Ornella Pompeo Faracovi (1946-2023)
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Con la scomparsa di Ornella Pompeo Faracovi (Livorno, 20 settembre 1946 – Livorno, 30 maggio 2023), il mondo degli studi perde una delle voci più autorevoli nel panorama delle ricerche storiche sul pensiero scientifico e filosofico italiano. Ricercatrice di straordinaria capacità analitica e rigore metodologico, Pompeo Faracovi ha riportato alla luce aspetti centrali, ma spesso trascurati, della cultura filosofico-scientifica dal Rinascimento all’Età contemporanea.
Pompeo Faracovi ha conseguito la laurea in Filosofia all’Università di Firenze, dove ha avuto come maestro Eugenio Garin (1909-2004), e ha collaborato con il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Pisa. Ha fondato la rivista Dimensioni, dirigendola fino al 1990. Ha collaborato abitualmente con la rivista Bruniana&Campanelliana. Ha fatto parte del comitato scientifico della collana Epistolario di Aldo Capitini dell’editore Carocci. Ha diretto il Centro Studi Enriques di Livorno.
Nel corso della sua lunga e infaticabile carriera di studiosa, ha pubblicato ricerche storico-filosofiche dedicate al marxismo francese [Pompeo Faracovi, 1972], alla riflessione di Jean-Paul Sartre (1905-1980) [Pompeo Faracovi, 1974], al pensiero libertino [Pompeo Faracovi, 1977] e al tema dell’utopia tra XVI e XVIII secolo [Pompeo Faracovi, 1981]. Ha pubblicato, con Nicola Badaloni (1924-2005), un manuale per i licei intitolato Il pensiero filosofico [Badaloni, Pompeo Faracovi, 1992].
Per ciò che concerne, in maniera particolare, le sue ricerche di maggior rilievo nel campo della storia del pensiero scientifico, occorre osservare come la sua indagine si sia sviluppata lungo due direttrici principali: lo studio dell’astrologia rinascimentale e le indagini sull’epistemologia di Federigo Enriques (1871-1946). In entrambi gli ambiti, ha fornito contributi di notevole rilievo, che costituiscono, a tutt’oggi, un punto di riferimento imprescindibile.
Con il suo magnum opus sulla storia dell’astrologia, Scritto negli astri. L’astrologia nella cultura dell’Occidente, Pompeo Faracovi si è posta all’interno di una lunga tradizione di studi che, dopo i lavori pionieristici di Hermann Usener (1834-1905), aveva trovato nelle opere di antichisti e orientalisti come Franz Boll (1867-1924), Franz Cumont (1868-1947) e Auguste Bouché-Leclercq (1842-1923), nonché di storici dell’arte e delle idee come Aby Warburg (1866-1929) e Fritz Saxl (1890-1948), un impulso decisivo a sottrarre la disciplina dall’oscurità in cui era caduta dopo la sua espulsione dalla cultura universitaria avvenuta nel secondo Seicento, riconoscendole un ruolo di primo piano nella cultura occidentale. Scopo dichiarato di tale tradizione di studi è stato, infatti, quello di scorgere nell’astrologia un campo di osservazione privilegiato per indagare le lontane radici culturali della civiltà europea [Pompeo Faracovi, 1997, p. 15-16]. A tale quadro, giova ricordarlo, hanno contribuito tanto le molteplici indagini di storia della scienza – basti citare solo le ricerche di Otto Eduard Neugebauer (1899-1990) – e di storia della filosofia – si pensi ai lavori di Eugenio Garin –, quanto le numerose edizioni di testi astrologici antichi, medievali e rinascimentali.
In linea a questa tradizione di studi, la ricerca a tutto tondo sulla storia dell’astrologia condotta da Pompeo Faracovi si è orientata alla ricostruzione delle diverse immagini dell’arte di Urania stratificatesi nel corso dei secoli. La studiosa ha sempre rivendicato l’attenzione verso un aspetto decisivo, quanto troppo spesso svalutato, ossia quello delle tecniche astrologiche. Pompeo Faracovi è stata una convinta sostenitrice della necessità di integrare i metodi della storia esterna – canonici nello studio della storia delle idee astrologiche – con i metodi della storia interna, sostanziata dalla conoscenza puntuale e rigorosa delle tecniche astrologiche, garanzia di un accesso diretto ai testi e alla riflessione degli autori.
Nella prospettiva della studiosa, solo prendendo seriamente in considerazione le tecniche, le procedure e le modalità di lavoro astrologico, così come si sono venute sviluppando storicamente, sarebbe stato possibile indagare l’astrologia con lo stesso rigore che si riserva a qualsiasi altro oggetto di ricerca [Pompeo Faracovi, 1997, p. 18-19].
L’obiettivo della studiosa è stato quello di partecipare alla costruzione di un auspicato profilo complessivo della storia dell’arte astrologica, sorretto ad una conoscenza adeguata delle tecniche, dei dibattiti sulla disciplina e delle innumerevoli relazioni sussistenti tra sapere astrologico e cultura filosofico-scientifica, nelle diverse fasi della storia dell’Occidente [Pompeo Faracovi, 1997, p. 10].
Occorreva, quindi, superare l’idea dell’arte di Urania come mera espressione dell’irrazionalità e della superstizione umana, a cui era stata relegata da una secolare letteratura anti-astrologica, per mostrare, sine ira et studio, come, nelle varie epoche della storia, essa sia stata una componente essenziale della cultura dotta, rappresentando non solo un’espressione della fede negli astri o una pratica divinatoria, ma anche una complessiva filosofia della natura.
Tra i casi esemplari esaminati da Pompeo Faracovi, significativo è stato quello del celebre umanista Giovanni Pontano (1429-1503) che nel De fortuna (pubblicato postumo nel 1512 per le cure di Pietro Summonte), sulle orme di Tolomeo, ha promosso una visione dell’astrologia conciliata con la filosofia naturale aristotelica, tentando di ricondurre i poteri della fortuna ai corsi delle stelle, ma specificando che gli effetti astrali non costituiscono la causa unica e necessitante delle vicende umane, poiché su queste ultime concorrono anche altri fattori, come il clima, l’ambiente geografico, il contesto sociale e familiare [Pompeo Faracovi, 2014a].
Centrale nella riflessione di Pompeo Faracovi è stato proprio il tema della riscoperta umanistica del Tetrabiblos, che aveva stimolato la ricerca degli astrologi del XVI secolo, desiderosi di depurare l’insegnamento tolemaico dalle rielaborazioni e dalle deformazioni medievali degli arabi [Pompeo Faracovi, 2014b] [Pompeo Faracovi, 2015, p. 107].
Lo studio della storia dell’astrologia rinascimentale si è, altresì, giovato anche del contributo filologico della stessa Pompeo Faracovi, che ha curato, tra gli altri testi, l’edizione degli Scritti sull’astrologia di Marsilio Ficino (1433-1499), figura di notevole rilievo per la comprensione dei nessi tra filosofia naturale, medicina e astrologia nella cultura rinascimentale [Ficino, 1999]. La studiosa si è, inoltre, interessata allo studio degli Oroscopi di Cristo, redatti già in età medievale nella convinzione di poter ricavare, dallo studio degli astri, conferme decisive sull’eccezionalità della data del 25 dicembre [Pompeo Faracovi, 1999].
Gli elementi appena accennati inducono a riflettere sul rigore metodologico dei lavori di Pompeo Faracovi, sostanziato da un’attenta cura ecdotica, da una notevole padronanza delle procedure e delle tecniche astrologiche e, insieme, da una profonda comprensione ermeneutica dei processi storico-scientifici e storico-filosofici. Elementi, questi, che hanno, certamente, conferito ai suoi studi una rilevanza decisiva per una comprensione approfondita dell’astrologia nel contesto del pensiero rinascimentale, aprendo prospettive inedite di ricerca e di riflessione storiografica.
Altrettanto rilevante è stato il contributo di Pompeo Faracovi allo studio dell’opera di Federigo Enriques, figura centrale del pensiero matematico e filosofico-scientifico del XX secolo. La sua monografia Il caso Enriques. Tradizione nazionale e cultura scientifica ha rappresentato uno dei frutti più rilevanti di quella fortunata stagione di studi volta a una rivalutazione complessiva dell’opera del philosophe-savant, successiva alla condanna neoidealista della sua speculazione [Pompeo Faracovi, 2012]. Basti pensare che la prima stampa della monografia di Pompeo Faracovi avvenne nel 1984, quindi subito dopo il celebre convegno Scienza e cultura nell’Italia del Novecento svoltosi nel 1981 a Livorno, città natale del matematico-filosofo, da cui era scaturito nel 1982 il volume Federigo Enriques, approssimazione e verità, curato proprio da Pompeo Faracovi e con contributi di Lucio Lombardo Radice, Carlo Felice Manara, Elio Fabri, Michele Ciliberto, Nicola Badaloni, Paolo Rossi, Modesto Dedò, Tina Tomasi, Gaspare Polizzi, Mario Castellana e della stessa curatrice [Pompeo Faracovi, 1982]. Queste iniziative editoriali ben rendono l’idea della portata della poderosa operazione culturale tesa a una rivisitazione complessiva dell’opera del matematico, storico del pensiero scientifico, filosofo, instancabile promotore culturale e personalità cardine del panorama intellettuale italiano novecentesco, qual era stato, per l’appunto, Enriques.
In questo modo, la vetusta raffigurazione di Enriques, quale matematico che voleva occuparsi di filosofia ad ogni costo, superando i confini della sua disciplina e palesando così la propria inadeguatezza, rivelava tutta la sua fragilità, per lasciare posto a una riconsiderazione più puntuale e scevra da preconcetti dell’opera del filosofo e matematico nei suoi diversi aspetti, tanto auspicata dal suo allievo Lucio Lombardo Radice (1916-1982) e alla cui realizzazione Pompeo Faracovi ha partecipato con un ruolo di primo piano.
Il suo lavoro, infatti, ha contribuito significativamente all’affermazione dell’immagine di Enriques critico tanto della subordinazione positivistica della filosofia alla scienza, quanto della sudditanza idealistica della scienza alla filosofia. Al contempo, Pompeo Faracovi ha ribadito come l’opera di Enriques dovesse essere inquadrata nel solco di quella rivisitazione del trascendentalismo kantiano, in linea ad alcune correnti presenti nella coeva filosofia della scienza francese e tedesca. La studiosa ha messo in luce l’impegno di Enriques a difesa del valore della scienza, quale forma di attività umana, legata da una pluralità di nessi agli altri aspetti dell’attività intellettuale ed esistenziale dell’uomo. L’indagine di Pompeo Faracovi ha posto in evidenza anche un aspetto rilevante della riflessione di Enriques, ossia la rappresentazione della verità scientifica non come complesso di conquiste totali e definitive, ma come percorso di progressiva approssimazione alla verità, ossia come processo di acquisizione di conoscenze sempre più ampie, non sorretto da garanzie di natura provvidenzialistica né scandito da traiettorie di carattere unilineare [Pompeo Faracovi, 2012, p. 8].
Di Enriques, Faracovi non ha mancato di evidenziare anche l’impegno nel rinnovamento della cultura e delle istituzioni scolastiche, grazie anche a un’auspicata ricomposizione tra cultura umanistica e cultura scientifica. A tale proposito, la studiosa si è soffermata sulla centralità assunta, nel pensiero del matematico-filosofo, dal metodo socratico, strumento indiscutibile tanto della migliore educazione scientifica, quanto della formazione della humanitas, della cultura in generale e delle capacità critiche, quindi dell’educazione umanistica. Emblematico, al riguardo, il caso, preso in esame da Pompeo Faracovi, dell’allieva e nipote di Enriques Emma Castelnuovo (1913-2014), impegnata, insieme ad altri giovani intellettuali riunitisi intorno all’Istituto Romano di Cultura Matematica, nell’elaborazione di un rinnovamento del sistema educativo, segnato dalla stimolazione costante dell’intelligenza matematica degli studenti, con l’obiettivo di contribuire alla costruzione di un approccio attivo alla conoscenza e alla realtà, fondato sull’idea che l’educazione coincida con un processo di libertà [Pompeo Faracovi, 2013, p. 411-414].
Pompeo Faracovi ha, quindi, sottolineato come Enriques avesse promosso un’integrazione significativa della riflessione storica con quella epistemologica e, al contempo, come la sua concezione del sapere scientifico fosse profondamente radicata nel contesto storico e filosofico, restituendo all’autore il giusto ruolo nel panorama della filosofia e della scienza italiane del Novecento.
In definitiva, l’approccio interdisciplinare nella ricerca storica di Ornella Pompeo Faracovi, attenta a riannodare i fili dei dibattiti scientifici e filosofici, ha rappresentato una costante nella sua decennale produzione. Grazie al suo rigore filologico e all’acribia storica ed ermeneutica, ha portato un contributo decisivo alla storia del pensiero scientifico, facendo emergere le connessioni tra pratiche astrologiche, cosmologie e filosofie naturali nel Rinascimento e, al contempo, ha saputo ricostruire gli innumerevoli dibattiti filosofico-scientifici che hanno contrassegnato il panorama italiano ed europeo nel Novecento, fornendo contributi di assoluto rilievo. Con la sua scomparsa, la comunità degli studi perde una ricercatrice di raro spessore, ma il suo lavoro rimarrà di certo una fonte di ispirazione, preziosa e autentica, anche per le generazioni a venire.