Andrea Bernardoni, Marco Segala, Storia della scienza. Dal Rinascimento al XX secolo
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Andrea Bernardoni, Marco Segala, Storia della scienza. Dal Rinascimento al XX secolo, Bologna, Il Mulino, 2024, p. 516. ISBN: 9788815389329
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Negli ultimi decenni il dibattito sul ruolo delle cosiddette humanities ha messo in risalto, seppur da prospettive differenti, l’esigenza di costruire una linea di raccordo tra cultura umanistica e cultura scientifica. Procedendo macroscopicamente, è possibile affermare infatti che, se l’Ottocento e gran parte del Novecento, per motivazioni storiche e teoretiche, hanno di fatto sancito il trionfo della settorializzazione dei saperi, le tendenze attuali promuovono, invece, il ritorno a un approccio plurale e non riduzionistico, che faccia dialogare i due mondi senza per ciò stesso annullarne le specificità di fondo.
Sulla scia di questo contesto problematico, che trova alcune delle sue massime espressioni negli scritti di George Sarton, James B. Conant, Charles P. Snow e, più recentemente, Massimo Bucciantini, si inseriscono Andrea Bernardoni e Marco Segala con il libro Storia della scienza. Dal Rinascimento al XX secolo. I due autori, già nelle prime pagine dell’Introduzione, dichiarano esplicitamente le loro posizioni in merito alle criticità derivanti dai vari specialismi, intravedendo nella storia della scienza una feconda chiave di volta per superarle. L’obiettivo prefissato, dunque, è quello di tracciare in chiave sintetica ma completa un profilo storico dei principali sviluppi della disciplina, al fine di «fornire una guida per orientarsi tra quelle biografie, teorie, metodologie e concezioni filosofiche che hanno contribuito all’emergere della scienza moderna» (p. 12).
La storia della scienza effettivamente, quando non si configura come mera cronachistica, è in grado di gettare luce sulle questioni centrali che hanno contraddistinto la cultura occidentale. E tuttavia, dal momento che essa si fonda su metodologie e tradizioni di ricerca dai confini non rigidamente definiti, è necessario fornire alcune premesse al fine di illustrare la cornice teorica entro la quale ricondurre i fenomeni studiati. A tal proposito, i due autori, ancora nell’Introduzione, non lasciano spazio a perplessità. Significativa, ad esempio, la scelta della denominazione singolare storia della scienza al posto di quella plurale storia delle scienze o storie delle scienze: l’intento è quello di restituire una visione unitaria dell’impresa scientifica al di là delle sue ramificazioni sviluppatesi nel corso del tempo. Un’altra scelta che merita di essere presa in considerazione è quella di escludere dalla trattazione la storia della medicina che, pur se intimamente legata alla biologia e alla chimica, viene considerata dagli autori come una disciplina a sé, con uno statuto epistemologico e una tradizione storiografica propri, difficile perciò da inquadrare nel filone di studi più generale della storia della scienza. Questa scelta, seppur motivata, lascia inevitabilmente aperti alcuni temi che potrebbero essere oggetto di ulteriori approfondimenti. Infine, un vero e proprio punto di forza che emerge da questa parte introduttiva è l’interesse relativo alla storia materiale della scienza, in particolare agli strumenti scientifici. Nonostante i limiti editoriali, Bernardoni e Segala, richiamandosi a una tradizione di studi consolidata e rappresentata, tra gli altri, dai lavori non solo dei classici Paolo Rossi, Roberto Maiocchi e Bertrand Gille, ma anche di Antonio Clericuzio e Marco Beretta - di cui vanno ricordati rispettivamente i testi Uomo e natura (Carocci, 2022) e Storia materiale della scienza (Carocci, 2017) -, attribuiscono alle relazioni tra le scienze e le tecniche in differenti contesti culturali, economici e sociali un ruolo fondamentale nella comprensione della natura e dell’evoluzione della cultura scientifica europea. Una volontà che traspare chiaramente dall’appendice del testo, nella quale sono presenti dei QR-code attraverso i quali è possibile visionare virtualmente alcune strumentazioni e, più in generale, accedere a contenuti multimediali messi a disposizione dal Museo Galileo di Firenze.
Articolato in venticinque densi capitoli, il volume può essere idealmente suddiviso in tre macroparti.
La prima (capp. 1-7) affronta il problema lungamente dibattuto dell’origine della scienza e dei suoi protagonisti: oltre ai classici riferimenti alla rivoluzionaria astronomia copernicana e galileiana (cap. 3-4) e al meccanicismo secentesco di stampo cartesiano e newtoniano (capp. 5-7), apre la trattazione un’interessante riflessione epistemologica sull’idea di rivoluzione scientifica, di progresso e linearità del tempo storico (cap. 1) e un’analisi sul valore culturale che in età umanistico-rinascimentale ha la scientia vulgaris, ossia quell’insieme di conoscenze tecnico-ingegneristiche possedute dagli artigiani e solitamente escluse dal novero delle arti liberali (cap. 2). A questo ‘umanesimo delle tecniche’, tra i cui punti di riferimento emergono figure come quelle di Valturio, Alberti, Fontana, Martini, Biringuccio e Da Vinci, si ricollega la sezione dedicata alla genesi e alla fenomenologia dello sperimentalismo moderno (cap. 6), nella quale si illustrano le principali scoperte nel campo della meccanica, con particolare riferimento alle teorie sul vuoto e ai lavori di Torricelli. Chiude questa prima parte un’esposizione chiara e agevole del pensiero filosofico-scientifico e teologico di Newton (cap. 7).
Nella seconda parte (capp. 8-15), i due autori trattano gli sviluppi della cultura scientifica nel Settecento e nell’Ottocento, una parentesi temporale nel corso della quale si assiste a un progressivo trionfo del professionalismo e dello specialismo (cap. 12) e a una sempre maggiore tendenza a stabilire limiti, criteri e condizioni di validità interni alle singole materie scientifiche: un esempio tra tutti è il caso della chimica che, con l’opera di Lavoisier e poi di Mendeleev, assume uno statuto critico-metodologico autonomo dalla precedente tradizione alchimista e del flogisto (capp. 8 e 11). Un ruolo centrale è riconosciuto, come da tradizione storiografica, alla nascita della moderna scienza della vita (cap. 9) e al dibattito sulla generazione spontanea, del preformismo e sulle istanze ontologico-metafisiche (vitalismo, organicismo, meccanismo, finalismo) implicite in tali teorie. Segue una presentazione delle prime scoperte in seno alla teoria cellulare, all’anatomia comparata e all’embriologia (cap. 13) e delle classiche teorie evoluzionistiche, soprattutto quella darwiniana, di cui viene evidenziata la matrice geologica e paleontologica di Lyell (cap. 15). Una breve ma non riduttiva visione di insieme è data anche sulla nascita dell’elettrologia, della termodinamica, del magnetismo e dell’ottica, con digressioni su Coulomb e Faraday (cap. 10).
L’ultima parte (capp. 16-25) è dedicata agli sviluppi novecenteschi delle scienze fino alla contemporaneità. Alla narrazione classica, che non può trascurare né la trattazione della fisica einsteiniana e della meccanica quantistica (cap. 20), né la crisi dei fondamenti logico-matematici (cap. 18) e la nascente biologia genetica e molecolare (capp. 17 e 20), si aggiungono due parti che costituiscono la vera portata originale e innovativa del volume rispetto ad altre trattazioni di storia della scienza. In particolare, la prima di queste due sezioni riguarda il rapporto tra scienza e macchine (cap. 16): in essa si esamina l’influenza della prima rivoluzione industriale e delle conseguenti dinamiche socio-economiche sulla cultura scientifica; il ruolo che la nascente scienza dell’artificiale ebbe nella configurazione e trasformazione dell’assetto politico in Francia tra Sette e Ottocento; la cosiddetta invention factory originatasi a partire da Thomas Edison, che fece edificare una centrale per lo sfruttamento dell’energia idroelettrica presso le cascate del Niagara. La seconda riguarda, invece, lo studio di quel paradigma di ricerca interdisciplinare noto come “cibernetica” (cap. 25): dopo un rapido cenno al suo fondatore Norbert Wiener, che la definì “la scienza del controllo e della comunicazione negli animali e nelle macchine”, Bernardoni e Segala sfiorano la fine del Novecento e i primissimi anni Duemila prendendo in analisi la nascita dell’Intelligenza Artificiale, il Robot Approach e la nuova cibernetica, che prende le mosse dai risultati di Minsky e Papert e giunge sino al lavoro di Marr. Chiude il volume una riflessione sull’idea di progresso (cap. 25), che invita il lettore ad assumere un atteggiamento di cautela nei confronti degli sviluppi della scienza dopo le esperienze novecentesche.
Per concludere, Bernardoni e Segala offrono al lettore una bussola utile per orientarsi, all’insegna di un ‘umanesimo scientifico’, nella comprensione delle principali tappe del pensiero scientifico senza degenerare nella mera cronachistica, unendo allo studio rigoroso delle fonti la riflessione epistemologica. La completezza e l’agilità, data da uno stile limpido, consente anche al pubblico non specialistico o universitario di acquisire il bagaglio di contenuti necessario per leggere criticamente quell’impresa che, da Copernico e Galileo, contraddistingue la civiltà europea.