N.1 2024 - Scientia | Giugno 2024

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Da gabinetti scientifici a musei scolastici: il patrimonio dei licei scientifici per co-costruire nuove competenze e relazioni

Ida Morisetti

Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci heritage_ext@museoscienza.it

Elena Servida

Liceo Vittorio Veneto, Milano elena.servida@liceovittorioveneto.edu.it

Laura Ronzon

Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci ronzon@museoscienza.it

Received 10/05/2023 | Accepted 2/09/2023 | Published online 19/06/2024


*Questo contributo nasce dall’esperienza pluriennale di educazione al patrimonio intrapresa dal Liceo Vittorio Veneto di Milano e dal Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci.Sebbene l’articolo sia frutto del lavoro collettivo delle tre autrici, Ida Morisetti ha scritto i paragrafi Musei, scuole, patrimoni, collezioni: un legame storico e I gabinetti scientifici dei licei: dalle origini ad oggi, Elena Servida ha scritto il paragrafo Il progetto VVilMuseo, Laura Ronzon il paragrafo Conclusioni: il patrimonio storico delle scuole per co-costruire nuove mappe concettuali.

**Il paragrafo Valenza didattica del progetto è a cura della professoressa Lucia Gasperini, Liceo Vittorio Veneto di Milano.

Abstract

Questo contributo presenta l’esperienza maturata nel contesto del progetto VVilMuseo avviato nel 2018 dal Liceo Scientifico Vittorio Veneto di Milano e il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, nell’ambito dei Percorsi per le Competenze Trasversali e per l'Orientamento. A partire da un excursus rispetto alla presenza storica di oggetti collezionati nel contesto scolastico, riflette – attraverso un caso concreto - su come questi possano essere messi al centro di percorsi innovativi per sollecitare capacità di pensiero critico, attivare competenze interdisciplinari e coinvolgere in modo diretto chi studia e chi insegna.  

English abstract

This contribution presents the VVilMuseo case history, a project launched in 2018 by the Liceo Scientifico Vittorio Veneto in Milan and the National Museum of Science and Technology Leonardo da Vinci, as part of the Pathways for Transversal Competences and Orientation programme. It offers an excursus on the historical presence of collections in the licei (high schools) and it reflects - through a case study- on how these collections can now foster innovative paths to cultivate critical thinking skills, activate interdisciplinary competences, and involve students and teachers at a personal level. 

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Musei, scuole, patrimoni, collezioni: un legame storico

Ciò che è interessante al Museo è proprio la vastità degli ambiti che ricopre e quindi attira spontaneamente l’attenzione di una grande varietà di persone. All’interno del Museo, infatti, vi sono storie che raccontano la quotidianità delle persone che ci hanno preceduto e che col tempo sono entrate a far parte delle nostre vite.

Elisa M., studentessa del Progetto VVilMuseo

Il legame tra museo, collezioni e scuola è formalmente stabilito dall’Unità d’Italia ed è stato oggetto di studio, in epoca recente, da parte della storia dell’istruzione, delle istituzioni scolastiche e della scuola stessa [Meda, 2013]; [Meda, 2011, p. 255-56]; [Pizzigoni, 2022, p. 7-8]; [Pizzigoni, Brunelli 2023]. Meno approfondito è lo sguardo dalla prospettiva della museologia, per quanto negli ultimi venti anni professionisti e professioniste dei musei siano stati, insieme a chi studia e insegna, al centro di una varietà di progetti attorno ai patrimoni storici delle scuole, tipicamente rappresentati dalle dotazioni didattiche, archivi e biblioteche rese storiche dal tempo.

Nell’ambito della scienza e della tecnologia questa relazione scuola-museo riveste un carattere particolare. Pare utile ripercorrerne brevemente la storia, così da poter oggi costruire delle dinamiche più consapevoli in questo scambio reciproco tra istituzioni.

Esiste infatti una spinta, a fine Ottocento, che accomuna il mondo dei musei e della formazione: si tratta delle esposizioni universali che, nel corso dei decenni, si moltiplicano in Europa e in America del Nord, come strumento per divulgare «il progresso tecnologico», affermando di pari passo le politiche di potenza nazionali[Schwarz, 2015]; [Canadelli et al., 2019]. Queste grandi manifestazioni sono occasioni di confronto e scambio per i delegati del neo-stato italiano, agli albori dell’industrializzazione.

I grandi musei tecnico-scientifici - come il Science Museum di Londra, il Technisches Museum di Wien, il Palais de la Découverte a Parigi e a Milano il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica (oggi Tecnologia) - raccolgono l’eredità di questi eventi in termini di scopo e di oggetti, rispondendo all’esigenza di un luogo pubblico dove poter ammirare – e in alcuni casi addirittura sperimentare – ‘la modernità’. Esponendo i più recenti successi sul fronte scientifico e tecnologico, insieme alle principali tappe storiche alla loro base, questo tipo di musei si inserisce all’interno di un articolato sistema di educazione – di cui fanno parte le scuole tecniche e i politecnici, i laboratori di ricerca, la letteratura scientifica divulgativa, e successivamente il cinema - che vuole rispondere alla concreta e pressante necessità delle maggiori città industriali di formare «una coscienza tecnico-scientifica» [Govoni, 2002]; [Canadelli, Zocchi, 2008]; [Grandi, 2022, p.72].

Allo stesso tempo le esposizioni universali sono l’occasione in cui la scuola italiana, confrontandosi con la situazione europea, realizza la situazione di arretratezza dell’insegnamento scientifico [Bonetta, Fioravanti, 1995, p. 47-8] [Brunetti, 2003, p. 37].

Nel rapido excursus che segue cercheremo di tratteggiare le principali tappe che hanno portato, a partire da questi anni, alla presenza di un patrimonio storico materiale legato agli ambiti naturalistici e scientifici nei licei. Restringeremo il campo a tale specifica tipologia di scuole, sebbene si tratti di una storia strettamente intrecciata con il mondo dell’istruzione professionale e di tutte le altre realtà che costellano il sistema di formazione scientifico e tecnico, come le scuole tecniche, d’agricoltura, d’arti e mestieri, scuole normali, istituti tecnici. Le sue vicende meritano di essere studiate con maggiore profondità e organicità a partire dalle fonti archivistiche, documentali, bibliografiche ma anche attraverso gli oggetti stessi che la popolano, come ci conferma anche il Progetto svolto con il Liceo Vittorio Veneto (fig. 1).

Fig. 1 - Allestimento della strumentazione scientifica storica realizzato dalle classi a conclusione del percorso di educazione al patrimonio intrapreso con il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci. Liceo Vittorio Veneto, Milano.

I gabinetti scientifici dei licei: dalle origini ad oggi

Nel 1859 la legge Casati decreta l’obbligo per gli istituti statali di istruzione secondaria - all’epoca unicamente ginnasi e licei classici, oltre agli istituti tecnici - di dotarsi di musei didattici di tipo naturalistico e scientifico per dimostrazioni di fisica, poiché era previsto che venissero trattati, insieme alla letteratura classica e alla filosofia, «gli elementi della matematica, della fisico-chimica, della storia naturale» [Bonetta, Fioravanti, 1995, p. 25]. Era questa una misura in continuità con la tradizione di insegnamento delle scienze nei gradi di istruzione superiore, come coltivata - in particolar modo - dai collegi gesuiti su tutto il territorio italiano [Favino, 2013]. Sarà solo nel 1923 che la riforma Gentile introdurrà nell’ordinamento scolastico italiano i regi licei scientifici: con il r.d. 9 settembre 1923 n. 1915 ne stabilisce l’istituzione in 37 comuni, a carico delle province. Il Liceo Vittorio Veneto di Milano nasce proprio in questo contesto come Regio Liceo Scientifico di Milano. Nella legge si conferma la presenza di gabinetti di fisica e di scienze naturali, con la figura professionale del ‘macchinista’ [art. 44].

Quali oggetti erano presenti in questi musei e gabinetti? Da dove provenivano e come venivano utilizzati?

A queste domande possiamo provare a rispondere attraverso le testimonianze dell’epoca e dei casi esemplari studiati incrociando una varietà di fonti, inclusi gli oggetti stessi, nel contesto di programmi nazionali come il Progetto Finalizzato Beni Culturali del CNR nel 1995 o attraverso la Legge 6/2000 Diffusione della cultura scientifica del MIUR [Marchis, 2014] e, più recentemente, dalla Commissione di lavoro SIPSE Musei scolastici e collezioni scientifiche delle scuole, nata nel 2020 [Barausse et al., 2023].

Nel caso delle scuole più antiche alcuni di questi oggetti sono presenti sin dalla fondazione, come per il Gabinetto di Fisica del Liceo Classico Paolo Sarpi di Bergamo, le cui collezioni prendono forma a inizio Settecento ad opera dell’antico Collegio Mariano. Questi oggetti potevano essere appositamente acquistati da costruttori italiani (anche locali) ed esteri (prevalentemente Francia e in seguito Germania) [Serra Perani, 2014, p. 161-2]; [Rossi, Ruggiero, 2003, p. 13].

Potevano poi essere conferiti dai Comuni in quanto eredità derivante dalla soppressione (1867) dei convitti, collegi e istituti diretti religiosi [Marchis, 2014, p. 17], che vedono il proprio patrimonio archivistico, librario e di oggetti ridistribuito sul territorio.

Ulteriore possibilità è la provenienza da donazioni di privati [Rossi, Ruggiero, 2003, p. 12]: a partire dalla fine del Seicento, infatti, strumenti scientifici venivano acquistati dai collezionisti sia come curiosità e rarità (e dunque prestigio, nel solco della tradizione delle Wunderkammer) sia per dare adito a dimostrazioni sulla nuova ‘filosofia naturale’ alla presenza dell’élite intellettuale [Brenni, 2010, p. 195].

La creazione di questi luoghi di sperimentazione non fu facile:

Maggiori difficoltà si incontrarono nella costituzione dei Gabinetti scientifici che si trattava di formare ex novo. In alcuni luoghi gli enti locali provvidero alle prime spese d’impianto e all’acquisto del materiale scientifico più necessario, in altri si poté formare solo un nucleo di materiale non sempre in buono stato e rispondente alle esigenze di un insegnamento moderno, prelevandolo da quello esuberante dei Gabinetti degli istituti tecnici, e in altri si poté ottenere solo che il liceo scientifico usufruisse dei Gabinetti dell’istituto tecnico della stessa sede. Si aggiunga che anche là dove gli enti locali poterono fornire i mezzi finanziari per la costituzione dei Gabinetti, si ebbero spesso, all’atto pratico, difficoltà di carattere tecnico, mancando a parecchi professori […] la capacità di fare buoni acquisti, di provvedere al razionale impianto di un Gabinetto [Perna, 1927].

Accanto ai gabinetti era spesso presente un’officina meccanica per le manutenzioni e la costruzione di macchinari: «molti – più di una trentina [su 37 ndr.] – sono i licei scientifici nei Gabinetti di fisica dei quali si sono costruiti o si costruiscono dal meccanico, sotto la guida del professore, apparecchi da lezione o da ricerca, sia pure in piccolo numero, semplici e non rifiniti bene». Tra questi sappiamo che al Liceo Vittorio Veneto alcuni di questi furono realizzati su progetto congiunto di professori e alunni [Perna, 1931, p. 359].

Le dotazioni

Gli strumenti scientifici rilevati dai censimenti sopra citati sono legati in prevalenza alla fisica classica: meccanica, ottica, elettrologia, magnetismo, termologia, acustica [Marchis, 2014, p. 13]; [Serra Perani, 2014]; [Di Lorenzo, 2018, p. 234]; [Rossi, Ruggiero, 2003], come vedremo anche per il Liceo Vittorio Veneto; in alcuni casi compaiono macchine legate alla ricerca scientifica contemporanea dell’epoca, con dimostrazioni di fenomeni magnetici ed elettrici [Di Lorenzo, 2018, p. 35]. Sono presenti poi nuclei legati all’astronomia e spesso campioni naturalistici (paleontologici, preparati, malacologici, …).

Nella relazione del 1930 sui risultati del censimento dei Gabinetti scientifici si legge: «Rileviamo subito che alcuni licei scientifici posseggono apparecchi che, senza essere strettamente necessari per l’insegnamento, possono essere utili per particolari ricerche […] a Milano (strumenti di ottica e di elettricità) […] in generale […] scarseggiano gli apparecchi di misurazione e quelli di ottica fisica; prevalgono invece quelli di elettrologia. Anche gli apparecchi per la meccanica dei solidi e quelli di uso generale non sempre sono in quantità sufficiente.» [Perna, 1931, p. 360]

Spesso queste apparecchiature erano pensate più per dimostrazioni cattedratiche che non per essere utilizzate dagli studenti: si trattava infatti di esperienze complesse e lunghe, difficilmente realizzabili nel corso di una lezione da un docente, anche con l’aiuto del ‘macchinista’ [Oliveri, 1928, p. 259]; [Grassi, 1929, p. 553], per cui probabilmente utilizzati come ‘illustrazioni tridimensionali’ piuttosto che per una reale sperimentazione laboratoriale [Brenni, 2010, p. 200].

Con la Circolare 87 del 12 settembre 1927 (Istruzioni per l'arredamento e l'attrezzatura dei gabinetti di fisica e chimica nei licei scientifici) viene individuata la dotazione di questi laboratori: per la fisica strumenti di misura e apparati ottici, elettrici, magnetici, per la meccanica, la termodinamica e l’acustica; per la chimica strumenti di misura, riscaldamento, filtrazione, cristallizzazione, distillazione, insieme ad apparati per determinazione del punto di fusione ed ebollizione, misura del pH, cromatografia, per la sintesi e l’analisi di composti organici, per la preparazione e l’analisi dei sali.

Questo dà conto della sostanziale uniformità di questo genere di collezioni, unito al fatto che il passaggio alle province e ai comuni dei costi per gli acquisti di tali gabinetti (in capo inizialmente allo Stato) faceva sì che gli uffici locali acquistassero dalle aziende specializzate le medesime forniture per più scuole, in una logica di semplificazione ed economicità di scala [Marchis, 2014, p. 14]; [Perna, 1931, p. 364]; [Kannés 2008, p. 298-99].

Con l’obbligo legale di dotarsi di questi sussidi didattici si apre un vivace mercato della strumentazione, delle illustrazioni, delle carte murali e dei campioni naturalistici, in cui operano ditte specializzate: Vallardi, Paravia, e in seguito Lattes, Mondadori, Alfa Tecnica, cui si affiancano soggetti storicamente attivi nella costruzione di precisione, come le Officine Galileo, la Filotecnica Salmoiraghi, la Scuola per Ingegneri di Torino, la Società Tecnica ed Ingegneria per l’Italia [Rossi, Ruggiero, 2003, p. 12]; [Sanzo, 2019, p. 179-83]; [Marchis, 2014, p. 14]. Significativa a questo proposito la “Mostra del materiale scientifico-didattico” del 1932 promossa dalla Società Italiana per il Progresso delle Scienze in occasione della sua XXI riunione [Perna, 1936, p. 146]. Per garantire la qualità dei prodotti le aziende potevano richiedere una certificazione al CNR [Perna, 1933, p. 149].

Gli anni Trenta e Quaranta del Novecento

Con «l’umanesimo moderno» si conferma il «valore dell’esperimento in fisica» [Gemelli, 1940, p. 55-57]; [Falchi, Greco, 1940], e anche i gabinetti diventano occasione per rivendicare l’«origine prettamente italiana» di invenzioni e scoperte [Magini, 1929, p. 269], entrando a far parte a tutti gli effetti del sistema di propaganda fascista in cui scienza e tecnologia diventavano strumenti della politica di potere [Paoloni et al., 2019].

Nelle parole di Quirino Majorana non è però la carente dotazione dei laboratori a preoccupare:

Mancano soprattutto gli insegnanti che forti di una buona preparazione di carattere sperimentale, abbiano l'attitudine e il tempo per utilizzare il materiale scientifico dei vari gabinetti. Si deve dire che specialmente in qualcuno dei maggiori istituti secondari (licei classici e scientifici) i gabinetti di fisica posseggono di fatto buone collezioni. Esse restano inutilizzate, per mancanza di tempo e pur troppo di competenza. Per tale motivo le loro eventuali lacune di materiale didattico, rispetto alla produzione odierna o al continuo progresso scientifico, non sono in generale lamentate, come dovrebbe avvenire ove i gabinetti stessi fossero affidati a docenti specializzati e volonterosi [Majorana, 1994].

Si affaccia quindi l’esigenza di formazione e condivisione dell’esperienza per i docenti, che non trovando risposta a livello nazionale si declina in iniziative locali [Grassi, 1931, p. 557-559]; [Perna, 1933, p. 151].

Dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta del Novecento

A questo genere di esigenza intende rispondere nel 1955 il pionieristico Centro didattico di fisica sperimentale, prestigiosa iniziativa del Museo della Scienza e della Tecnica (inaugurato appena due anni prima) destinata all’aggiornamento degli insegnanti di fisica delle scuole superiori, che ha svolto la sua funzione fino alla fine degli anni ’80 del Novecento.

Soprattutto vuole soddisfare il bisogno della scuola italiana di effettuare delle esperienze di laboratorio secondo modalità didattiche ormai differenti. L’innovativo metodo proposto dal PSSC (Physical Science Study Committe), fondato nel 1956 presso il MIT – mette al centro dell’esperienza del laboratorio scolastico l’allievo. In parallelo si affacciano i primi science centre che, abbandonate le collezioni e l’approccio storico, attraverso exhibit interattivi consentono di esperire in prima persona i principi scientifici puri. Anche nell’insegnamento della fisica nei licei emerge la necessità di coinvolgere la classe in modo diretto: «e a sperimentare deve essere lo studente, non il maestro: perché niente può sostituire il lavoro delle proprie mani, dei propri occhi, e di conseguenza del proprio cervello» [Fabri, 1994]. Ma il grande cambiamento riguarda anche il senso dell’esperienza in laboratorio, che passa dall’essere di tipo «addestrativo o di sostegno alla teoria studiata in precedenza» ad avere valenza formativa «per sviluppare atteggiamenti, modi di vedere, per comprendere il rapporto fra teoria […] e percezioni, e quindi comprendere il ruolo e i limiti di modelli interpretativi» [Violino, 1994, p. 148].

Nel 1968 viene istituito un Gruppo di lavoro per lo studio delle attrezzature scientifico didattiche nelle scuole secondarie che elabora l’elenco di una dotazione ‘base’, accompagnato da considerazioni didattiche e tecniche, proponendosi inoltre come punto di riferimento per gli istituti di istruzione secondaria [Museo Scienza, 1964, p.7-8]. Presidente è il fisico Carlo Castagnoli (1924-2005), esponente del movimento della Nuova Fisica, che vuole rinnovare l’approccio educativo alla disciplina in chiave più laboratoriale e meno frontale.

Nei laboratori dei licei cambiano così il tipo di esperienze svolte e i dispositivi utilizzati, aprendosi all’elettronica e successivamente all’informatica, con l’inevitabile obsolescenza della precedente strumentazione, che dobbiamo ricordare essere stata soggetta nel corso del tempo a riparazioni, modifiche, rielaborazioni in quanto materiale d’uso. Gli oggetti più antichi, come spesso avviene nel caso del patrimonio tecnico-scientifico e industriale, sovente dotati di una valenza estetica, sono stati nella maggior parte dei casi accantonati ma custoditi, come è avvenuto per il Liceo Vittorio Veneto.

Dagli Novanta del Novecento ad oggi

Diversa la sorte di tutte le evidenze materiali stratificatesi negli ultimi 50 anni, in genere sacrificate per ragioni di spazio. Il riconoscimento del patrimonio tecnico-scientifico contemporaneo in Italia avviene formalmente soltanto a partire dagli anni ’90 del Novecento, e si deve attendere il 2004 (d.lgs. n. 42/2004, Codice Urbani) per un’indicazione esplicita in merito. Infatti, il discorso pubblico e il riconoscimento sociale della cultura materiale legata alla scienza e alla tecnologia in Italia erano (e sono tutt’oggi) spesso ancorati a narrative ereditate dal passato, con enfasi sui grandi protagonisti e sull’idea dei ‘primati’ [Paoloni et al., 2019]: un approccio in cui difficilmente trova posto il patrimonio scolastico.

Tuttavia, la crescente sensibilità e interesse per le testimonianze di carattere tecnico-scientifico da parte delle istituzioni e dello Stato porta negli anni Novanta ai progetti di ricognizione e censimento di cui abbiamo accennato inizialmente, aprendosi anche rispetto al valore documentale di oggetti più recenti, che rappresentano il patrimonio storico del domani [Marchis, 2014, p. 9].

«Non museo dunque, ma laboratorio in continua funzione ed evoluzione deve essere il Gabinetto di fisica dei licei scientifici» scriveva Alfredo Perna nel 1931 [Perna, 1931, p. 364] negli Annali dell’Istruzione Media: ma oggi queste due istituzioni sono ricomposte dall’idea di educazione al patrimonio, che mette al centro la storia di questi artefatti, delle persone e delle idee ad essi collegati per costruire un confronto critico con il presente secondo modalità, appunto, laboratoriali.

Il progetto VVilMuseo

Un museo è un luogo solitamente visto, soprattutto dai ragazzi, come molto serio, antico, austero e forse irraggiungibile. Tuttavia, ciò che il MUSEO ci offre è di tutt’altra natura: l’antico, ciò che ci sembra così lontano, è più presente di quanto sembri, attraverso un lungo e duro lavoro, la lontananza si accorcia ed è proprio nel passato che ritroviamo il presente.

Irene U., studentessa del Progetto VVilMuseo

L’iniziativa VVilMuseo nasce nel 2018 dalla collaborazione tra il Liceo Scientifico Statale Vittorio Veneto di Milano e il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci nell’ambito del progetto di PTCO (ex Alternanza Scuola Lavoro), animato e sostenuto da chi scrive in collaborazione con altri colleghi e colleghe.

Inserendosi nel solco delle molteplici esperienze maturate su questo fronte [ANMS, 2018], si è sviluppato nel tempo come un progetto di formazione e di educazione al patrimonio culturale che, a partire dalla collezione di strumenti scientifici della scuola, mette al centro il lavoro degli studenti e delle studentesse.

Presente fin dal 1923, la dotazione didattica è stata impiegata per coinvolgere la classe nel conoscere e utilizzare, in modo critico e consapevole, gli oggetti in quanto fonti storiche secondo il metodo di lavoro proprio del museo. Ci si è concentrati principalmente sulla strumentazione tecnico-scientifica e sugli apparati didattici di Fisica, con incursioni nel materiale bibliografico e archivistico (fotografico e documentale) utilizzato all’inizio della nascita del Liceo nel 1923, con la riforma Gentile. L’indagine storiografica e la ricerca dei documenti, anche situati presso altre istituzioni, rappresenta sicuramente un punto di futuro sviluppo del progetto, che in queste prime edizioni si è concentrato maggiormente sulla materialità del patrimonio in questione. Gli aspetti legati alla fisicità degli oggetti sono infatti parsi di forte ingaggio per il percorso formativo, anche perché rappresentano un contesto di osservazione pratica e manipolazione poco presente nelle attività scolastiche e dunque capace di accendere l’interesse degli studenti (fig. 2). L’intento del progetto è stato quello di avviare un percorso di cura del patrimonio culturale mettendo al centro le sensibilità e gli interessi specifici dei docenti e delle classi, nell’idea di utilizzare la collezione come risorsa per le persone e non viceversa, una consapevolezza emersa grazie al confronto con i professionisti del Museo che su questo aspetto riflettono da tempo.

Attraverso il percorso di studio per la salvaguardia, la comprensione e la valorizzazione di questo patrimonio si è raggiunto infine l’obiettivo concreto di realizzare un’esposizione, fisica e virtuale, dei beni stessi in un Museo all’interno del Liceo e fruibile da tutte le componenti della Scuola così come dalle persone che vivono sul territorio circostante.

Fig. 2 - Studenti e studentesse si sono confrontati in modo diretto con gli oggetti, imparando a conoscerli dal punto di vista conservativo e leggerli nella loro materialità per ricostruirne la storia, come nel caso di questo cannocchiale. Laboratorio di Fisica del Liceo Vittorio Veneto.

Dall’idea originaria (1997) all’avvio (2018)

L’idea di realizzare e allestire un Museo degli strumenti antichi del Liceo nasce sin dal 1997, a seguito dell’arrivo di molti nuovi docenti sulle cattedre di Fisica per l’insegnamento sperimentale nell’ambito del PNI - Piano Nazionale Informatica. Questa sperimentazione, in seguito resa curricolare dalla riforma Gelmini (2008), prevedeva, allora come oggi, un utilizzo costante del laboratorio come luogo dove poter verificare, provare e sperimentare leggi e modelli per descrivere i fenomeni che regolano la Natura, e confrontarli con ciò che i libri riportano e descrivono.

Proprio dall’esigenza di disporre strumenti di laboratorio in grande quantità e di consentire ai nuovi colleghi di acquisire dimestichezza con la pratica laboratoriale, fu avviata una ricerca per ampliare la strumentazione disponibile. Gli strumenti più antichi della scuola, ben accuratamente impacchettati in scatole di cartone dentro gli armadi dell’Aula Vetrine, apparvero subito di grande interesse: si tratta infatti di strumenti per la sperimentazione o la dimostrazione nell’ambito della meccanica, dei fluidi, della termologia, dell’acustica, dell’elettricità e del magnetismo, dell’elettronica e dell’ottica, risalenti alla fondazione stessa del Regio Liceo di Milano (in seguito Vittorio Veneto) ad opera della riforma Gentile del 1923.

All’epoca si pensò al progetto Il Museo degli strumenti antichi, con studio della collezione ritrovata e la realizzazione di un’esposizione fisica permanente del Liceo.

Tuttavia, fu solo nell’anno scolastico 2018-2019 che il progetto prese infine forma come percorso di Alternanza Scuola Lavoro ASL, oggi PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento) dedicato agli studenti del triennio. Si cercò la collaborazione di esperti in questo settore, rivolgendosi al vicino Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, nella persona della Direttrice delle Collezioni, Laura Ronzon. Una serie di incontri conoscitivi e sopralluoghi presso il Liceo consentirono di ridefinire le fasi e l’articolazione del progetto, anche grazie al prezioso contributo della curatrice Francesca Olivini.

Il nome del progetto fu modificato in VVilMuseo: infatti, le iniziali del nome della scuola, Vittorio Veneto, lette di seguito suonano «vivi», quasi uno stimolo per invogliare i ragazzi alla ricerca, alla scoperta e alla cura del patrimonio estratto dal tempo, ma soprattutto, a vivere da protagonisti la trasmissione del suo valore.

La collezione del Liceo: una prima indagine

Come descritto, le ricerche storiche a partire dalle fonti archivistiche e bibliografiche non sono state ancora condotte in modo approfondito e correlando le differenti tipologie di informazioni disponibili. Obiettivo era infatti aprire lo sguardo della classe sul tipo di indagine e sulla metodologia in via generale, anche dati i vincoli di tempo.

Per inquadrare la collezione dal punto di vista storico sono state impiegate due principali fonti a disposizione all’interno della scuola stessa: i libri inventariali provinciali e statali custoditi nell’archivio della scuola e i cataloghi di strumenti scientifici delle case editrici all’interno della biblioteca scolastica. A partire dall’osservazione diretta degli oggetti nella loro dimensione materiale (verificando, ad esempio, la presenza di targhe, eventuali etichette con numeri di inventario, incisioni) si è cercato di collocare gli strumenti nel tempo (quando sono stati realizzati, quando sono stati acquisiti dal Liceo) e rispetto ai produttori. Non per tutti gli oggetti è stato possibile definire una datazione, e soprattutto va ricordato che si tratta di una selezione di beni effettuata guardando al programma disciplinare previsto per le classi terze. Il quadro che emerge dal punto di vista della consistenza della collezione è quindi sicuramente parziale ma egualmente interessante.

Databile dalla seconda metà dell’Ottocento fino agli anni Sessanta del Novecento, la strumentazione studiata riflette la presenza di attività dimostrativa negli ambiti tipici individuati dalle linee guida statali nel corso del tempo:

Idrostatica e meteorologia: il barometro, igrometri, psicrometro di August con ventilatore a palette, set di palloni pesa aria, bilancia idrostatica, tubo per la pioggia di mercurio, barografo, baroscopio, sfera forata di Pascal, apparecchio per la dimostrazioni delle leggi di Stevino e Pascal, i vasi comunicanti, la fontana di Sturmius, il densimetro a galleggiamento, la pressa idraulica, la bilancia idrostatica di Westphal, l’endosmometro, vacuometro, la vite di Archimede, il tubo di Bourdon, il manometro di Smeaton;

Meccanica e strumenti di misura, con strumenti per la dimostrazione dei principi fondamentali e per la teoria della misura come la macchina di Atwood, il piano inclinato, la leva bilanciata e controbilanciata, le bilance, le aste nella ruota, l’apparecchio per l’equilibrio, il pendolo di Foucault, il pendolo reversibile di Kater, il giroscopio di Bohnenberger, l’apparecchio per la dimostrazione del parallelogramma delle forze, il paradosso meccanico, il parallelogramma per la composizione delle Forze di Mueller Poillet, il parallelepipedo articolato, la rotaia di Galileo a una sfera, la macchina di rotazione, il modello di regolatore centrifugo, gli anelli di appiattimento, strumenti per analizzare la forza centrifuga, la bussola a sospensione cardanica, il regolo calcolatore, il metronomo di Maelzel e il tachimetro;

Termometria e calorimetria, con strumenti come i termometri (bimetallico, di massima e minima, a tre scale), la lamina bimetallica, il calorimetro, l’eolipila, il vaso di Dewar, la pentola di Papin, il dilatometro, la cassetta di Ingenhousz, l’anello di Gravesande, un accessorio collegato al termoscopio doppio di Looser, il cubo di Leslie, gli strumenti di Tyndall, l’apparecchio di Hope;

Ottica, con strumenti come il microscopio polarizzatore, l’analizzatore a specchi, il caleidoscopio, il cannocchiale, gli specchi di Archimede, gli specchi piani girevoli, l’analizzatore a prisma, il kit di ottica, l’apparecchio di Müller per la rifrazione e la riflessione della luce, la macchina fotografica;

Acustica, con strumenti come il sonometro, la soffieria di Marloye, la sirena di Cagnard de la Tour, il tubo a membrana mobile, l’apparecchio a quattro specchi rotanti, fonografo, riproduttore per fonografo o grammofono, tubo sonoro o a membrana mobile;

Telecomunicazioni, il ricevitore telegrafico e il manipolatore Morse;

Astronomia: tellurio (al momento identificato, sulla base delle iscrizioni, come più antico tra i beni, fine anni ’80 – inizio anni ’90 del Settecento).

Alcuni di questi strumenti sono stati, come indicano gli inventari, acquistati da note aziende attive nella commercializzazione di strumentazione scientifica ad uso didattico. Al momento si sono riscontrate sia realtà italiane - come le Officine Galileo, cui sono ascrivibili ad esempio il ricevitore telegrafico Morse databile agli anni ‘90 dell’Ottocento, l’igrometro di Chistoni e l’accessorio per termoscopio doppio di Looser (acquistati rispettivamente nel 1959 e 1958) – e tedesche come la storica azienda Phywe, cui si possono ricondurre gli specchi di Archimede (databili agli anni 30 del Novecento) e la macchina di Atwood (acquistata nel 1966).

Dal punto di vista della datazione, le informazioni certe riguardano al momento soltanto una trentina di oggetti, che possono essere così suddivisi: un primo nucleo di una decina di oggetti databili alla seconda metà dell’Ottocento, un secondo databile tra gli anni ‘10 e gli anni ‘40 del Novecento e un terzo legato agli anni ‘50 e ‘60 del Novecento.

Come già indicato, l’indagine più approfondita della provenienza degli oggetti, incrociata anche con fonti archivistiche e bibliografiche ulteriori rispetto a quelle della scuola, rappresenta un punto di lavoro che potrà essere sviluppato nel futuro, secondo un’adeguata programmazione didattica che sia capace di coinvolgere le classi sul lavoro attorno alle fonti documentali di diversa natura.

Le attività

Il programma annuale per la prima edizione si è sviluppato nel triennio 2018-2019, 2019-2020, 2020-2021, e quindi nuovamente riproposto per la seconda edizione nel triennio 2021-2022, 2022-2023 e 2023-2024, attuale anno scolastico in corso. Ogni anno è stata coinvolta un’intera classe terza.

Caratteristica distintiva del progetto è aver adottato una modalità peer to peer: alcuni studenti della prima classe III che ha sperimentato il percorso l’anno successivo sono diventati tutor per i compagni più giovani, una soluzione che si replica di anno in anno per consentire una trasmissione delle conoscenze inter pares.

Le ragazze e i ragazzi hanno deciso liberamente lo strumento su cui avrebbero lavorato; la scelta è stata effettuata sulla base della curiosità o meraviglia che l’oggetto suscitava tra una selezione più ampia di strumenti, appositamente realizzata e compatibile con le conoscenze che i ragazzi possedevano o avrebbero acquisito durante l’anno scolastico della classe terza nel programma di fisica. Questo ha fatto sì che la maggior parte degli strumenti studiati riguardasse argomenti legati alla meccanica, ottica, idrostatica, calorimetria, termometria, teoria della misura, cosmologia, meteorologia, telecomunicazioni, con incursioni in ambiti legati all’elettrologia e all’elettrostatica (fig. 3).

Fig. 3 - I gruppi di lavoro hanno selezionato per lo studio oggetti che suscitavano curiosità. A partire dall’osservazione degli artefatti – qui il caleidoscopio e la vite di Archimede – sono state compilate le schede RISSA e conservative. Laboratorio di Fisica del Liceo Vittorio Veneto, Milano.

Grazie all’aiuto dei professionisti del Museo, gli studenti hanno imparato a maneggiare con cura gli strumenti da loro scelti, ad estrarli dalle vetrine, a pulirli, a riconoscere i materiali che li compongono e a documentarli, attraverso una campagna fotografica da loro condotta e quindi la realizzazione di un inventario, e attraverso riprese delle diverse fasi di lavoro poi montate secondo la tecnica timelapse. Hanno quindi affrontato gli aspetti storici, riconducendo gli strumenti agli inventori, ai costruttori e individuando la provenienza a partire dai cataloghi e dagli inventari presenti a scuola.

Il tellurio ha costituito un’occasione interessante per confrontarsi con il tema della datazione: osservando le incisioni sullo strumento gli studenti hanno rilevato la presenza del nome del costruttore (George Adams) a partire da cui hanno effettuato ricerche rispetto al periodo di attività, scoprendo che si tratta di due generazioni di costruttori londinesi e che, anche attraverso il confronto stilistico con altri manufatti simili, è quindi possibile definire un arco temporale identificabile come la fine del XVIII secolo.

La lettura di alcuni oggetti ha richiesto la professionalità specifica dei curatori del Museo, come nel caso dell’ ‘oggetto misterioso’ (come soprannominato dagli studenti): di fatto si trattava del parallelogramma per la composizione delle forze, ma l’assenza della pallina (oggi reintegrata) che si sarebbe dovuta mettere in moto lungo la diagonale aveva reso difficile il riconoscimento; egualmente per l’apparecchio a quattro specchi rotanti, inizialmente ricondotto all’ambito dell’ottica e poi più correttamente a quello dell’acustica. Per capire il funzionamento degli strumenti è stato sempre necessario studiare attentamente il fenomeno fisico che intendeva dimostrare.

Le notizie sono state quindi riportate dalla classe nelle schede conservative (informazioni legate allo stato conservativo) e nelle schede RISSA (Raccolta Informazioni Storiche, Scientifiche, Amministrative).

Per restituire il lavoro di ricerca svolto, è stato proposto alle classi di ideare e realizzare un’esposizione all’interno della scuola, sempre affiancati dai professionisti del Museo, che si sono confrontati con gli studenti e i docenti attorno alle metodologie espositive utilizzate nel contesto internazionale.

Attraverso questa esperienza, gli studenti hanno attivato competenze diverse e nuove: hanno imparato a fotografare in maniera aderente agli standard editoriali, hanno realizzato video per spiegare il funzionamento degli strumenti, effettuato ricerche in rete anche in lingua inglese e preso contatti con Università e biblioteche straniere per avere notizie su strumenti simili; alcuni studenti hanno utilizzato software di matematica per simulare con figure dinamiche le traiettorie dei pianeti (come nel caso del tellurio) o per descrivere le proprietà delle superfici riflettenti e i percorsi dovuti alla riflessione dei raggi del Sole (specchi ustori).

La progettazione dell’allestimento ha permesso di liberare la fantasia (fig.4), cercando nessi interdisciplinari e suggestioni tra le più varie per catturare l’attenzione del pubblico, secondo il principio di ‘ingaggio’ attorno cui si era discusso con i professionisti del Museo.

Fig. 4 - Studenti e studentesse al lavoro per il progetto di allestimento, interamente realizzato dalla scuola. Liceo Vittorio Veneto, Milano.

Ad esempio, per esporre il paradosso meccanico gli studenti hanno scelto di affiancargli l’immagine di Zenone; un grattacielo moderno e con forma curva è stato lo spunto per richiamare la funzione del parallelepipedo articolato, che esemplifica lo studio della posizione del baricentro per evitare il ribaltamento dei corpi, l’immagine di una piccola finestra con l’effetto dell’acqua che condensa sul vetro è stata posizionata a fianco dello psicrometro (strumento che studia l’umidità relativa). Il dio Anubi, che pesa il cuore o l’anima, è stato rappresentato accanto alle bilance, e la bilancia di Westphal è stata affiancata ad un passo di Se questo è un uomo di Primo Levi in cui compare come protagonista.

Nell’allestire le teche le classi hanno immaginato e poi messo in atto con le proprie mani soluzioni evocative e sorprendenti, come nel caso dell’analizzatore a prisma e dell’esposizione del kit di ottica, il primo spiegato simulando l’esito dell’esperimento disegnando coni di luce riflessa e polarizzata, il secondo affiancato da una restituzione tridimensionale della copertina del celeberrimo album The dark side of the Moon dei Pink Floyd.

In alcuni casi gli studenti si sono entusiasmati all’idea di verificare se gli strumenti funzionassero ancora, e dove possibile si è cercato di ripristinarne la funzionalità in sicurezza. In queste occasioni sono stati documentati in azione, come nel caso degli strumenti di calorimetria (apparecchi di Tyndall, la sfera di Gravesande, la sfera di Pascal, il calorimetro), e di quelli di idrostatica (vite di Archimede, il baroscopio, il vacuometro, il Tubo di Bourdon, i vasi comunicanti), o per gli strumenti legati alla verifica della Forza Centrifuga e dei suoi effetti, o ancora, per gli strumenti di Acustica. Particolare interesse ha riscosso la messa in moto della sirena di Cagnard de La Tour, del sonometro, della sirena di Marloye e del tubo sonoro, anche se non sempre con buona riuscita. Il telegrafo è ancora in parte funzionante.

Si sono poi realizzati un catalogo multimediale e delle brochure digitali che descrivono le note relative alle curiosità legate sullo strumento, ai dati tecnici, al funzionamento e all’esposizione, che verranno a breve pubblicati in un apposito sito del Liceo. Gli studenti hanno anche immaginato la traduzione di tutte queste informazioni in un QRcode dedicato a ciascun oggetto.

Si è pensato alla futura realizzazione di un blog dal nome VVlaNotizia per raccontare tutto il lavoro svolto e, in tempo reale, quello che altri ragazzi continueranno a svolgere negli anni futuri per il completamento del Museo del Liceo.

Attraverso il racconto di fantasia (story telling) si è tentato di sperimentare una tecnica comunicativa originale per spiegare la nascita della macchina di Atwood; mentre la drammatizzazione è stata scelta da due alunni per collegare passato e presente, immaginando un vero e proprio confronto dialettico tra Archimede e un odierno ingegnere.

Le classi all’inizio esitavano nel lanciarsi in questa sfida, ma alla fine sono stati partecipi e professionali, riuscendo a realizzare appieno il progetto di cura del bene che era stato loro affidato; la guida dei professionisti del Museo è stata continua e fondamentale per la realizzazione di questo progetto.

Gli strumenti sono stati infine posizionati nelle vetrine, arricchiti da un’identità ritrovata che l’allestimento sottolineava: come sfondo è infatti stata scelta la carta da pacco, per rievocare quella in cui gli oggetti erano custoditi al momento del loro ritrovamento. Su questo fondale sono poi state praticate delle finestre che lasciano trapelare informazioni sulla storia dell’oggetto; a volte compaiono piccole lavagne in ardesia con schemi e spiegazioni relativi al suo funzionamento o all’uso didattico dello strumento.

Ogni oggetto riporta numero della recente catalogazione accanto al logo di VVilMuseo, studiato e realizzato con cura dalle classi nel contesto del Progetto. La denominazione è stata trascritta con il normografo, in ideale rimando ai caratteri ‘FRAGILE’ presente sulle casse da imballaggio e rimando all’iniziale scoperta e preziosità degli oggetti.

Queste azioni possono essere ricondotte a 5 principali tipologie di attività:

  1. Attività introduttive (fig. 5), presso il Museo sono tenute da personale interno (curatori e curatrici, staff inventario e catalogo, archivi e biblioteca, conservazione e restauro, exhibition design, comunicazione).
  2. Lezioni/laboratorio di formazione su temi specifici: si svolgono a scuola; si compongono a loro volta da due tipi di incontri: da una parte incontri di kick off (2.a) erogati da esperti del Museo, dall’altra incontri di approfondimento (2.b) tenuti da docenti.
  3. Osservazione sul campo in relazione alla formazione degli incontri di tipo 2: si svolgono al Museo; sono tenuti da personale del Museo.
  4. Restituzione e feedback del lavoro svolto dagli studenti: si svolge al Museo.
  5. Allestimento e presentazione di un percorso espositivo: presso la scuola.

Fig. 5 - In occasione del primo dei workshop-visita al Museo la classe e le docenti si sono confrontate con i suoi professionisti e professioniste per esplorare criticamente il concetto di museo, collezione e patrimonio culturale. Sala Biancamano, Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci.

Facts & Figures

In sintesi:

6 Classi, 155 Studenti, 2 Presidi, 25 Docenti, 1 Tecnico di Laboratorio, 1 Direttrice Collezioni del Museo e 12 professionisti del Museo

86 strumenti salvaguardati, 148 schede RISSA (74 italiano + 74 inglese), 148 schede conservative (74 italiano + 74 inglese), 73 video italiano/inglese, 60 podcast italiano/inglese, 69 brochure virtuali, 1 storytelling & 2 simulazioni di matematica, 20 bozzetti per il concorso ‘Crea un logo del museo’, 1 partecipazione a una conferenza nazionale.

Obiettivi e competenze trasversali

Al fine di sviluppare le competenze richieste per il progetto di orientamento formativo e i PCTO, è necessario proporre allo studente momenti di didattica in contesto. Già nella stesura iniziale, si sono quindi diversificate le metodologie didattiche, in modo da favorire i collegamenti interdisciplinari tra le materie nel dare informazioni sull’oggetto; sono stati individuati percorsi innovativi che, proprio come si fa in un museo, fossero in grado di attivare le competenze trasversali; si sono definiti ambiti che ciascun docente ha potuto trattare con le specificità proprie della materia di insegnamento in modo da far emergere le potenzialità dei ragazzi e favorire lo sviluppo delle soft skills.

Tutto ciò è stato pensato per avere una ricaduta positiva sulla didattica in tutte le discipline oggetto di studio e prevedendo pertanto una modalità operativa che coinvolgesse tutto il Consiglio di Classe (CdC), con gli studenti e i Docenti delle varie discipline insegnate, nello specifico i docenti di Fisica e Matematica, Scienze, Disegno e Storia dell’Arte, Lettere e Latino, Storia e Filosofia, Inglese e Insegnamento della Religione Cattolica.

Gli obiettivi e le Competenze trasversali sono di seguito elencati e riguardano una Formazione comune a tutti i Dipartimenti funzionale a:

  • saper riconoscere l’importanza di recuperare un bene appartenente al patrimonio culturale della comunità
  • valorizzare e conoscere il bene nella sua storia e nella sua contestualizzazione in vari ambiti
  • individuare le caratteristiche di uno strumento di misura e le specificità legate al suo utilizzo
  • individuare il fenomeno fisico che lo strumento indaga e fornirne un’interpretazione adeguata
  • utilizzare il lessico specifico anche in lingua straniera finalizzato alla realizzazione di schede informative secondo gli standard museali
  • sviluppare le capacità di analisi e rielaborazione dei contenuti
  • sviluppare le competenze di problem solving, teamwork, project work
  • sviluppare la capacità di affrontare situazioni nuove che richiedono flessibilità e disponibilità all'adattamento
  • saper utilizzare software informatici per la realizzazione di un percorso virtuale all’interno del Museo
  • saper immaginare situazioni in cui immedesimarsi per risolverle

Vi è stata inoltre una formazione curricolare specifica per ogni disciplina funzionale:

  • studio e analisi di fenomeni naturali che lo strumento di misura indaga (Dipartimento di Fisica e Dipartimento di Scienze)
  • studio di una possibile rappresentazione grafica dello strumento scientifico, e alla progettualità di spazi espositivi, alla ricerca di strumenti analoghi o in quadri di epoche precedenti (Dipartimento di Disegno e Storia dell’Arte)
  • ricerca di fonti letterarie (o in italiano o in Latino) in cui si fa riferimento allo strumento, alla produzione di testi descrittivi o narrativi (storytelling) per presentare lo strumento (Dipartimento di Lettere e Dipartimento di Latino)
  • trascrizione tramite lessico specifico ed in lingua inglese del testo che correda le diverse schede RISSA e Conservative, i video e i podcast che descrivono lo strumento e ne illustrano il funzionamento e l’utilizzo, alla ricerca della presenza di strumentazione analoga in musei internazionali (Dipartimento di Inglese)
  • studio della figura di Galileo come innovatore della Metodologia Sperimentale, possibili percorsi di approfondimento sulla vita e sulle opere di Galileo (Dipartimento di Fisica, Dipartimento di Filosofia e Dipartimento di Storia, Dipartimento per l’Insegnamento della Religione Cattolica) alle ricerche in vari ambiti per contestualizzare storicamente lo strumento anche attraverso la storia del concetto di Museo (Dipartimento di Storia) e approfondimenti in filosofia (Dipartimento di Filosofia)
  • utilizzo di strumenti multimediali quali brochure, ipertesti, video e registrazione di podcast sul funzionamento e sulla storia degli strumenti, da utilizzare per la visualizzazione e fruizione dei risultati (Tutti i Dipartimenti).

Nei sei anni di realizzazione del progetto sono state apportate modifiche e integrazioni sia per far fronte all’impossibilità di lavorare in presenza nel periodo del Covid-19, sia per ampliare le modalità di trasmissione delle conoscenze acquisite.

Emerge dall’elenco precedente come siano state favorite e pensate modalità di apprendimento innovative proprio perché poco sperimentate in ambito scientifico, ma non per questo meno efficaci. In particolare, la registrazione di podcast e la realizzazione di brochure virtuali si è resa necessaria quando a causa della pandemia non è stato più possibile esser presenti a scuola. Con l’attivazione della DAD, didattica a distanza, e con le lezioni svolte da remoto, si è pensato di proporre ai ragazzi la realizzazione di un logo per rappresentare e pubblicizzare gli strumenti del nascente Museo del Liceo Vittorio Veneto.

Al contempo, le limitazioni imposte dalla pandemia hanno confermato come il confronto diretto con la materialità degli oggetti – la possibilità di maneggiarli in prima persona, di osservarli da vicino, di percepirne la matericità – rappresenti un valore fondante: al rientro a scuola era chiaramente percepibile l’emozione degli studenti di poter vedere dal vivo gli strumenti che sino ad allora conoscevano attraverso i filmati realizzati dalla docente.

Monitoraggio e valutazione

Il monitoraggio del Percorso Formativo avviene in maniera costante e sistematica con momenti di controllo formale del lavoro svolto tramite valutazione dei prodotti realizzati, attraverso Piattaforma Scuola e Territorio con una valutazione dello studente da parte del Tutor del Museo, una valutazione dello studente da parte del Tutor interno scolastico e anche una valutazione del percorso PCTO da parte dello studente.

Per la valutazione dello studente si attuano delle modalità congiunte di accertamento delle competenze (scuola-struttura ospitante) da parte dei tutor sia del tutor esterno della struttura ospitante, sia del tutor interno scolastico.

La valutazione delle competenze è congiunta fra il tutor interno e i docenti del Consiglio di Classe e più specificatamente da parte dei docenti delle discipline coinvolte, sulla base anche delle indicazioni del tutor esterno e delle certificazioni dei docenti esperti.

Nella valutazione del Progetto da parte degli studenti, emergono criticità principalmente correlate al tempo (riduzione delle ore di didattica e di ore dedicabili allo studio). La complessità delle conoscenze, le abilità e i saperi da acquisire impegnano profondamente e sono considerate in alcuni casi difficoltose, tuttavia le attività proposte vengono da quasi tutti i partecipanti giudicate molto coinvolgenti, sia per le conferenze, ma soprattutto in merito alle attività laboratoriali, confermando la necessità di ampliare e diversificare la metodologia didattica nel suo insieme per favorire la motivazione e l’interesse alla conoscenza.

Analogamente le criticità rilevate dai docenti tutor e dai docenti all’intero CdC sono correlate alla tempistica e alla difficoltà di riuscire a coordinarsi per rispettare le scadenze dell’iniziale programmazione, soprattutto in presenza di varie e inaspettate eventualità così come è avvenuto durante la pandemia.

Valenza didattica del progetto

I contenuti, i metodi e gli obiettivi di VVilMuseo fanno di questo progetto un esempio significativo di didattica attiva e integrata, inserita a pieno titolo in un percorso di cittadinanza attiva.

Gli oggetti selezionati e studiati per l’esposizione vengono approfonditi, oltre che dal punto di vista fisico, anche sul piano storico e culturale. L’idea di fondo, infatti, è quella di considerare gli strumenti scelti per il nascente museo del Liceo ‘Vittorio Veneto’ come chiavi di accesso per entrare nei periodi storici e nei contesti culturali delle epoche in cui sono stati inventati o realizzati. I docenti del Consiglio di Classe sono quindi chiamati a sottolineare l’importanza della combinazione dei punti di vista delle diverse discipline e del loro apparato di metodi e strumenti per la piena comprensione dell’oggetto e per una sua adeguata presentazione.

La situazione didattica a cui si punta, infatti, è un contesto di apprendimento in cui, mentre gli studenti potenziano la loro preparazione in ambito fisico operando in un contesto reale, ricorrano a discipline diverse (come la storia, la filosofia, …) per portare a compimento lo studio dello strumento e sviluppino al contempo competenze comunicative complesse, verbali e grafiche, per presentarlo.

Questa impostazione al progetto si ritrova in alcuni convincimenti teorici e alcune esperienze culturali concrete. Innanzi tutto, nell’allestimento di un’esposizione degli strumenti del Liceo vi era l’occasione di mettere in atto una didattica capace di attuare la ‘relianza’ tra i saperi sostenuta da Edgar Morin, quando afferma che «la supremazia di una conoscenza frammentata secondo le discipline rende spesso incapaci di operare legami fra le parti e le totalità, e deve far posto a un modo di conoscenza capace di cogliere i suoi oggetti nei loro contesti, nei loro complessi, nei loro insiemi» [Morin, 2015]. In secondo luogo, si ritrovano la suggestione di due iniziative curiose e pregevoli: la pubblicazione nel 2010 del volume A History of the World in 100 Objects di Neil MacGregor e la mostra dedicata all’Orlando Furioso nel 2017, allestita nel Palazzo dei Diamanti di Ferrara, dal titolo Orlando Furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi, a cura di Guido Beltramini e Adolfo Tura. Fra le idee sottese al progetto di raccontare la ‘storia del mondo in 100 oggetti’ ce n’è una in particolare che è stata fonte di ispirazione, quella secondo cui «pensare al passato o a un mondo remoto attraverso le cose è sempre un processo di ri-creazione poetica», perché in fondo «per comprendere gli altri, serve uno sforzo titanico di immaginazione poetica combinata a una rigorosa conoscenza». E nella citata mostra ariostesca in particolare ciò che i visitatori devono ricreare grazie agli oggetti in mostra è addirittura l’Universo ricchissimo e mirabolante del Furioso e dell’immaginario dell’età in cui è nato.

In entrambi i casi quindi gli oggetti diventano l’occasione di una comprensione globale del contesto che li ha generati: a noi del Liceo ‘Vittorio Veneto’ in particolare è piaciuto il fatto che questi oggetti fossero strumenti scientifici di ambito fisico della nostra collezione.

A caratterizzare il progetto interviene poi un’altra dimensione educativa fortemente implicata nella realizzazione di un’esposizione museale di beni appartenenti all’istituto. Il progetto VVilMuseo rappresenta, oltre che un’interessante operazione interdisciplinare, un’azione concreta e rilevante di conservazione del patrimonio culturale. Il progetto viene così a inserirsi nel percorso più ampio dell’educazione alla cittadinanza, richiamando fattivamente l’art. 9 della Costituzione italiana e aprendosi alla Raccomandazione europea del 22 maggio 2018 che nell’allegato dedicato alle Competenze chiave per l’apprendimento permanente menziona, accanto a competenze quali quella alfabetica funzionale o quella matematica, la «competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali»; quest’ultima in particolare «presuppone la consapevolezza dell’identità personale e del patrimonio culturale all’interno di un mondo caratterizzato da diversità culturale e la comprensione del fatto che le arti e le altre forme culturali possono essere strumenti per interpretare e plasmare il mondo». Il progetto VVilMuseo, in sintesi, fiorisce dall’innesto di dimensioni dell’uomo che riteniamo fondamentali per la sua crescita felice: la cooperazione dei saperi, la creatività, lo svolgimento collaborativo di attività progettuali e operative, il contributo fattivo alla conservazione di beni di rilevanza culturale perché la collettività possa fruirne.

Conclusioni: il patrimonio storico delle scuole per co-costruire nuove mappe concettuali

Il patrimonio storico conservato negli istituti scolastici è costituito da archivi, biblioteche, arredi, sussidi didattici e numerosi altri materiali; un’eredità eterogenea presente in tutte le regioni italiane oggi considerata fonte imprescindibile per la storia dell’educazione e, nello specifico, dell’istruzione pubblica e privata, religiosa e laica di epoca pre-unitaria e postunitaria [Meda, 2013].

La componente scientifica e tecnica di questo patrimonio, in particolare degli istituti della scuola secondaria di secondo grado, aveva già ricevuto notevole attenzione a partire dagli anni Novanta attraverso progetti di studio, censimento e valorizzazione, finanziati da iniziative specifiche del CNR (Comitato Beni Culturali - Progetti finalizzati sul patrimonio culturale) e del Ministero dell’Istruzione (come la Legge 6/2000 per lo studio, la tutela e la diffusione della cultura scientifica e storico scientifica; il Piano Nazionale Informatica) con il coinvolgimento degli enti locali, producendo una ricca anche se diversificata serie di ricerche e cataloghi, a stampa o sul web, a cura di docenti degli istituti e di storici della scienza. A titolo di esempio ricordiamo i censimenti in Piemonte [Giacobini, 1992], in Toscana [Museo Galileo, 2003], nella Provincia di Lecce [Rossi, Ruggiero, 2003] e nel Comune di Torino [Marchis, 2014]. Alcune pubblicazioni dedicate alle collezioni di singoli istituti scolastici si distinguono per il rigore della ricerca storica e l’accuratezza del catalogo, anche a partire dal lavoro fondativo di Paolo Brenni all’Istituto Tecnico Toscano di Firenze. Citiamo tra gli altri il caso del Liceo Classico ‘Paolo Sarpi’ di Bergamo [Perani, 2009], dell’Istituto Tecnico ‘G. e M. Montani’ di Fermo [Rogante, 2004], del Liceo ‘Ariosto’ di Ferrara [Miniati, 1994].

Gran parte dei licei e degli istituti tecnici e professionali italiani di più antica istituzione conservano centinaia di strumenti, macchine, modelli didattici e preparati dei gabinetti di storia naturale, di fisica e di chimica, ma anche intere officine, che sempre più spesso entrano a far parte di veri e propri ‘musei scolastici’. Diversi conservano materiali risalenti al Seicento e Settecento, già vincolati dalle Soprintendenze, ma sarebbe utile istituire un’unità di lavoro dedicata nell’ambito dei ministeri di riferimento per dare indicazioni tecniche e metodologiche anche per i materiali più recenti. La rotazione del personale scolastico, la rifunzionalizzazione degli spazi e l’accorpamento di istituti rappresentano inevitabilmente punti critici per la salvaguardia di questo patrimonio.

I diversi progetti realizzati negli ultimi decenni fanno emergere inoltre la necessità di privilegiare un approccio storico allo studio di questi materiali che tenga conto dell’unitarietà del patrimonio: archivistico, librario, architettonico e di arredi, dagli oggetti usati per la didattica nelle diverse epoche a quelli prodotti dagli allievi. Va anche tenuto conto che questo patrimonio è in stretta relazione con altri archivi, tra cui quelli degli enti locali, del ministero e dei suoi uffici territoriali, ma anche di aziende storiche di materiale scolastico o di altri archivi di persona.

Ogni singolo oggetto deve essere quindi letto come parte di un sistema, con riferimento alla storia dell’istruzione, della didattica delle scienze, delle tecniche e delle arti, ma anche della storia sociale, politica ed economica. Non sarà solo un elenco di strumenti, ma anche di persone: presidi, insegnanti, allievi, preparatori e tecnici, scienziati, artisti, imprenditori, pedagogisti, politici, che in modi diversi hanno contribuito a questo sistema. Per la storia recente questo approccio apre anche alla storia orale, con il coinvolgimento dei diretti testimoni e l’approfondimento della memoria individuale e collettiva della scuola.

Nello specifico del patrimonio scientifico e tecnologico, possiamo spingere le domande di ricerca oltre la denominazione del singolo oggetto e della sua funzione tecnico-scientifica. È possibile indagare sull’uso educativo che ne veniva fatto, su quanto gli strumenti riflettessero l’attualità della ricerca scientifica e le novità tecnologiche. Erano usati solo per la didattica o anche per la ricerca da parte di insegnanti-scienziati? Quale era il ruolo dei tecnici di laboratorio? Come si inserisce la presenza di un’officina interna a un istituto tecnico nel lungo dibattito sulla formazione al lavoro? Quanto l’archivio ci può aiutare a ricostruire le prassi per l’acquisizione, l’uso e l’aggiornamento di questi materiali? In che modo la legislazione nazionale sull’istruzione pubblica incide sull’adozione di metodologie educative alternative alla lezione frontale?

Considerare il patrimonio scolastico come fonte storica trasforma radicalmente la sua potenzialità educativa oggi. Apprendere un metodo per costruire la biografia di un oggetto [Volontè et al., 2009] significa imparare a ricostruire contesti storici complessi a partire dalla cultura materiale, selezionando gli aspetti più rilevanti da approfondire perché utili a comprendere i processi del passato che hanno dato origine a questioni vive del presente: le metodologie di apprendimento delle discipline tecnico-scientifiche, la relazione scuola-lavoro, le questioni di genere.

In questo modo il catalogo delle collezioni di un istituto scolastico non sarà più un semplice elenco di cose ma una mappa concettuale della relazione scuola-mondo.

Per questo traguardo ambizioso, il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, attraverso l’Osservatorio sul Patrimonio Scientifico e Tecnologico, nato nel 2019, mette a disposizione anche delle realtà scolastiche l’esperienza maturata attorno alle proprie collezioni in termini di attività di ricerca, catalogazione, conservazione, divulgazione e naturalmente salvaguardia. In particolare, attraverso la riflessione metodologica e il confronto con le realtà nazionali e internazionali, vuole attivamente contribuire a delineare nuovi utilizzi di questo patrimonio basati sulla partecipazione diretta delle persone.

È proprio in questa chiave che gli studenti e le studentesse del Liceo Vittorio Veneto sono diventati protagonisti nell’attivare una conversazione interdisciplinare che parte dalla cultura materiale della storia della scienza e della tecnologia, intesa anche come spunto di riflessione sul presente. Le collezioni della scuola sono così diventate strumento vivo di apprendimento e creatività, occasione di esperienza rilevante e trasformativa per tutte le persone che hanno preso parte al progetto: studenti, insegnanti e personale del Museo.