di più: il restauro e l’edizione latina dei classici della matematica greca.
Intorno al 1550 Federico Commandino passò sotto il patronage del Cardinale Ranuccio Farnese. Al seguito del giovane cardinale, lo studioso urbinate fu introdotto nella raffinata cultura umanistica della corte romana dei Farnese, frequentata da figure di intellettuali come Annibal Caro, Balthasar Torres e Fulvio Orsini [Rose, 1975]. Nella Roma di metà ‘500 Commandino conobbe anche Marcello Cervini, il futuro Papa Marcello II (1555), che ebbe modo di apprezzare le straordinarie capacità filologiche e matematiche dello studioso urbinate e gli mise a disposizione la traduzione latina di Guglielmo di Moerbeke del De insidentibus aquae (Galleggianti) di Archimede e del De analemmate di Tolomeo [Rose, 1975, p. 199] [Clagett, 1978, p. 614]. Marcello Cervini chiese a Commandino di approntare un’edizione corretta di questi due testi, dei quali nel XVI secolo non si aveva a disposizione alcun codice greco. L’opera De insidentibus aquae, inoltre, poneva diversi problemi di intelligibilità. La traduzione di Guglielmo di Moerbeke, infatti, presentava passaggi del testo latino completamente privi di senso.
Commandino, per riportare al suo ‘pristino splendore’ l’opera di Archimede De insidentibus aquae ed esaudire la richiesta del cardinale Cervini, decise allora di intraprendere un lavoro sistematico di restituzione organica dei testi di Archimede e di Apollonio per comprendere a fondo la matematica greca e approntare edizioni filologicamente accurate delle loro opere. Nel 1553 lo studioso urbinate, al seguito del cardinale Ranuccio Farnese, ebbe modo di soggiornare a Venezia. Il 22 febbraio, dalla Biblioteca Marciana prese in prestito il codice greco posseduto da Bessarione (il ms. Z. Gr. 305), che conteneva le opere di Archimede e i commenti di Eutocio [D’Alessandro, Napolitani, 2012, p. 129-190]. Il codice era stato poi restituito il 7 agosto 1553, giorno in cui Commandino aveva preso in prestito il codice greco (Z. Gr. 518) contenente le Coniche di Apollonio [Ciocci, 2023a, p. 38]. Alla fine del 1558 gli studi di Commandino sui testi greci di Archimede e Apollonio erano culminati nella nuova traduzione di molte opere archimedee.
Commandino era convinto che il rinascimento delle matematiche potesse essere stimolato dalla riappropriazione delle opere di Archimede e nella lettera di dedica a Ranuccio Farnese di Archimedis opera non nulla (Venezia, 1558) presentava il suo lavoro come un utile strumento di chiarificazione delle opere del Siracusano. I problemi che Commandino dovette affrontare nell’edizione di Archimedis opera non nulla riguardarono: 1) le corruzioni del testo greco e della traduzione latina di Iacopo da San Cassiano, rivista da Regiomontano e contenuta nell’ editio princeps di Basilea (1544); 2) la revisione e correzione delle figure geometriche; 3) l’individuazione del percorso logico che conduce alla dimostrazione dei principali risultati di Archimede; 4) la ricostruzione delle dimostrazioni geometriche implicite nelle singole proposizioni delle opere del matematico di Siracusa. I commenti di Commandino riguardano tutti e quattro gli aspetti elencati [Ciocci, 2023a, p. 35-82].
Gli Archimedis opera non nulla (1558) sono un importante risultato dell’umanesimo matematico, un punto di riferimento imprescindibile non soltanto per le successive edizioni dell’opera di Archimede ma soprattutto per i matematici del XVI e XVII secolo. Il merito di Commandino, infatti, fu quello di aver approntato un’edizione latina dei libri di Archimede alla quale Galileo e gli studiosi del Seicento poterono ricorrere per assimilarne i metodi dimostrativi.
Nello stesso anno dell’edizione di Archimede Commandino dava alle stampe anche il Planisphaerium di Tolomeo corredato dall’opera sullo stesso argomento di Giordano Nemorario (Venezia, 1558). Nella dedica dell’opera a Ranuccio Farnese, Commandino racconta di come Balthasar Turrius Metiniensis, medico, filosofo e matematico, gli avesse chiesto di interpretare il codice latino che aveva a disposizione (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 3096) al fine di renderlo intellegibile. Balthasar Torres insegnava al Collegio Romano dal 1553 ed era amico di Francesco Maurolico. Il suo interesse per le discipline matematiche e il suo ruolo di intermediario fra Commandino e Maurolico è testimoniato dal codice Barb. Lat. 304 della Biblioteca Apostolica Vaticana, che oltre a contenere le copie del De insidentibus aquae e del De analemmate di Tolomeo, tratte dall’autografo di Guglielmo di Moerbeke (Ott. Lat. 1850), ai ff. 187v-207v riporta le lezioni di geometria e quelle sulla costruzione degli orologi solari che il gesuita aveva tenuto al Collegio Romano negli anni 1557 e 1558.
All’opera di Tolomeo Commandino fece seguire un suo libro In quo universa Scenographices ratio quam brevissime traditur, ac demonstrationibus confirmatur, destinato ad aprire la strada della ricerca intrapresa da Guidobaldo del Monte e culminata con la pubblicazione dei Planisphaeriorum universalium theorica nel 1579 e dei Perspectivae libri sex nel 1600. Il Commentarius in Planisphaerium Ptolemaei nasceva dall’esigenza di rendere perspicui agli studiosi moderni i passaggi più ellittici dell’opera tolemaica e di costruire una trattazione matematica dei procedimenti proiettivi utilizzati dal matematico antico per disegnare nel piano i circoli della sfera celeste. Il trattato di Commandino si rivolgeva ai matematici piuttosto che a pittori e architetti e intendeva perseguire lo scopo di fondare geometricamente l’antica scienza prospettica che gli Antichi chiamavano scenographice. La moderna prospettiva degli artisti veniva pertanto dimostrata sulla base dei metodi geometrici degli antichi [Sinisgalli, 1993].
L’altra opera di Tolomeo, curata da Commandino, è il De analemmate, pubblicata a Roma nel 1562 grazie al patronage di Ranuccio Farnese. Come per i libri De insidentibus aquae di Archimede, anche per il De analemmate di Tolomeo Commandino non poteva lavorare su un testo greco ma solo sulla traduzione latina tramandata dal codice Ott. Lat. 1850. Quando si cimentò nella lettura iniziale della versione latina che Guglielmo di Moerbeke aveva realizzato del De analemmate, Commandino si trovò di fronte a una difficoltà linguistica e a un tempo matematica, tale che – come rileva lo studioso urbinate – per ricavare il significato di certi passaggi particolarmente corrotti c’era bisogno di un indovino piuttosto che di un interprete. La difficoltà di comprensione dell’argomento era infatti causata non soltanto dalle corruttele presenti nella versione tramandata dai due codici a sua disposizione ma anche dalla difficoltà della materia e da un testo, a volte ellittico e oscuro, che necessitava di integrazioni e commenti e possedeva un corredo grafico di scarso aiuto per il lettore.
Commandino era perfettamente consapevole di aver riscritto e talvolta ‘divinato’ congetturalmente il testo originario di Tolomeo [Ciocci, 2021]. Il suo scopo precipuo tuttavia era quello di far rinascere una disciplina matematica, la gnomonica, di cui si era persa la traccia scientifica e, a questo proposito, corredò l’edizione con il suo Liber de horologiorum descriptione [Sinisgalli, Vastola, 1994].
Nel 1565 Commandino pubblicò il De his quae vehuntur in aqua (Bologna, 1565) di Archimede. A giudizio di [Clagett, 1978, p. 620] questa edizione è il capolavoro filologico di Commandino. Il lavoro di revisione e ripristino condotto da Commandino sulla versione latina De insidentibus aquae realizzata da Guglielmo di Moerbeke si concretizzò in quattro tipi di interventi: 1) la riscrittura del testo al fine di renderlo intellegibile e chiaro nei molti passaggi che restavano oscuri nella traduzione letterale dal greco (Ottob. Lat. 1850 e Barb. Lat. 304); 2) l'integrazione delle lacune del testo di Moerbeke, e la ricostruzione delle dimostrazioni mancanti delle proposizioni 8.I, 2.II e della quarta parte di 10.II; 3) la correzione dei passaggi corrotti e il disegno delle figure mancanti; 4) l'aggiunta, nei commenti, delle dimostrazioni di quelle proposizioni che Archimede cita senza darne prova [Clagett, 1978, p. 607-681]. Il testo latino di Commandino rappresentò il punto di partenza di sviluppi di ricerca scientifici inerenti non soltanto alla centrobarica, ma anche all’idrostatica di matrice galileiana [Ciocci, 2023a, p. 116-151].
Nello stesso anno dell’edizione latina dell’opera De iis quae vehuntur in aqua Commandino diede alle stampe il suo Liber de centro gravitatis solidorum (Bologna 1565). La stretta connessione fra i due libri viene spiegata dallo studioso urbinate nella prefazione ad Alessandro Farnese. Negli Equiponderanti Archimede aveva trattato in modo molto dettagliato il modo di determinare il centro di gravità delle figure piane. Tuttavia, nessuno degli scritti noti del matematico di Siracusa riguardava il centro di gravità dei corpi solidi. Nel De iis quae vehuntur in aqua (II.2) invece Archimede assume come evidente e dimostrata altrove la proposizione che il centro di gravità di un segmento di conoide rettangolo divide l’asse in modo tale che la parte che termina sul vertice è doppia di quella che termina sulla base. Lo studioso urbinate, che venerava il Siracusano, non poteva dubitare che Archimede avesse dimostrato questa proposizione in un suo scritto o l’avesse citata da un’opera di un altro matematico. Visto, però, che nessun libro suo o di altri matematici antichi conteneva dimostrazioni sul centro di gravità dei solidi, Commandino, nel preparare l’edizione dell’opera De iis quae vehuntur in aqua, aveva deciso di colmare la mancanza di fonti antiche mediante un suo trattato – il Liber de centro gravitatis solidorum [Commandino, 2014] – che, emulando lo stile di Archimede, dimostrasse, tra le altre proposizioni, anche quella assunta come evidente dal Siracusano.
Pur con i suoi limiti, la matematica filologica di Commandino ebbe il merito di far rinascere l’attenzione per la centrobarica e stimolare gli studi sui centri di gravità dei solidi compiuti dal suo discepolo Guidobaldo del Monte, da Christoph Clavius, da Galileo e da Luca Valerio.
Un altro importante frutto derivante dagli studi commandiniani sulla matematica greca intrapresi per restaurare l’opera De iis quae vehuntur in aqua fu l’edizione dei Conicorum libri quattuor di Apollonio (1566), che comprendeva, oltre ai lemmi di Pappo e ai commenti di Eutocio, anche i due libri di Sereno De sectione coni e De sectione cylindri. Uno dei codici greci usati da Commandino per la sua versione latina è il Vindob. Suppl. Gr. 9, sul quale compaiono annotazioni autografe in greco dello studioso urbinate [Ciocci, 2023b].
L’edizione di Apollonio è dedicata a Guidobaldo II della Rovere e segna una svolta nel patronage di Commandino. Lo studioso urbinate, infatti, dopo la prematura morte di Ranuccio Farnese (1565), trovò nei duchi di Urbino i nuovi mecenati per attuare il suo progetto culturale di pubblicazione dei classici della matematica greca. La scuola matematica di Commandino, che avrà tra i suoi discepoli Guidobaldo del Monte, Bernardino Baldi e molti altri collaboratori, nacque nell’autunno del 1568 soprattutto grazie al mecenatismo di Francesco Maria II della Rovere che provvide al fabbisogno finanziario del matematico urbinate garantendogli una pensione per molti anni [Frank, 2014].
Al duca di Urbino è dedicato il De superficierum divisionibus. Nelle sue 22 proposizioni, questo trattato, attribuito a Euclide, insegnava a dividere le figure piane secondo una data proporzione. Commandino ne realizzò un’edizione, pubblicata nel 1570, sulla base del manoscritto che gli aveva fornito John Dee nel 1563 (Milano, Biblioteca Ambrosiana, P. 236 sup., che reca anche annotazioni di Commandino, [Rose, 1972]).
Grazie al patronage del duca Francesco Maria II Della Rovere, Commandino – come racconta Baldi - «si diede con tutto l’animo alla traslatione e commentatione d’Euclide» e approntò un’autorevole edizione degli Elementi, pubblicata a Pesaro nel 1572. Nello stesso anno in cui uscì dai torchi dello stampatore Frisolino la versione latina degli Elementi, Commandino diede alle stampe anche il libello di Aristarco di Samo De magnitudinibus, et distantiis solis et lunae. L’edizione latina dell’opera di Aristarco fu realizzata a partire da alcuni manoscritti greci, tra i quali il Vind. Suppl. Gr. 9, nel quale compaiono annotazioni autografe di Commandino [Ciocci, 2023c].
Dopo la morte di Commandino (3 settembre 1575) [Baldi, 1998] i suoi lavori manoscritti passarono al genero Valerio Spaccioli, che insieme ai più celebri Guidobaldo del Monte (1545-1607) e Bernardino Baldi (1553-1617), e ai meno celebri Alessandro Giorgi, Giambattista Teofilo, Felice Paciotti e Francesco Corona, faceva parte della Scuola di Urbino. La relazione fra il maestro e i discepoli non si configurò soltanto dal punto di vista della formazione nelle discipline matematiche: alcuni di essi, infatti, furono coinvolti anche nelle operazioni editoriali che Commandino dirigeva. La scuola di Urbino, oltre a produrre strumenti scientifici di precisione [Pietrini, 2023, p. 203-218], era un vero e proprio scriptorium finalizzato a preparare sia il testo sia la sezione grafica delle edizioni a stampa. Nel 1574, un anno prima della sua morte, lo studioso urbinate aveva avuto la licenza ducale di stampare le sue edizioni nella propria abitazione [Ciocci 2023a, p. 320]. Tra i libri stampati «in casa di Federico Commandino» compare anche l’edizione italiana degli Elementi (1575) [Euclide, 2009] e la versione latina degli Pneumatica di Erone, edita nel 1575 a cura di Valerio Spaccioli [Trabucco, 2010].
I programmi di Commandino, interrotti dalla sua improvvisa morte nel settembre del 1575, prevedevano anche la revisione e pubblicazione della Practica geometriae di Leonardo Pisano [Giusti, 2019] e della Summa di Pacioli, oltre che l’edizione delle opere astronomiche di Teodosio, Autolico ed Euclide.
Tra le opere che Commandino non riuscì a vedere edite a stampa ci sono anche le Mathematicae Collectiones di Pappo. All’edizione latina di questo libro Commandino aveva dedicato molte energie, già a partire dagli anni ‘50. Dato lo stato dei codici greci di cui disponeva (Ms.18.1.13 della National Library of Scotland di Edimburgo; Ms. 110 della Newberry Library di Chicago, Angel.Gr. 111, Biblioteca Angelica di Roma), l’emendatio del testo dovette risultare particolarmente faticosa. Lo studioso urbinate, infatti, aveva di fronte manoscritti con molte lacune materiali e infarciti di mende che dovevano essere sanate. Tra le lacune colmate, le aggiunte al testo, le cancellazioni di parole o frasi superflue e la correzione degli errori, in totale gli interventi di Commandino sul testo greco, segnalati nei commenti, raggiungono la cifra record di 895, tanto da poter considerare quella compiuta dallo studioso urbinate una riscrittura dell’opera di Pappo. La bozza preliminare della versione latina delle Mathematicae Collectiones fu portata a termine alla fine degli anni ’60 [Ciocci, 2022] ma l’edizione del lavoro di Commandino dovette attendere quasi 13 anni dalla sua scomparsa. L’intricata vicenda che portò alla pubblicazione delle Mathematicae Collectiones vide coinvolti, oltre agli eredi di Commandino e al Duca Francesco Maria II Della Rovere, anche Francesco Barozzi e Guidobaldo del Monte [Passalacqua, 1994]. Fu proprio grazie a Guidobaldo che l’opera del maestro, destinata a esercitare una notevole influenza nel XVII secolo, fu data alle stampe a Pesaro nel 1588.
Manoscritti latini
Los Angeles, University Library, Coll. 170/MS. 624 (Archimede).
Milano, Biblioteca Ambrosiana: A. 230 inf. (Apollonio).
Milano, Biblioteca Ambrosiana: ms. G 121 Inf, cc. 135r-v, D 117 inf, f.122r (Lettere di Commandino ad Ettore Ausonio).
Milano, Biblioteca Ambrosiana, P. 236 sup (De superficierum divisionibus).
Roma, Biblioteca Nazionale Centrale di Roma: Vitt. Em. 1510 (Apollonio e Sereno).
Parigi, Biblioteca Nazionale di Francia, Nouv. Acq. Lat. 1144 (Libro III della Collectio di Pappo).
Parigi, Biblioteca Nazionale di Francia, Latin 7263 (lettere di Commandino a Giovan Battista Teofilo).
Urbino, Biblioteca Universitaria, Buste 120 e 121 (Archimede, Tolomeo, Pappo, Euclide, Erone, Aristarco, minuta di lettera di Commandino a Maurolico).
Manoscritti greci con note autografe di Commandino
Chicago, Ms. 110 della Newberry Library che contiene soltanto il libro VII della Collectio di Pappo.
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb.Gr.73 (Eutocio).
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana: Urb. Gr. 75 (Erone).
Edimburgo, Ms.18.1.13 della National Library of Scotland (codice G), che contiene i libri III-VI, e VIII della Collectio di Pappo.
Roma, Biblioteca Angelica, Angel. Gr. 111 (codice J), che contiene i libri III-VI, e VIII della Collectio di Pappo.
Vienna, Biblioteca Nazionale, Vind. Suppl. Gr. 9 (Apollonio).
Vienna, Biblioteca Nazionale: Vind. Suppl. Gr. 9 (Aristarco).
Opere a stampa
Apollonio, 1566 = Apollonii Pergaei Conicorum libri quattuor. Vna cum Pappi Alexandrini lemmatibus, et commentariis Eutocii Ascalonitae. Sereni Antinsensis philosophi libri duo nunc primum in lucem editi. Quae omnia nuper Federicus Commandinus mendis quamplurimis expurgata e Graeco conuertit, & commentariis illustrauit, Bononiae, ex officina Alexandri Benacii, 1566.
Archimede, 1558 = Archimedis opera non nulla a Federico Commandino Urbinate nuper in latinum conversa et commentariis illustrata. Quorum nomina in seguenti pagina leguntur, Venetiis, apud Paulum Manutium, Aldi F., 1558.
Archimede, 1565 = Archimedis de iis quae vehuntur in aqua libri duo. A Federico Commandino Urbinate in pristinum nitorem restituti, et commentariis illustrati, Bononiae, Ex Officina Alexandri Benacii, 1565.
Aristarco, 1572 = Aristarchi de magnitudinibus, et distantiis solis et lunae, liber cum Pappi Alexandrini explicationibus quibusdam. A Federico Commandino Urbinate in latinum conversus, ac commentarijs illustratus, Pisauri, apud Camillum Francischinum, 1572.
Commandino, 1565 = Federici Commandini Urbinatis liber de Centro Gravitatis Solidorum, Bononiae, Ex Officina Alexandri Benacii, 1565.
Commandino, 1570 = De superficierum divisionibus liber Machometo Bagdedino ascriptus. Nunc primus Ioannis Dee Londinensis, et Federici Commandini Urbinatis opera in lucem editus. Federici Commandini de eadem re libellus, Pisaurum, apud Hieronymum Concordiam, 1570.
Erone, 1575 = Heronis Alexandrini Spiritalium liber. A Federico Commandino Urbinate, ex graeco nuper in latinum conversus. Apud Aegidium Gorbinum, 1575.
Euclide, 1572 = Euclidis Elementorum libri XV. Una cum scholiis antiquis. A Federico Commandino Urbinate. Nuper in latinum conversi, commentariisque quibusdam illustrati, Pisauri, apud Camillum Francischinum, 1572.
Euclide, 1575 = De gli Elementi d’Euclide libri quindici con gli Scholii antichi.Tradotti prima in lingua latina da M. Federico Commandino da Urbino, & con Commentarij illustrati, et hora d’ordine dell’istesso trasportati nella nostra lingua volgare, & da lui riveduti. Con privilegio, In Urbino, appresso Domenico Frisolino, 1575.
Pappo, 1588 = Pappi Alexandrini Mathematicae collectiones a Federico Commandino Urbinate in latinum conversae et commentariis illustrate, Pisaurum, apud Hieronymum Concordiam, 1588.
Tolomeo, 1558 = Ptolemaei Planisphaerium. Iordani Planisphaerium. Federici Commandini Urbinatis in Ptolemaei Planisphaerium commentarius. In quo universa Scenographices ratio quam brevissime traditur, ac demonstrationibus confirmatur, Venetiis, apud Paulum Manutium, 1558.
Tolomeo, 1562 = Claudii Ptolemaei liber de Analemmate, a Federico Commandino Urbinate instauratus, et Commentariis illustratus. Qui nunc primum eius opera a tenebris in lucem prodit. Eiusdem Federici Commandini liber de Horologiorum descriptione, Romae, apud Paulum Manutium Aldi F., 1562.