Francesco Savorgnan di Brazzà: un divulgatore scientifico della prima metà del Novecento
Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, redemagni@museoscienza.it
Received 21/10/2024 | Accepted 23/11/2024 | Published online 13/12/2024
Abstract
Francesco Savorgnan di Brazzà (1883-1942) fu giornalista, scrittore e pioniere dell’aviazione, protagonista tra il 1929 e il 1930 di un precoce esperimento di divulgazione scientifica radiofonica, attraverso la trasmissione di circa trenta Radioconversazioni per conto dell’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche (EIAR). La sua attività professionale si concentrò sulla rivendicazione dei cosiddetti ‘primati’ ad opera di scienziati e inventori italiani, in linea con lo spirito nazionalistico dell’epoca ma anche con la nuova attenzione riservata dalla comunità intellettuale alla necessità di una tutela del patrimonio tecnico-scientifico. Questo lavoro intende fornire un apporto alla conoscenza della figura di Francesco Savorgnan e della sua attività professionale, contribuendo a identificare il ruolo da lui rivestito nel dibattito nazionale sulla costituzione di un Museo tecnico-scientifico in Italia e i rapporti instaurati con altri protagonisti culturali dell’epoca, in particolare con l’ingegnere Guido Ucelli, fondatore del Museo nazionale della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci di Milano. Il Museo si avvale di un importante lascito a suo nome: il fondo librario Savorgnan di Brazzà, acquistato nel 1944 dalla vedova Bice Visconti, e proveniente dalla biblioteca privata del giornalista. La ricerca si è avvalsa dei documenti presenti presso il Museo di Milano e presso le biblioteche e gli archivi dei luoghi in cui si sono svolte le vicende professionali e private di Savorgnan: Udine, Roma, Mezzano, Veruno. Per il reperimento delle informazioni ci si è avvalsi della corrispondenza e delle brevi biografie che è stato possibile rintracciare e delle pubblicazioni dello studioso.
English abstract
Francesco Savorgnan di Brazzà (1883-1942) was a journalist, writer and aviation pioneer, protagonist between 1929 and 1930 of an early experiment in radio scientific dissemination, through the transmission of approximately thirty Radio Conversations on behalf of the Italian Institute for Radio Hearings (EIAR). His professional activity focused on the claiming of the so-called 'firsts' by Italian scientists and inventors, in line with the nationalistic spirit of the time but also with the new attention paid by the intellectual community to the need for protection of the technical-scientific heritage. This work intends to provide a contribution to the knowledge of the figure of Francesco Savorgnan and his professional activity, helping to identify the role he played in the national debate on the establishment of a technical-scientific museum in Italy and the relationships established with other cultural protagonists of the time, in particular with the engineer Guido Ucelli, founder of the Leonardo da Vinci National Museum of Science and Technology in Milan. The Museum takes advantage of an important legacy in his name: the Savorgnan di Brazzà book collection, purchased in 1944 by the widow Bice Visconti, and coming from the journalist's private library. The research made use of documents present in the Museum of Milan and in the libraries and archives of the places where Savorgnan's professional and private events took place: Udine, Rome, Mezzano, Veruno. To find the information we made use of the correspondence and short biographies that it was possible to find and the scholar's publications.
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Francesco Savorgnan: gli esordi e le imprese aviatorie di inizio secolo
Conte Francesco Savorgnan di Brazzà scrittore, storico della scienza e giornalista (iscritto all’Albo giornalisti professionisti a Milano) nato a Castel Gandolfo (Roma) il 18 luglio 1883. Fin dall’inizio orientò le sue opere verso la volgarizzazione scientifica. La chiarezza del suo stile gli acquistò rapidamente la collaborazione stabile delle maggiori riviste italiane e d’importanti quotidiani. Fu uno dei primi a introdurre nella stampa periodica italiana quel tipo di divulgazione che, pur mantenendo una rigida esattezza scientifica, pose a portata del grande pubblico il succedersi delle nuove invenzioni e scoperte ed i progressi della scienza e della tecnica […]. [Savorgnan di Brazzà, ASMUST, p. 1]
Così si presenta Francesco Savorgnan di Brazzà in un curriculum dattiloscritto databile, in base alle notizie bibliografiche, intorno al 1940, conservato presso gli archivi del Museo nazionale della Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, che costituisce la fonte principale da cui sono state desunte le notizie biografiche riportate in questo saggio.
Chi era Francesco Savorgnan di Brazzà?
Non è facile dare una risposta, dal momento che non è stato ancora individuato il suo archivio privato. La figura e l’opera di Francesco Savorgnan di Brazzà sono oggi pressoché sconosciute. Assente anche una sua nota biografica dal Dizionario biografico degli Italiani (1960-2020). Il suo nome compare nell’Enciclopedia Italiana, edita dalla fondazione Treccani a partire dal 1929, in qualità di autore delle voci dedicate agli inventori:
- Barsanti, Eugenio [Savorgnan di Brazzà, 1930]
- Malignani, Arturo [Savorgnan di Brazzà, 1934a]
- Marzi, Giovanni Battista [Savorgnan di Brazzà, 1934b]
- Negri, Francesco [Savorgnan di Brazzà, 1934c]
- Piatti, Giovanni Battista [Savorgnan di Brazzà, 1935a]
Francesco Savorgnan nasce a Castelgandolfo il 18 luglio 1883, da Giuseppe Savorgnan e Cecilia Tervagni.
La famiglia vanta un cognome importante e origini antiche, e fra gli antenati annovera uomini d’arme, ambasciatori, ingegneri militari.
Terminati gli studi in ingegneria a Liegi [Pirzio-Biroli, 1949], esordisce come redattore scientifico presso l’Illustrazione italiana e collabora con importanti quotidiani e con le maggiori riviste italiane: Nuova antologia, Il Secolo XX, Sapere, il Resto del Carlino, il Mattino, il Secolo, La stampa, il Corriere della sera, il Piccolo [Savorgnan di Brazzà, 1944].
Integrando le informazioni contenute nella biografia dattiloscritta e nei volumi da lui pubblicati, si desume che fino alla Grande Guerra la sua attività si svolge seguendo due interessi principali: quello per la ‘volgarizzazione scientifica’ e quello per l’aviazione.
La prima monografia risale al 1909 [Savorgnan di Brazzà, 1909]: L’elettricità e le sue diverse applicazioni, primo volume dell’opera Le grandi invenzioni e le conquiste dell’uomo nelle Scienze, nelle Industrie e nelle Arti. Lo scritto presenta le caratteristiche che diventeranno presto la sua cifra stilistica: testo metodico ma colloquiale; impianto rigoroso; schemi tecnici, fotografie e scene di genere che rendono il volume adatto anche al lettore non specialistico.
Negli stessi anni per ‘ragioni professionali giornalistiche’ segue anche la nascita dell’aviazione [Savorgnan di Brazzà, ASMUST, p. 1]. In Italia, infatti, le prime dimostrazioni di volo vengono organizzate a partire dal 1908: Francesco Savorgnan visita le scuole di pilotaggio e le fabbriche di aeroplani in Italia e all’estero, e frequenta i principali meeting aviatori, dove sperimenta il volo e conosce progettisti e pionieri [Savorgnan di Brazzà, 1910]. Tra questi il primo aviatore italiano, Mario Calderara, e Léon Delagrange, amico e maestro: a lui dedica l’articolo Leone Delagrange ricordi personali, che pubblica sul Secolo XX pochi giorni dopo la scomparsa dell’aviatore, avvenuta il 4 gennaio 1910.
La passione per il volo spinge Savorgnan a investire nella costruzione di un monoplano, ideato personalmente e realizzato insieme all’aviatore francese Albert Bonnet-Labranche (Fig. 1) [Visconti, 1943]. L’apparecchio è stabile e veloce per gli standard dell’epoca: presenta una fusoliera in legno e alluminio, un’apertura alare di undici metri e monta un motore Anzani da 50 CV. Le soluzioni tecniche danno luogo al rilascio di numerosi brevetti ma le divergenze sorte fra Savorgnan e i suoi soci conducono alla fine dell’impresa [Savorgnan di Brazzà, 1910].
Nel 1911, in occasione del cinquantesimo anniversario dell'unità d’Italia, Savorgnan organizza per il quotidiano bolognese Il Resto del Carlino il Raid aviatorio Bologna-Venezia-Rimini-Bologna, in collaborazione con il Petit journal, che nello stesso anno aveva a sua volta patrocinato il raid Parigi–Roma.
È la prima manifestazione del genere in Italia.
Il circuito, che riscuote un enorme successo, si sviluppa per un totale di circa 640 chilometri, prevede un premio di 15.000 lire e vede la partecipazione di dieci aviatori italiani e francesi.
Pochi giorni dopo, l’Italia dichiara guerra alla Libia e il giornalista parte come ‘redattore viaggiante’, per i quotidiani Il Resto del Carlino di Bologna, La Stampa di Torino e Il Mattino di Napoli,prima in Tripolitania e Cirenaica, poi nei Balcani, durante le guerre del 1912-1913 [Savorgnan di Brazzà, ASMUST, p. 2-3].
Dalle sue esperienze aviatorie nascono due volumi, entrambi pubblicati dalla casa editrice Fratelli Treves di Milano: La navigazione aerea. Gli aeroplani e il più pesante dell’aria, edito nel 1910 e La guerra nel cielo, che pubblica nel 1915, in pieno conflitto [Savorgnan di Brazzà, 1915].
Radio e Radioconversazioni
Nel dopoguerra, Francesco Savorgnan dirige per quasi quattro anni i servizi di propaganda e informazioni tecniche del gruppo Alfa Romeo e ne organizza la partecipazione alle corse automobilistiche [Savorgnan di Brazzà, ASMUST, p.3]. Purtroppo sulla vicenda non sono stati trovati ulteriori riscontri, malgrado le ricerche condotte presso gli archivi storici Alfa Romeo, Fiat, Aci e presso il Centro documentazione del Museo nazionale dell’automobile di Torino.
Il 22 febbraio 1922 sposa la contessa Beatrice ‘Bice’ Visconti; riprende poi l’attività giornalistica, concentrandosi sull’opera di divulgazione tecnica e scientifica, di cui accentua il carattere in senso nazionalistico.
L’episodio più interessante di questi anni è rappresentato dalle Radioconversazioni: un precoce esempio di divulgazione scientifica, che tiene tra il 1929 e il 1930 dai microfoni delle stazioni dell’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche (EIAR).
Il settore delle comunicazioni radio si trovava sotto il controllo diretto dello Stato fin dal 1910.
Il 27 agosto 1924 era stata istituita l’Unione Radiofonica Italiana (URI), che dalla stazione Roma San Filippo trasmetteva per due ore giornaliere i contenuti definiti in base al regio decreto-legge del 1° maggio 1924 n. 655: musica, notizie, quotazioni di borsa, teatro, conversazioni, bollettino meteorologico. Il 15 gennaio 1928 l’URI diventa Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (EIAR), sotto l’egida del regime: tutta la programmazione viene infatti vagliata da un comitato di vigilanza che rappresenta gli enti culturali, industriali e sindacali fascisti.
Alla vicepresidenza dell’EIAR vengono nominati il giornalista Arnaldo Mussolini, fratello del duce, e Luigi Solari, da decenni il più stretto collaboratore di Guglielmo Marconi, che salvaguarda gli interessi dei gruppi industriali coinvolti nello sviluppo delle radiocomunicazioni in Italia.
Rispetto agli altri paesi europei, il panorama radiofonico italiano appare arretrato: la ricezione è mediocre, la qualità dei programmi è scadente e le spese per il possesso di un apparecchio radio di buona qualità lo rendono un oggetto di élite. Dal punto di vista tecnico, la stazione di Roma rimane l’unica in esercizio fino all’8 dicembre 1925, quando viene affiancata dall’impianto di Milano. L’anno seguente vengono avviate le trasmissioni anche da Napoli e, a partire dagli anni Trenta, si potenziano le infrastrutture radiofoniche, con l’avvio di nuove stazioni su tutto il territorio nazionale. Viene rinnovata anche la linea culturale, nella direzione di una maggiore professionalità, anche attraverso la collaborazione di forti personalità [Balbi, 2010]; [Monteleone, 1992]; [Monticone, 1978].
In questo contesto si collocano le sue Radioconversazioni.
L’elenco e la maggior parte dei testi sono conservati presso l’Archivio di Stato di Udine [Savorgnan di Brazzà, ASUD]. Tuttavia, non è sempre facile desumere l’effettiva messa in onda della singola trasmissione, dal momento che alcuni titoli risultano cancellati a matita.
Si riporta l’elenco delle Radioconversazioni, comprensivo del titolo, della radiostazione di trasmissione (posta fra parentesi) e, ove presente, della data di trasmissione:
- L’Italia maestra d’invenzioni e di scoperte (Milano 1)
- Alcool e acidi minerali (Milano s.n.)
- Il romanzo degli occhiali (Milano 8)
- Le dolorose vicende di un grande inventore. Antonio Meucci ed il telefono (Milano 3).
- Firenze e la storia delle scienze (Milano s.n.)
- Chi fu il primo inventore dell’aerostato? (manca)
- Il sottomarino di Leonardo da Vinci. Scafandri del principio del XVI secolo (Milano 4)
- La meteorologia scienza italiana (Milano s.n.)
- Primi tentativi italiani di volo meccanico (Milano Torino, 12/12/1929)
- Il terzo centenario della turbina a vapore (Milano s.n.)
- Agostino Bassi da Lodi precursore di Pasteur nella teoria parassitaria delle infezioni. (titolo cancellato. Milano s.n., 23/9/1929)
- Il carbon rosso (Milano 13)
- Il vero inventore della macchina da scrivere (titolo cancellato, Milano 5)
- Una grande scoperta italiana. Una famiglia di microbi benefici (manca)
- La galvanoplastica scienza italiana (titolo cancellato, Milano s.n.).
- Prefazione italiana alle conquiste subacquee (titolo cancellato, Milano Torino).
- G.B. Marzi e il telefono automatico (manca)
- La storia del fiammifero (titolo cancellato, Roma s.n., 21/03/1930)
- Torpedine italiana contro sottomarino tedesco (Milano s.n.)
- Enrico Bernardi e gl’inizi dell’automobilismo (Milano s.n.)
- Alcuni ricordi [illeggibile] nell’inizio dell’aviazione militare italiana (Milano s.n.)
- Alcune macchine agricole d’invenzione italiana (Milano s.n.)
- Prefazione italiana alla storia dell’aeronautica (Milano s.n.)
- Giovanni Cavalli padre dell’artiglieria moderna (titolo cancellato, Milano s.n.)
- Ignazio Porro e l’invenzione del cannocchiale prismatico (Milano Torino)
- Enrico Acerbi. Medico di Alessandro Manzoni. Precursore della batteriologia (Milano Torino)
- L’Italia culla della scienza geologica (Milano Torino)
- Alessandro Cruto e la lampada ad incandescenza (Milano s.n.)
Il progetto culturale è organizzato intorno al mito del ‘primato’ italiano nel mondo, ed è riassunto nella prima delle trasmissioni, L’Italia maestra di invenzioni e di scoperte:
Fra i popoli, che con la loro multiforme genialità inventiva, hanno preparato e creato gli ordigni, dell’immenso progresso scientifico ed industriale, di cui si gloria la nostra epoca, bisogna porre all’avanguardia l’Italia. Eppure se si apre un libro d’oltr’Alpe, e purtroppo, anche tuttora, più di un testo nostrano, quante volte ci è dato di trovare nomi stranieri in calce ad invenzioni e scoperte che ebbero da noi la loro culla […] ed invenzioni italianissime cambiarono di nome e di patria [Savorgnan di Brazzà, ASUD].
Le sue rivendicazioni risultano in linea con l’attenzione riservata dal governo fascista ai temi tecnico-scientifici. Mussolini vuole infatti accreditare l’Italia come una nazione che, pur tra molte difficoltà, sta realizzando un nuovo corso di sviluppo attraverso la scienza e la tecnologia: strumenti utili anche a raccogliere il consenso sia interno che internazionale [Reali, 2019].
Pur nella convinzione del valore del proprio lavoro, Savorgnan è consapevole del campanilismo che permea le sue affermazioni, dal momento che ‹‹la storia della scienza, ad esempio di ciò che fanno francesi, tedeschi e inglesi, deve avere sempre, pur essendo esatta, una tendenza nazionalista. […] Per spingere all’imitazione, bisogna esaltare›› [Savorgnan di Brazzà, 1929].
Come già rilevato da Giovanni Paoloni, che definisce Savorgnan «princeps della divulgazione scientifica di regime» [Paoloni, 2019, p. 12-13]: si tratta di un atteggiamento che attira le critiche di Antonio Gramsci.
Riporto per completezza dai Quaderni del carcere:
Il particolare chauvinisme italiano trova una sua manifestazione nella letteratura che rivendica le invenzioni, le scoperte scientifiche. Parlo dello «spirito» con cui queste rivendicazioni sono fatte, non del fenomeno in sé: non si tratta, insomma, di contributi […] alla storia della tecnica e della scienza, ma di «pezzi» giornalistici di colore sciovinistico. Penso che molte rivendicazioni sono […] oziose, nel senso che non basta aver avuto uno spunto, ma occorre saperne trarre tutte le conseguenze e le applicazioni pratiche. Altrimenti si arriverebbe alla conclusione che non è stato mai inventato nulla, perché […] i cinesi conoscevano già tutto. Per molte rivendicazioni questi specialisti (come il Savorgnan di Brazzà) di glorie nazionali non s’accorgono di far fare all’Italia la funzione della Cina. [Gramsci, 1930], cit. in [Paoloni, 2019, p. 13]
Il dibattito intorno alla tutela del patrimonio scientifico italiano e la necessità di un Museo Industriale
L’impegno per il riconoscimento della cultura tecnico-scientifica e la salvaguardia delle sue manifestazioni aveva prodotto in quegli anni iniziative importanti, innanzitutto, quelle promosse dal medico e storico della medicina Andrea Corsini (1875–1961), tra cui la più nota è la fondazione dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza a Firenze.
Al II Congresso nazionale di storia delle scienze mediche e naturali, tenutosi a Bologna nell’ottobre 1922, Corsini pronuncia una relazione sulla Urgenza di assicurare il patrimonio storico-scientifico italiano e sui mezzi per provvedervi, denunciando lo stato di completo abbandono in cui si trovano i materiali scientifici.
L’anno seguente promuove la formazione del Gruppo per la tutela del patrimonio scientifico nazionale, la cui presidenza viene assunta dal professore e senatore Antonio Garbasso, e nel 1925 fonda l’Istituto di Storia della Scienza, sempre a Firenze, con l’obiettivo di stimolare l’interesse pubblico verso la storia della scienza e di sostenere l’importanza della raccolta e conservazione degli strumenti, della documentazione e dei materiali iconografici ad essa connessi, in Italia.
Parlando dell’Istituto, Corsini auspica di affiancare al centro-studi sulla storia della scienza anche una mostra tecnologica, infatti: «[…] ove esistono di questo tipo di musei, come in Germania, si ha sempre un pubblico numeroso che osserva, che prende appunti, che disegna» [Corsini, 1927, p. 8].
In perfetta concordanza, nello stesso anno anche Francesco Savorgnan accenna alla proposta di un museo della tecnica, necessario alla salvaguardia di
[…] modesti ritrovati con il tempo diventati anonimi, che però, per praticità e universalità d’impiego, […] furono di contributo al benessere collettivo [...]. Mentre in molti paesi si continua a riunire documenti riguardanti i progressi inventivi di gloria nazionale, creando appositi archivi e musei (a Parigi, a Londra ed altrove ve ne sono di ricchissimi) in Italia questo campo è stato totalmente dimenticato.
[…] Un immenso materiale giace sparpagliato, cimeli preziosissimi, la cui esistenza è ignorata dai più, dormono, spesso indecorosamente senza ordine e distinzione, in qualche angolo di scansia polveroso, correndo il rischio se non di disperdersi, almeno di deteriorarsi.
Perché non creare un degno ed unico quadro a tutti questi elementi gloriosi e preziosissimi della nostra storia, ove potessero essere riuniti, ordinati e conosciuti? [Savorgnan di Brazzà, 1927, p. 30]
Sempre con il suo Gruppo, Corsini avvia inoltre il Censimento delle raccolte e dei musei scientifici d’Italia e nel 1929 organizza a Firenze la Prima esposizione nazionale di storia della scienza, che comprende oltre novemila reperti provenienti da tutta Italia ed è la più ampia organizzata sul tema fino a quel momento, assai importante per la considerazione del patrimonio storico-scientifico italiano sia da parte del pubblico che delle istituzioni [Barreca, 2019]; [Barreca, 2016]; [Beretta, 2016]; [Barreca, 2015]; [Beretta, 2014]; [Baroncelli, Bucciantini, 1990, p. 5-52].
Inoltre, attraverso l’attività dei comitati locali presenti su tutto il territorio nazionale, l’Esposizione fornisce l’occasione per realizzare una mappatura preliminare del patrimonio scientifico nazionale [Canadelli, Di Lieto, 2024, p. 33].
Francesco Savorgnan dedica all’Esposizione la radioconversazione Firenze e la storia delle scienze, riconoscendo nell’iniziativa «anche se temporaneo, il più straordinario Museo della Scienza, finora riuscito».
Il Museo di Storia della Scienza viene effettivamente inaugurato il 18 maggio 1930 presso Palazzo Castellani, su iniziativa dell'Università di Firenze, e va ad affiancare l'Istituto di Storia della Scienza, ereditando le raccolte di strumenti frutto del collezionismo delle famiglie Medici e Lorena fin dal sedicesimo secolo, a cui si erano aggiunte quelle provenienti dall’Accademia del Cimento e dall’attività dei tanti istituti fondati nel corso dell’Ottocento e del Novecento: il Museo di Fisica, le Officine del Museo, la Tribuna di Galileo.
L’appello lanciato da Corsini nel 1922 intercetta una necessità reale e asseconda, al contempo, la nuova politica culturale propugnata dal governo.
Mussolini vuole accreditarsi come il capo di un paese che pur tra mille difficoltà sta realizzando un nuovo corso di trasformazione e di sviluppo nazionale nel senso della modernità.
Il fascismo aveva ereditato dall’Italia liberale un paese prevalentemente agricolo, in cui l’istruzione tecnologica era scarsa e affidata alle scuole speciali; in cui mancava il personale tecnico qualificato necessario allo sviluppo industriale; in cui l’elevato numero di istituzioni universitarie disperdeva i fondi destinati alla ricerca; in cui permaneva una separazione ideologica fra ricerca pura, demandata alle università, e scienza applicata.
La ricerca scientifica italiana rimane sostanzialmente separata dal mondo della produzione fino alla Grande Guerra, quando diventa necessario instaurare un nuovo rapporto tra mondo della ricerca e produzione industriale, finalizzato in modo diretto o indiretto agli impieghi bellici, mentre la dipendenza dell’Italia dall’estero impone la necessità di sfruttare al meglio le risorse presenti nel paese.
Alla scienza si chiede ora un approccio pragmatico, cui si accompagna una sorta di nazionalismo scientifico-tecnico a difesa dei ricercatori italiani nei confronti degli altri paesi, in grado di rivendicare davanti alla comunità internazionale la validità della ricerca nazionale [Maiocchi, 2003, p. 14-19]; [Reali, 2019, p. 24].
Con lo scopo di organizzare, razionalizzare e promuovere la ricerca scientifica e industriale, nel 1923 Mussolini istituisce il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Nel messaggio indirizzato il 1° gennaio 1928 al presidente del CNR Guglielmo Marconi, auspica inoltre la nascita di «musei viventi, dove i progressi della scienza, della tecnica e della industria siano resi evidenti» [CNR, 1929, p. 5.].
Si moltiplicano quindi le manifestazioni dedicate alla storia della scienza e della tecnica e al contributo dato dalla scienza alle politiche autarchiche, seguendo una prassi celebrativa dei più importanti scienziati italiani che risale alla metà dell’Ottocento. [Canadelli, Di Lieto, 2024, p. 27]
Uno degli eventi più significativi, anche nel processo di costituzione di un museo industriale in Italia, è rappresentato dalla partecipazione all’Esposizione di Chicago A Century of progress nel 1933.
Per l’occasione Mussolini incarica il CNR di raccogliere centinaia di oggetti rappresentativi del contributo italiano alla civiltà mondiale: il Documentario dei primati scientifici e tecnici degli italiani.
L’incarico viene assegnato al chimico Giulio Provenzal, funzionario del CNR e fondatore della Società Italiana di Storia della Chimica.
Oltre agli oggetti, Provenzal riunisce anche le fonti archivistiche e bibliografiche necessarie ad attestarne importanza e priorità, dando origine alla Raccolta documentaria dei primati scientifici italiani, oggi negli archivi del Museo della Scienza e Tecnologia di Milano [https://archivi-online.museoscienza.org/detail/IT-MUST-ST005-0000001/raccolta-documentaria-primati-scientifici-italiani]; [Reali, 2019].
Nell’iniziativa viene coinvolto anche il Museo fiorentino voluto da Corsini, che invia a Chicago repliche di strumenti scientifici presenti nelle proprie raccolte: telescopi, igrometri, termometri, microscopi - solo per citarne alcuni - i cui originali erano appartenuti a Galileo Galilei, Evangelista Torricelli, Leopoldo Nobili, Giovanni Amici e all’Accademia del Cimento, e una replica del pantelegrafo dell’abate Caselli [Beretta, 2014, p. 16-17].
Nel progetto si inserisce anche Guido Ucelli, nella duplice veste di amministratore delegato della Riva e di promotore dell’impresa archeologica di Nemi. Ucelli informa dell’opportunità Savorgnan di Brazzà e suggerisce al segretario generale del CNR Giuseppe Magrini la possibilità di una collaborazione del giornalista all’iniziativa [Ucelli, 1932a]:
«Ritengo che la sua collaborazione potrebbe essere preziosa per la indicazione e la raccolta di cimeli e ne ho parlato al Segretario Generale del Consiglio Nazionale delle Ricerche […] Giovanni Magrini (Ministero Educazione Nazionale) che sarebbe ben lieto di poter con Lei parlare in argomento» [Ucelli, 1932b].
Le lettere intercorse fra Savorgnan e Provenzal, conservate presso l’Archivio di Stato di Udine, non forniscono informazioni in merito ad una effettiva partecipazione dello scrittore all’impresa americana. Resta il fatto che fra gli oggetti inviati a Chicago sono molti quelli di cui Savorgnan ha rivendicato il ‘primato italiano’; inoltre risultano presenti nella Raccolta documentaria tutti gli autori e i temi citati nell’indice del suo volume più famoso: Da Leonardo a Marconi, edito nel 1932 dal Poligrafico dello Stato. (Fig. 2)
Tanto i documenti quanto gli oggetti arriveranno al Museo della scienza e della tecnica milanese nel dopoguerra, tra il 1947 e il 1952, andando a costituire uno dei primi nuclei delle collezioni [Canadelli, 2019a]; [Giorgione, 2019].
Francesco Savorgnan, il Museo milanese e la sua biblioteca tecnica
Ucelli e Savorgnan si sono conosciuti nel 1930, quando il Podestà milanese Marcello Visconti di Modrone costituisce il Collegio dei consulenti di scienza ed arte con l’intento, fra gli altri, di istituire un Museo Industriale. [Canadelli, 2016, p. 93-104]; [Redemagni, 2011, p. 127-161]; [Curti, 2000]; [Ucelli, 1954].
A presiedere la commissione chiama Guido Ucelli [Visconti di Modrone, 1930], che a un museo simile pensa da quando era studente al Politecnico di Milano e che ha già sollecitato l’attenzione del podestà precedente, Ernesto Belloni, sull’opportunità di dotare Milano di un padiglione permanente delle scienze fisiche e chimiche e delle loro applicazioni all’industria [Ucelli, 1927]; [Samorè, 2011]; [Bigatti, 2011]; [Rovida, 2011].
Ucelli vede in un museo industriale uno strumento in grado di raggiungere pubblici diversi e di favorire lo sviluppo collettivo di una coscienza critica tecnico-scientifica [Ucelli, 1933].
L’iniziativa suscita l’interesse di Savorgnan.
A creare il primo contatto fra il giornalista e Guido Ucelli è Giacinto Motta, consigliere delegato della Società generale italiana Edison di elettricità e amico di Ucelli, a cui Di Brazzà scrive nel febbraio 1931: «Vi sarebbe qualche cosa da fare per me nell’organizzazione del nuovo Museo? Potrebbe proporre il mio nome?» [Savorgnan di Brazzà, 1931].
Facendo seguito alla sua richiesta, Motta lo mette in contatto con Ucelli [Ucelli, 1931].
Negli archivi del Museo sono presenti venti lettere, comprese in un arco cronologico che si estende dal 1931 al 1942 (Fig. 3), che testimoniano lo svolgersi del rapporto.
Due di queste, indirizzate da Ucelli al giornalista rispettivamente in data 12 novembre e 23 dicembre 1932, attestano i contatti presi da entrambi con Visconti di Modrone e sembrano suggerire l’assegnazione da parte del Podestà di qualche tipo di incarico a Savorgnan, relativamente al progetto museale: Ucelli cita infatti gli «affidamenti che Le ha dato il Podestà Duca Visconti di Modrone in merito al programma del Museo». Purtroppo, la ricerca presso gli archivi del Museo e presso quelli del Comune di Milano non ha prodotto ulteriori dettagli [Ucelli, 1932c]; [Ucelli, 1932d].
Lo scrittore non riesce, tuttavia, a partecipare attivamente al progetto: malgrado il consenso, infatti, l’iniziativa milanese stenta a decollare a causa delle ristrettezze economiche in cui si dibatte il paese [Redemagni, 2011].
Savorgnan prosegue nel frattempo l’attività di ricerca e divulgativa e nel 1932 pubblica Un inventore dalmata del '500: Fausto Veranzio da Sebenico (1932). Avvia inoltre la collaborazione con l’Accademia di scienze, lettere e arti di Udine, presso cui pronuncia la commemorazione di Arturo Malignani: personaggio eclettico innamorato del progresso che, con la sua invenzione per ottenere il vuoto assoluto nella lampadina ad incandescenza, aveva fatto di Udine la quarta città al mondo dotata di illuminazione elettrica dopo New York, Londra e Milano [Savorgnan di Brazzà, 1941a]; [Commessatti, 2015]. Una copia del testo stampato nel 1941, autografata, viene inviata dall’autore in giugno a Giulio Provenzal.
L’impegno editoriale più importante in questi anni è rappresentato dalla sua partecipazione alla collana L’opera del genio italiano all’estero, stampata dalla Libreria dello Stato per il Ministero degli Affari Esteri, su indicazione di Mussolini [Savorgnan di Brazzà, 1933].
L’opera prevede ben dodici serie, ognuna delle quali comprensiva di uno o più volumi.
Il prospetto dell’opera comprende:
- Gli artisti
- I musicisti
- I letterati
- Gli architetti militari
- Gli uomini di guerra
- Gli uomini di mare
- Gli esploratori e i viaggiatori
- I prìncipi
- Gli uomini politici
- I santi, i sacerdoti, i missionari
- Gli scienziati
- I banchieri, i mercanti, i colonizzatori.
Il progetto, avviato nel 1931, si protrae fino agli anni Quaranta ed è destinato a rimanere incompiuto: vedono la luce le serie dedicate agli artisti, agli uomini di guerra, agli esploratori, ai santi, ai colonizzatori.
Gli unici volumi pubblicati nella quarta e nell’undicesima serie sono quelli scritti da Savorgnan: rispettivamente Tecnici e artigiani italiani in Francia (1942) e Gli scienziati italiani in Francia (1941), che gli costano cinque anni di lavoro e gli fruttano l’encomio solenne dell’Accademia d’Italia [Savorgnan di Brazzà, ASMUST, p. 6].
Il piano editoriale ricalca quasi fedelmente l’ordinamento previsto per la Mostra degli italiani all’estero, una delle tante iniziative in cui avrebbe dovuto articolarsi l’Esposizione Universale di Roma Olimpiade della civiltà, prevista nel 1942: la struttura della Mostra, infatti, prende in rassegna navigatori, missionari, colonizzatori, banchieri, principi, artisti, uomini politici, scienziati, letterati, artigiani e operai, distribuiti nei vari continenti.
Sarebbe quindi ragionevole trovare Francesco Savorgnan di Brazzà nell’elenco dei curatori e dei collaboratori per l’E42 ma il suo nome non compare: se abbia effettivamente partecipato ai lavori preparatori e quale sia stato il suo ruolo è ancora da stabilire [Gregory, Tartaro, 1987].
Guido Ucelli e Francesco Savorgnan si scambiano le ultime lettere nel febbraio 1942.
Il 9 agosto dello stesso anno Francesco Savorgnan muore, dopo aver completato la stesura della biografia dello zio Pietro Savorgnan di Brazzà, dettato alla moglie durante il ricovero al sanatorio di Sondalo [Savorgnan di Brazzà, 1944].
Due mesi dopo, viene istituita la Fondazione Museo nazionale della Tecnica e dell’Industria [Guasti, 1942].
Ucelli ha dovuto forzare i tempi, fondando il Museo anche in assenza di una sede, di un organigramma e di adeguati finanziamenti, per evitare che il programma previsto per l’Esposizione Universale di Roma assorbisse quello milanese.
All’interno della manifestazione romana, infatti, la trattazione della tradizione scientifica assumeva un rilievo enorme: la Mostra della scienza universale avrebbe occupato due grandi edifici da costruire su Piazza Imperiale e avrebbe poi assunto carattere permanente, dando origine al nuovo Museo della scienza Universale. Un’ipotesi che minacciava concretamente tutto il lavoro compiuto dall’ingegner Ucelli fino a quel momento [Canadelli, 2019a].
Costituito il museo, non potendo entrare in una fase operativa a causa della guerra, Guido Ucelli inizia a riunire un’importante biblioteca tecnica secondo l’esempio fornito dal Deutsches Museum di Monaco di Baviera, dove fondi librari, brevetti e disegni tecnici consentono di approfondire la fase progettuale degli oggetti esposti [Ucelli, 1947].
Ucelli avvia quindi una fitta corrispondenza con la vedova Savorgnan, Bice Visconti, per capire se sia disposta a cedere una parte della biblioteca del defunto marito, conservata nella villa di Gattico di Veruno, che comprendeva 1500 opere in 2000 volumi e rifletteva la varietà degli interessi del suo proprietario.
Dopo una lunga trattativa vengono acquistati 181 titoli per un valore superiore alle ventimila lire dell’epoca [Savorgnan di Brazzà Visconti, 1943-1953].
La costituzione e la composizione del fondo librario Savorgnan è oggetto dell’approfondimento La biblioteca del conte Francesco Savorgnan di Brazzà: primo nucleo della nascente Fondazione Museo nazionale della Tecnica e dell’industria, in corso di pubblicazione in Accademie & Biblioteche d’Italia semestrale di cultura delle biblioteche e delle istituzioni culturali (Gangemi editore), a firma della bibliotecaria del Museo Paola Mazzucchi, che ringrazio per i dettagli.
Il fondo si articola intorno a sei nuclei tematici principali: aeronautica e aviazione; invenzioni e scoperte; scienziati e inventori; agraria e agricoltura; scienze; Marconi e telecomunicazioni.
Sono presenti gran parte dei volumi scritti dallo stesso Savorgnan di Brazzà.
La sezione aeronautica riflette la sua passione per il volo: il primo bene del nuovo museo ad essere inventariato è il volume La storia dell’aviazione di Clemente Prepositi (Bologna, Licinio Cappelli Editore, 1931) (Fig.4).
Sono poi presenti opere generali come Il volo in Italia (1921) e Biblioteca aeronautica italiana (1929), entrambe di Giuseppe Boffito; il libro di Lino Piazza Storia aeronautica d’Italia (1934), con prefazione di Italo Balbo; Stormi in volo sull’oceano (1931) dello stesso Balbo; Il volo a vela e il suo domani: storia, sviluppo, teoria del volo e degli apparecchi senza motore (1933) di Ettore Cattaneo, singolare figura di aviatore e dentista, campione di volo a vela e pioniere del volo a razzi.
In linea con la missione di rivendicazione delle glorie e dei primati italiani, molti volumi sono dedicati a scienziati e inventori italiani, noti e meno noti. Particolare attenzione viene riservata all’opera di Alessandro Volta, con i testi di Felice Scolari, Alessandro Volta (1927); di Lavoro Amaduzzi, Per la scienza e per tre suoi insigni cultori: (Grimaldi, Volta, Melloni) del 1928; di Mario Gliozzi, L’elettrologia fino al Volta (1937). Presente anche il volume in lingua originale di Lucien Poincaré, L’électricité (1920).
Molti temi trattano argomenti di agraria e agricoltura, dal momento che la famiglia possedeva una tenuta di circa 1.350 ettari a Mezzano, nel Lazio, e una villa con alcune terre a Gattico di Veruno, in provincia di Novara: coltivazione della vite e produzione del vino; elementi di agricoltura teorico-pratica; trattati sugli animali domestici, sulla bachicoltura, la filatura, tintura e tessitura della seta, la coltivazione degli alberi da frutto.
La sezione dedicata alle scienze comprende trattati di astronomia, geologia, biologia, ottica, chimica, fisica, matematica. Si segnala il volume: Gli strumenti della scienza e la scienza degli strumenti di Giuseppe Boffito, pubblicato in occasione della Prima Esposizione nazionale di storia della scienza del 1929 e dedicata al presidente della mostra Piero Ginori Conti.
La parte sull’astronomia comprende due opere di Giovanni Schiaparelli: Le stelle cadenti (1886) e Le più belle pagine di astronomia popolare, ripubblicate da Luigi Gabba, astronomo di Brera (1925) e il libro del Celoria La luna: monografia fisica (1871).
Nella sezione dedicata alla chimica si segnala il testo di Giulio Provenzal: Profili bio-bibliografici di chimici italiani, degli anni Trenta del Novecento, con dedica autografa dell’autore.
Sulla geologia sono presenti i quattro volumi pubblicati tra il 1866 e il 1869 da Antonio Stoppani, che riprendono le lezioni del corso per ingegneri allievi del Reale Istituto Tecnico Superiore di Milano.
La parte dedicata alle radiocomunicazioni presenta molte opere su Guglielmo Marconi, tra cui una lezione intitolata Le Radiocomunicazioni a fascio, a cura di Zanichelli, presentata dallo stesso Marconi nella Regia Università di Perugia, sintesi delle sue esperienze compiute fino al 1927.
Troviamo poi la monografia di don Angelo Zammarchi, La telegrafia senza fili di Guglielmo Marconi (1904); la monografia de I grandi italiani dedicata a Marconi dall’ammiraglio Giuseppe Pession (1941); infine la biografia di Luigi Solari Marconi dalla borgata di Pontecchio in Australia, del 1928.
I libri arrivano a Milano nel 1944 e vengono collocati inizialmente presso la sede della società Riva, poi presso l’abitazione privata di Ucelli, in via Cappuccio 7, dove viene trasferita provvisoriamente anche la sede del Museo (Fig. 5)
Oggi i volumi costituiscono il Fondo Savorgnan di Brazzà e sono parte dei libri antichi e di pregio in possesso del Museo.
Conclusioni
La ricerca intorno alla figura di Francesco Savorgnan di Brazzà ha permesso di raccogliere - forse per la prima volta in maniera sistematica, seppure non esaustiva – molte delle notizie oggi disponibili intorno al giornalista e alla sua attività.
Restano aperti numerosi interrogativi, che potrebbero offrire ulteriori spunti di ricerca.
Pur deformato dall’ideologia fascista, Savorgnan opera in un periodo estremamente dinamico sul fronte del riconoscimento a livello nazionale dell’importanza della cultura tecnico-scientifica nelle sue diverse declinazioni: storiche, sociali, economiche, imprenditoriali. Sarebbe interessante appurare se abbia avuto un maggiore coinvolgimento nel processo di salvaguardia e musealizzazione del patrimonio tecnico e scientifico nazionale, oltre a quello giocato nei rapporti con le due iniziative principali, promosse a Firenze e a Milano, magari con un ruolo non strutturato.
Una seconda linea di ricerca potrebbe indirizzarsi ad approfondire lo stato della divulgazione scientifica nel corso del Ventennio, attraverso l’individuazione di altre figure di professionisti della comunicazione e l’analisi della loro opera di valorizzazione del patrimonio storico-scientifico nazionale, anche nell’ambito dell’attenzione riservata da Mussolini ai nuovi mezzi di comunicazione, come cinema e radio.
Infine, sarebbe interessante riuscire a definire i reali rapporti di Savorgnan con il regime e il posizionamento della sua figura all’interno della costruzione di una politica di propaganda fascista.
Pertanto, in attesa di poter integrare le informazioni fin qui raccolte, questa ricerca deve intendersi come un primo contributo alla scoperta della figura di Savorgnan di Brazzà, e non una conclusione.