Le radici del futuro. Tradizioni, innovazioni e sfide in storia della scienza
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” Seminario di Storia della Scienza benedetta.campanile@uniba.it
Convegno Nazionale SISS 2024
Per scaricare l'articolo in pdf visita la sezione "Risorse" o clicca qui.
Si è svolto presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, tra i plessi del Borgo Murattiano, il Convegno Nazionale SISS 2024. L’inedita ampia partecipazione dei soci SISS ha richiesto il coinvolgimento di varie strutture dell’Ateneo barese e la generosa cooperazione del comitato organizzativo guidato da Francesco Paolo de Ceglia, coordinatore locale. A ospitare i lavori, dal 29 maggio al 1° giugno, è stato il Centro Interuniversitario di Ricerca “Seminario di Storia della Scienza” dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, guidato da Francesco Marrone. Il Seminario da quasi sessant’anni si occupa di ricerca e formazione nel campo della storia e della comunicazione della
scienza e ha dato vita a un’attiva comunità di giovani studiose e studiosi assai eterogenea ma al contempo coesa.
Il tema del Convegno pone l’attenzione sulle diverse declinazioni della contemporaneità. Il presente, infatti, sta ponendo sfide inedite, che le scienze e le tecnologie raccolgono e rilanciano. Il futuro non si potrà tuttavia costruire senza un’adeguata conoscenza critica del passato, la quale conferisca una dimensione finalmente “umanistica” alle ricerche di scienziati e tecnologi, il tutto in una prospettiva fortemente interdisciplinare.
Il Convegno ha avuto uno svolgimento dinamico, itinerante tra i diversi palazzi storici acquisiti nel tempo dalla centenaria Università cittadina. L’inaugurazione si è tenuta nell’Aula Magna dell’Ateneo, intitolata all’ex rettore Aldo Cossu, dove gli affreschi a soffitto degli artisti veneziani Mario e Guido Prayer catalizzano l’attenzione dell’ospite sui ritratti dei grandi delle arti, del pensiero e della scienza: Morgagni, Galilei, Leonardo, Dante, D’Aquino e Vico. Per rimarcare l’attualità delle nuove linee di indagine della storia della scienza, il Convegno si è aperto con due proposte di riflessione. La prima, di Christoph H. Lüthy, giunto dalla Radboud Universiteit di Nimega, nei Paesi Bassi, è stata un invito a ripensare criticamente l’uso delle nuove metodologie di ricerca fondate sulla lettura delle immagini, come recita il titolo “Ragionare con le immagini: il caso della linea del tempo”. La seconda, tenuta da Raffaella Sarti, proveniente dall’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, ha presentato la Società Italiana delle Storiche, della quale è Presidente, che, come titolava il suo intervento, è “espressione e motore della storia delle donne e di genere” e propone specifici “percorsi di ricerca e prospettive di dialogo”.
Novità di questa edizione del Convegno Nazionale è stata la presenza di molti panel su svariati temi, sia tradizionali sia innovativi, con il coinvolgimento di più proponenti e di relatori anche esterni alle università. Ciò è evidentemente frutto delle collaborazioni avviate con enti di ricerca non accademici che la nuova ricerca in storia della scienza insegue e persegue con progetti interdisciplinari. Una novità anche la partecipazione di alcuni autori a più relazioni e a più panel, il che dimostra quanto i più giovani, tra le ricercatrici e i ricercatori, tendano ora a muoversi tra più progetti.
Il rilevante numero di relazioni, circa centoquaranta, concentrate in così pochi giorni, ha richiesto, spesso la concomitanza di sessioni parallele, fino a tre, nelle quali l’alternanza di panel e sessioni ha permesso di accogliere le sollecitazioni provenienti dalle tematiche classiche insieme a quelle più nuove, attraverso le nuove metodologie interdisciplinari. Così i temi caldi della storia della scienza hanno messo in connessione varie comunità, come le geoscienze, le matematiche e la medicina e hanno proposto riflessioni tra tradizione, innovazione e sfide della contemporaneità.
Il secondo giorno i lavori si sono tenuti nelle aule del Centro Polifunzionale Studenti (ex Palazzo Poste), dove la luce filtrata dalla grande cupola centrale ha illuminato i riflessi smeraldo della mostra “Overlapping: Art, History and Science” a cura di Lorenzo Leporiere e allestita dalle artiste di scuola viennese Chiara Campanile e Daniela Brill Estrada. Tra gli argomenti si è discusso ancora della storia delle geoscienze, della medicina, delle scienze della vita, della psicologia e della psichiatria in relazione con le implicazioni sociali delle teorie. Una nuova narrazione della storia della scienza è stata proposta esaminando i documenti iconografici che rappresentavano le pratiche sperimentali dell’Età moderna tra 1600 e 1800.
A cogliere le sollecitazioni della società contemporanea, la riflessione sulle pratiche scientifiche ha riguardato ad esempio la nozione di rischio, le sue diverse tipologie, nelle quali la componente umana e quella naturale si confondono, e ovviamente la sua dimensione storica. Nel corso del tempo, infatti, il rischio è stato percepito, concettualizzato, gestito e comunicato in modi diversi. Per questo, comprenderne i motivi può essere di aiuto nel veicolare e gestire i pericoli che attualmente derivano dal cambiamento climatico o dalla diffusione di nuovi virus.
Dall’esperienza tardorinascimentale, poi, ci arrivano alcune utili considerazioni su come le macchine e gli strumenti siano stati nelle varie epoche strategia e mezzo per conoscere i segreti della natura oltre che per controllarla e manipolarla.
Molte relazioni hanno gettato luce sul contributo di donne e uomini poco noti, che in ambiti differenti hanno lavorato non solo alla scoperta di nuove conoscenze ma anche al raggiungimento di stabilità sociale e pace politica.
Anche le modalità con le quali nel corso dei secoli la conoscenza medica si è relazionata con il corpo umano sono state al centro di ricerche che hanno proposto l’analisi di nuove fonti. Si è parlato anche di minoranze etniche, come la comunità italo-albanese arbëreshë e di come la medicina popolare, impregnata di pratiche arcaiche, abbia tramandato pregiudizi e concezioni che rivelano il difficile cammino verso la conoscenza del territorio e l’adattamento alle condizioni ambientali.
L’iconografia ha poi svelato nuovi approcci alla lettura della storia degli strumenti e delle sperimentazioni scientifiche, mostrando che il canone visivo affermatosi con la pubblicazione delle tavole illustrative nell’Encyclopédie ha in realtà inconsapevolmente assolto il compito di riprodurre artefatti, contesti e gestualità in vari ambiti - come fisica, chimica e ostetricia - costituendo un mezzo non ufficiale di tutela della proprietà intellettuale delle pratiche sperimentali.
Teorie mediche e filosofiche si sono intrecciate poi nelle ricerche di storia della psicologia e della psichiatria, volte a scoprire l’emergere del concetto di coscienza dal vissuto quotidiano più drammatico.
Un modo innovativo per comprendere che la scienza è in continuo movimento è stato quello proposto dallo studio delle collezioni naturalistiche. Erbari di “exsiccata”, diatomoteche, algari, analizzati come scrigni di storie, hanno rivelato i continui cambiamenti in atto nelle modalità di conservazione, di aggregazione, di manipolazione, che inevitabilmente hanno influenzato il nostro rapporto con l’ambiente e con la biodiversità. Le storie degli studiosi che nel tempo li hanno riuniti, posseduti, ceduti e studiati raccontano di un patrimonio in continua trasformazione e, a volte, alterazione, che permette di riflettere sul mutamento della concezione di storia naturale e di classificazione, intesa quest’ultima come infrastruttura materiale e intellettuale.
Alla luce di queste riflessioni, anche musei ed esposizioni sono divenuti oggetto di una rilettura che può condurre sia a nuove scoperte circa le modalità di indagine della natura del passato sia alla corretta interpretazione di fenomeni come ad esempio la musealizzazione e la monumentalizzazione della scienza italiana durante il diciannovesimo e ventesimo secolo. Nell’ottica delle collaborazioni con i musei la SISS si muove infatti da tempo. Dalla prima convenzione stipulata con il Museo Galileo di Firenze a quella con il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, si sono susseguiti altri accordi con enti come la Fondazione Alinari per la Fotografia, l’Associazione Nazionale Musei Scientifici, l’Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Nel pomeriggio di giovedì, l’antico complesso di Santa Teresa dei Maschi è stato il teatro dei panel dedicati rispettivamente ancora alla storia delle geoscienze e ai temi emergenti legati all’ambiente, alla sostenibilità, alle risorse naturali e, in particolare, all’acqua e ai boschi, e, infine, al rapporto tra nucleare e territorio. Si è discusso di come tradizione e innovazione metodologiche possano intrecciarsi per garantire un contributo sia alle più classiche e imprescindibili questioni storiografiche, sia a più ampi progetti di recupero.
Infine, a chiudere la giornata, la Tavola rotonda “Le Istituzioni per la Storia della Scienza” ha visto la partecipazione di una cospicua e prestigiosa rappresentanza di varie istituzioni: dell’Università di Padova, dell’Università di Cagliari, del CNR-ILIESI, del Seminario di Storia della Scienza, del Museo Galileo di Firenze, della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano. Oggetto della discussione la connessione tra istituzioni deputate alla conservazione e valorizzazione del patrimonio e la storia della scienza, che in futuro può consolidarsi e trasformarsi in forme di collaborazione stabili e vantaggiose per la cultura.
Tra uno scroscio d’acqua e un timido raggio di sole al tramonto, la serata si è conclusa sulla costa barese. Profumi e sapori pugliesi hanno accolto i soci SISS nella suggestiva atmosfera marinara di Mola di Bari. Qui le note struggenti ma frizzanti della pizzica ci hanno ricondotto agli studi sul tarantismo che hanno caratterizzato parte delle ricerche medico-etnografiche tra Sei e Novecento. L’affiatamento creatosi tra i convegnisti durante i lavori ha armonizzato, così, anche questo momento sociale, favorendo il consolidarsi di profondi e sinceri rapporti interpersonali.
Il Convegno è ripreso venerdì 31 maggio, con un’altra intensissima serie di sessioni e panel che hanno mostrato i risultati positivi delle interazioni tra storiche e storici della scienza ed esperte ed esperti di altre discipline che si possano incrementare con obiettivi strategici più ampi e interdisciplinari. Si è discusso del cambiamento del concetto di grandezza matematica fra XVI e XVII secolo; di rinascimenti storiografici; di computer science; di politica della scienza; di informatica e intelligenza artificiale e delle intersezioni e prospettive tra filosofia e storia della scienza; di come promuovere l’impegno sociale attraverso la storia della scienza; di sessuologia e scienze forensi; di comunicazione e missione della scienza; dell’albero della conoscenza: dagli autori ai lettori tra testo e realia in età premoderna.
La delicata questione della follia e della pericolosità sociale affrontata dal punto di vista della imputabilità giuridica è stata al centro della riflessione sul dibattito tra giuristi, scienziati e filosofi positivisti che animò le ricerche in psicologia tra Otto e Novecento.
A proposito di intelligenza artificiale e storia dell’informatica, non potevano mancare riflessioni sulla relazione tra somiglianza umana degli artefatti e reazione emotiva alla luce delle ipotesi teoriche avanzate a fine Novecento. Per meglio comprendere le implicazioni odierne di queste tecnologie sono stati mostrati i casi degli automi umanoidi settecenteschi ed è stato affrontato il concetto di autocoscienza delle intelligenze artificiali. Infine, il tema delle nuove prospettive offerte dalle tecnologie informatiche per la digitalizzazione degli archivi ha portato alla ribalta le implicazioni dell’uso delle nuove tecniche per organizzare la conoscenza, che in futuro vedranno anche l’uso dei computer quantistici.
Le intersezioni con ecologia, ambiente, sostenibilità, intelligenza artificiale, storia di genere hanno ulteriormente arricchito tematiche e approcci tradizionali, perché stanno costruendo la propria maturità sul confronto e sul dibattito animato da voci e prospettive nuove. Il feedback positivo che ne è scaturito è sintomo, quindi, di una comunità vivace e del crescente interesse che l’approccio della storia della scienza sta suscitando anche in discipline e ambiti non sempre affini.
A chiusura dei lavori, una piacevole chiacchierata con il giornalista Marco Motta, una delle voci di Radio3 Scienza è servita a carpire i “Consigli di un divulgatore”. Motta ha spiegato quanto sia importante saper raccontare la ricerca per ristabilire il giusto rapporto tra scienza e società dopo il devastante capitolo del Covid-29. Durante la mattinata, il giornalista aveva dedicato uno spazio del programma al Convegno e aveva trasmesso l’intervista ad alcuni partecipanti dalla quale è emerso il ruolo di ponte della storia della scienza con le altre discipline.
La serata è trascorsa piacevolmente tra domande, richieste di approfondimenti, curiosità, promesse di progetti futuri e … impasti locali, cioè panzerotti e focacce baresi, farciti di simpatia.
Il Convegno voleva essere un momento di confronto ma anche di aggregazione e coesione, data l’eterogeneità dei partecipanti. Per questo ha avuto una propaggine il 1° giugno, che ha portato i soci nella vicina Matera per una passeggiata culturale. La città lucana, scelta come rappresentativa di un documento storico urbano, è stata sintesi iconografica delle tematiche del Convegno. Un itinerario inedito, articolato in discese e risalite tra i Sassi materani, proposto dalla “Pro Loco Città di Matera tra Storia Cultura e Tradizioni”, ha condotto i convegnisti alla scoperta della motivazione che ha assegnato alla Città il riconoscimento di Patrimonio dell’UNESCO nel 1993. Infatti, in quell’anno la Convenzione UNESCO definì il concetto di “paesaggio culturale” quale espressione “delle opere combinate della natura e dell’uomo”. E all’interno dei Sassi, infatti, si cela un esempio di questo paesaggio che “riflette specifiche tecniche di uso sostenibile del territorio” ed esprime “uno specifico rapporto spirituale con la natura”. É l’Ipogeo acquedotto di San Giovanni da Matera, la casa del Santo che conserva nell’interrato tecniche di adattamento del territorio come la neviera, per tenere in fresco gli alimenti in estate, e l’acquedotto sotterraneo, fatto di vasche e condotti che con la tecnica del troppo pieno e dei vasi comunicanti serviva, fino alla metà del ’900, per raccogliere l’acqua potabile e distribuirla alla cittadinanza attraverso pozzi e fontane.
Al termine della passeggiata, prima del rientro a Bari, una sosta nella parte di Foresta di Mercadante compresa nel territorio di Altamura, ha fornito un assaggio del prezioso patrimonio verde del Parco dell’Alta Murgia, che guarda al futuro con solide radici nel passato.