La realizzazione di un museo scolastico. L’esperienza del museo degli strumenti antichi di fisica del Liceo Messedaglia di Verona
Liceo Angelo Messedaglia, Verona, leonardo.aldegheri@messedaglia.edu.it.
Received 21/09/2024 | Accepted 09/11/2024 | Published online 20/12/2024
Abstract
In questo articolo si vuole illustrare il progetto scolastico che ha portato alla realizzazione di un vero e proprio percorso museale all’interno del liceo scientifico Messedaglia di Verona. In alcuni anni docenti e studenti hanno lavorato per studiare, riordinare e infine esporre la collezione di strumenti antichi di fisica presenti nel liceo. Dopo aver descritto la storia di questi oggetti storici, verrà spiegato il progetto che ha portato alla costituzione del museo scolastico, soffermandosi successivamente sui particolari della strutturazione del museo. Inoltre, allo scopo di avvicinare ancora di più il lettore al museo, facendolo entrare in questa piccola ma affascinante realtà, verranno spiegati alcuni strumenti fra i più rappresentativi del museo stesso. Verranno esposte infine le prospettive della collezione.
English abstract
This paper aims to illustrate a school project that led to the creation of a museum at the Liceo Scientifico Messedaglia, a high school in Verona. Within some years, teachers and students were engaged in studying, reorganizing and finally showcasing the collection of ancient physics instruments. After describing the history of the collection,the article will explainin detail the project thatresultedinthe establishment of the school museum, and subsequently it will focus onthecomponentsof the museum structure. Furthermore, with the aim of bringing the reader even closer this small but fascinating museum, some of the most representative instruments of the museum will be illustrated. Finally, the future perspectives of the collection will be outlined.
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Storia della collezione
Il Liceo scientifico Angelo Messedaglia di Verona nasce dopo la pubblicazione del regio decreto numero 1915 del 9 settembre 1923, con cui venivano istituiti i primi 37 licei scientifici d’Italia, nell’ambito della riforma Gentile. In seguito alla nota riforma, infatti, la preesistente sezione fisico-matematica del Regio Istituto Tecnico ‘A. M. Lorgna’ si trasformò nel nuovo liceo scientifico. L’intero patrimonio laboratoriale di fisica del Regio Istituto passò così al Liceo, che inizialmente rimase nella sede dello stesso Istituto Tecnico. Inoltre confluì, nel neonato Liceo scientifico, la strumentazione in dotazione a diversi ordini di scuole che negli anni precedenti erano state soppressi come il Ginnasio Comunale e le Scuole Reali.
Tutto questo viene dimostrato da un antico registro del XIX secolo, rinvenuto nel liceo durante le ricerche svolte per l’ottantesimo anniversario dell’istituto. Il registro, intitolato Catalogo del Materiale dei Gabinetti di fisica Meccanica e affini dell'Istituto Industriale e Professionale di Verona (Fig.1), fornisce preziosissime informazioni riguardanti il patrimonio strumentale del Messedaglia. L’indice del registro riporta le categorie a cui appartenevano questi artefatti, che riflettono piuttosto tipicamente quelle tradizionalmente previste per l’insegnamento della fisica classica [Morisetti, Servida, Ronzon, 2024, p. 7-8]: Apparati di Oggetti diversi, Meccanica, Cinematica, Proprietà generali, Gravità, Calorico, Magnetismo, Elettricità per attrito, Elettricità di corrente, Ottica, Acustica, Officina, Libri. I materiali sono annotati con data di acquisto, costo ed ente, scuola o luogo di provenienza. Alcuni provengono dalle già citate Scuole Reali, altri da Vienna, da Parigi [Troiani, Bernardi, 2003, p. 11]. o da altre città europee, in linea con quanto si riscontra in diverse collezioni di licei scientifici italiani [Morisetti, Servida, Ronzon, 2024, p. 6]. La prima data di acquisto è quella del 1868, coerente con l’aggiornamento dei dati amministrativi e dei registri della città di Verona dopo che solo due anni prima, nel 1866, il Veneto era passato sotto il regno d'Italia dopo la terza guerra di indipendenza italiana.
La collezione di strumenti di fisica, che impreziosiva il neonato liceo negli anni Venti del Novecento, era estremamente ampia e poteva contare più di 200 oggetti, tutti databili tra la fine del XIX secolo e i primi due decenni del XX secolo, molti dei quali accuratamente costruiti e di un certo valore economico. Per comprendere la ricchezza di questa eredità non comune dobbiamo tornare al 1873. In quell’anno moriva un illustre cittadino veronese: Marcantonio Bentegodi, noto soprattutto per la promozione delle attività sportive fra i giovani e il cui nome rimane tutt’ora legato a innumerevoli società e impianti sportivi a Verona. Bentegodi non si prodigò soltanto nel dare impulso alla diffusione delle attività sportive ma lasciò scritto nel suo testamento che un quarto dei suoi ingenti lasciti andassero al potenziamento della strumentazione di fisica del sopra ricordato Regio Istituto Tecnico Lorgna. Il comune di Verona si impegnò così, negli anni successivi, ad acquistare strumenti anche molto sofisticati e costosi, per spendere le risorse economiche provenienti dalle rendite del benefattore. Questo rese, negli anni, sempre più consistente la dotazione laboratoriale che poi passò al Messedaglia.
Nel volume pubblicato per i cinquant'anni del Liceo, in un articolo di Rodolfo Roccato, iscritto nel 1923 all'ultimo anno di corso e diplomatosi nel 1924, leggiamo una preziosa testimonianza riguardante la collezione:
Il Liceo Scientifico era dotato di un laboratorio di fisica grande e ben fornito, composto di alcune sale piene di apparecchi e di strumenti, alcuni disposti entro apposite vetrine, e collocati su tavole situate lungo le pareti o in mezzo ai vari locali, talché l'insieme risultava una specie di museo, un piccolo labirinto. Un giorno, nell'ultima ora di lezione antimeridiana, il professore ci portò a visitare il laboratorio, e noi ci aggiravamo per le varie sale, chiedendo di quando in quando spiegazioni a lui, che si divideva fra i vari gruppi. Tutta la fisica - si può dire - vi era rappresentata, o meglio la sua storia: meccanica, acustica, ottica, idraulica, pneumatica, termologia, elettrologia, con mille apparecchi, piccoli o grandi, semplici o complessi, primitivi o perfezionati[Cinquant’anni, 1974, p. 19].
Deduciamo, da questa testimonianza, come gli strumenti fossero esposti nella prima sede del liceo e come fosse data l'opportunità agli studenti di osservarli. Con ogni probabilità gli stessi strumenti venivano usati nelle lezioni laboratoriali.
Trenta anni dopo, a causa del crescente numero di iscrizioni nel secondo dopoguerra, l'amministrazione provinciale deliberò, nel 1952, che la nuova sede del Liceo diventasse palazzo Ridolfi-Da Lisca, un edificio del XVI secolo, nel centro storico di Verona. Qui venne allestita un’aula di fisica a gradoni, dove gli studenti potevano accomodarsi e ascoltare le lezioni ma soprattutto osservare gli esperimenti svolti dai loro docenti e dai docenti tecnico-pratici dell'istituto. Accanto all’aula a gradoni vi era un laboratorio di fisica, accessibile solo ai docenti e ai collaboratori tecnici, nel quale, in apposite vetrine, trovarono spazio gli strumenti antichi di fisica; questa stanza, appena dopo il trasferimento nel palazzo Ridolfi-Da Lisca, veniva ancora chiamata: gabinetto di fisica. L’ala dell’edificio riservata alla fisica era poi completata da un’officina, poco distante dal laboratorio, dove venivano materialmente costruiti nuovi apparecchi e riparati quelli antichi, come avveniva nella maggior parte dei licei scientifici dell’epoca [Morisetti, Servida, Ronzon, 2024, p. 7]. Gli strumenti risultavano in questo periodo nascosti alla vista degli studenti, a meno che non venissero loro proposti esperimenti che riguardavano direttamente gli apparati, i quali, per l’occasione, venivano portati dal laboratorio all’aula di fisica. Con il passare degli anni, per di più, la gran parte degli strumenti antichi dovette cedere il posto ad apparecchi più moderni e molti furono spostati in un magazzino, al piano superiore. Solo pochi strumenti, in particolare quelli di elettrostatica, rimasero nel laboratorio di fisica, per essere riproposti agli alunni.
Si deve aspettare il nuovo secolo perché alcune decine di questi antichi strumenti trovino nuova visibilità. Risale infatti al 2003 la prima importante rivalutazione pubblica di questo patrimonio storico, quando, in occasione dell'ottantesimo anniversario del liceo, fu allestita una mostra degli strumenti antichi nel Museo di Storia Naturale di Verona dal titolo: Strumenti antichi al liceo Messedaglia, curata dall'allora tecnico di laboratorio Silvano Troiani e dalla docente di scienze Maria Angela Bernardi. Vennero in questa sede esposti quarantaquattro strumenti, dal 18 dicembre 2003 al 21 marzo 2004. Il lavoro di catalogazione e studio dei preziosi oggetti portò, in quella occasione, alla pubblicazione del volume: 100 strumenti antichi al Liceo Messedaglia. Il testo riportava foto, descrizioni e approfondimenti di cento fra i pezzi più significativi in possesso dell’istituto. Va doverosamente precisato il fatto che il libro e la mostra furono il risultato di tre anni di impegnativo lavoro in cui i due docenti aiutati da studenti, colleghi e collaboratori ripulirono, sistemarono e studiarono accuratamente gli strumenti.
Fra il 2007 e il 2008 il liceo, insieme alla collezione, traslocò in un altro palazzo storico di Verona appena restaurato, in grado di ospitare un numero maggiore di studenti e di studentesse. Nel nuovo edificio, poco distante dal precedente, gli strumenti, molti dei quali avevano già più di un secolo, non trovarono una precisa collocazione. Alcuni, non molti, furono sistemati nel nuovo laboratorio di fisica, nel piano seminterrato, per essere ancora utilizzati; molti altri rimasero imballati in un magazzino al terzo piano; solo qualche decina, tra i più significativi, trovò spazio in presidenza, in biblioteca o in esposizione lungo un corridoio al terzo piano dell’edificio. Il ricco patrimonio del liceo risultava dunque sparpagliato nei diversi piani della scuola, distribuito senza una organicità.
Il progetto Museo di Fisica
Nel 2017, sotto la spinta di un docente di fisica, che anni prima aveva lavorato allo studio e alla catalogazione del patrimonio strumentale del liceo Maffei di Verona, iniziò il progetto Museo di Fisica con l'obiettivo di recuperare e catalogare l'intera collezione di strumenti antichi di fisica in possesso del liceo. La prima fase consistette, proprio da parte del docente, nel ritrovamento fisico dell’intera collezione di apparecchi, cercando di riportarli tutti, o quasi, in un solo luogo e questo fu possibile grazie alla disponibilità di un inventario, presente nella segreteria dell’istituto, contenente l’elenco completo degli strumenti con nome e numero di inventario. A partire da questo documento, vennero rintracciati nella scuola, tra magazzino, laboratorio di fisica, biblioteca e altri ambienti, innumerevoli oggetti che avevano proprio il numero di inventario indicato nell’elenco. Furono recuperati quasi duecento strumenti, ma non tutti gli oggetti indicati nell’elenco vennero ritrovati. Fondamentale per il riconoscimento degli stessi strumenti fu il catalogo della mostra del 2003, che conteneva le immagini dei più significativi: fu così possibile, con relativa facilità, assegnare un nome a tutti i beni ritrovati. Una volta recuperati gli strumenti e sistemati gli stessi all’ultimo piano dell’edificio, in uno spazio protetto, la prosecuzione dell’attività non poteva prescindere dagli studenti dell’istituto. Il progetto aveva infatti l’esplicito scopo di coinvolgere direttamente gli studenti e le studentesse nella valorizzazione degli antichi strumenti di fisica del liceo, costituenti un vero e proprio patrimonio storico risalente alla seconda metà dell'Ottocento. La convinzione era quella che la valorizzazione di questi reperti avrebbe consentito ai ragazzi e alle ragazze che partecipavano all’attività di confrontarsi non solo con la fisica, ma anche e soprattutto con la sua storia, con la storia delle idee e con la storia della tecnologia. Si voleva, in altre parole, catturare l’attenzione dei ragazzi facendoli avvicinare a una materia, spesso da loro ritenuta ostica, come la fisica, mostrandone un aspetto diverso, meno rigido e formale, della banale applicazione di formule per svolgere un esercizio. La fisica, in particolare, e la scienza, in generale, sono ben lontane dal potersi considerare conoscenze esatte e assolute, come ancora molti studenti e studentesse credono. Il loro sviluppo è fondato su un continuo progredire ed evolversi, non lineare, di idee, modelli ed esperimenti che affinandosi portano ad una conoscenza sempre non assoluta. Il confrontarsi, dunque, con dispositivi e apparecchiature dell’Ottocento doveva aprire gli occhi dei giovani partecipanti ad una fisica più vissuta, più tangibile e più umana, caratteristiche queste che, troppo spesso, non vengono associate alla fisica che si studia a scuola.Alcune semplici circolari scolastiche che di anno in anno proponevano il progetto, in orario extracurricolare, bastarono a suscitare la curiosità di diverse decine di studenti e di studentesse, affascinati dall’aspetto storico della fisica che il progetto proponeva.
Nei primi anni dell’attività, i partecipanti, sotto la supervisione del docente di fisica, dovevano creare delle schede utili alla catalogazione dell'intera collezione, con la meta finale della realizzazione di un sito internet che avrebbe contenuto tutte le schede illustrative degli antichi apparecchi. Mediante ricerche in rete e attraverso un'attenta consultazione di numerosi testi ottocenteschi di fisica, appartenenti alla scuola o consultabili in rete, gli studenti dovevano approfondire la conoscenza degli strumenti cercando di comprenderne l'uso. Le schede da realizzare dovevano contenere ed esplicitare le seguenti voci:
- nome dello strumento
- eventuale inventore
- data/periodo
- misure
- materiali
- eventuali scritte o firme
- numero di inventario
- descrizione
- disegni d’epoca dello strumento
La voce ‘descrizione’ era la più articolata in quanto si dovevano, come sopra scritto, consultare diverse fonti, cercando di ricostruire l'utilizzo dello strumento e il suo funzionamento, descrivendolo con attenzione nei dettagli, in modo che l’oggetto fosse intellegibile nella sua interezza. La descrizione andava poi accompagnata da opportune fotografie e da disegni d'epoca, tratti dai testi antichi, che ne documentavano l'utilizzo ottocentesco. Questa fase, cioè la consultazione di testi ottocenteschi di fisica, è risultata molto interessante e avvincente per gli studenti che si sono dovuti confrontare con una vera e propria ricerca bibliografica, scontrandosi anche con termini e locuzioni ormai desueti. Tra i molti testi studiati, sia italiani che francesi, vanno ricordati per importanza il testo di Daguin: Traite elementaire de physique, theorique et experimentale, del 1861, quello di Privat-Deschanel e Pichot: Trattato elementare di fisica, del 1879, e soprattutto il volume di Ganot: Trattato elementare di fisica sperimentale ed applicata e di meteorologia, del 1861. Quest’ultimo, essendo stato completamente digitalizzato nell’ambito del Progetto Manuzio, dell’associazione culturale Liber Liber, consentiva una rapida e proficua ricerca parola per parola, non possibile negli altri testi in possesso della scuola o scannerizzati pagina per pagina dalle biblioteche in cui si trovavano.
Escludendo gli anni 2020 e 2021, quando i lavori si sono fermati a causa della pandemia, il numero degli studenti e delle studentesse interessati e coinvolti nel progetto crebbe di anno in anno passando dai nove del 2017 ai quarantatré del 2023 e, negli anni, a coloro che si dedicavano all'elaborazione delle schede si aggiunsero studenti esperti in informatica per la costruzione di un apposito sito internet. Dal 2017 al 2023 circa un centinaio di studenti parteciparono al progetto e l’interesse per questo tipo di proposta si è visto nel fatto che molti parteciparono per più anni consecutivi, alcuni per l’intero ultimo triennio delle superiori. Sino al 2022, sempre sotto la supervisione di un docente, furono create circa 150 schede degli strumenti dell’iniziale inventario da cui era partita l’intera ricerca e proprio nel 2022, in vista del centenario del liceo, istituito, come prima indicato, nel 1923, si decise, con l'approvazione della dirigente, di realizzare un vero e proprio museo, investendo nella progettazione di opportune teche, dove gli strumenti più rappresentativi potessero essere esposti in maniera sicura e organizzata. I lavori di catalogazione e studio degli strumenti stavano continuando quando, nel gennaio del 2023, vennero installate le teche in legno. Ancora una volta con l’aiuto di studenti e studentesse, si procedette all’allestimento delle vetrine che coprivano e coprono tutt’ora l’intero corridoio nord del terzo piano della sede centrale del liceo Messedaglia. Decisa la disposizione degli strumenti, scelti tra i molti della collezione per rilevanza storica e stato di conservazione, si procedette alla stesura di specifiche didascalie, che dovevano fornire immediate e chiare informazioni riguardanti lo strumento davanti al quale sarebbero state poste. Si attuò così una sorta di riduzione e aggiustamento delle schede già scritte sugli strumenti, spesso lunghe e troppo ricche di dettagli, per riscriverle in un formato più opportuno che fornisse informazioni facilmente consultabili dal futuro visitatore del museo.
Il grande lavoro fatto dagli studenti fu rivisto e controllato da alcuni docenti: fu sistemato il sito definitivo della collezione, furono collocate le didascalie davanti alle teche, accompagnando l’allestimento con dieci grandi pannelli illustrativi, ripresi dalla mostra del 2003, e fu predisposto tutto per l’inaugurazione. Il museo degli strumenti antichi di fisica del liceo Messedaglia fu così inaugurato il 25 novembre 2023 e in contemporanea venne messo online il sito della collezione.
In conclusione della descrizione del progetto può essere utile ripercorre (Fig. 2) la sequenza delle operazioni effettuate sul singolo strumento, dal suo ritrovamento alla sua esposizione; così da esplicitare agevolmente e linearmente il percorso seguito nella costituzione del museo.
Il museo
Entriamo ora nel dettaglio delle caratteristiche del museo.
L’esposizione raccoglie 117 strumenti antichi di fisica (Fig. 3) sistemati in cinque teche alte circa 1,7 m, per una lunghezza complessiva di 17 m. Gli apparecchi, scelti fra i quasi duecento dell’intera collezione, sono quelli più significativi e meglio conservati; sono disposti per area tematica dai meccanismi didattici, passando poi alla meccanica e alla termologia per arrivare all’acustica e all’ottica, terminando con l’elettromagnetismo. Solo una macchina di Atwood, di fine Ottocento, alta oltre due metri, rimane comprensibilmente fuori, poco distante dalla prima teca. Ogni teca è divisa in quattro o cinque sezioni o armadi dove gli strumenti sono distribuiti sopra uno o più ripiani di appoggio. Senza entrare nel dettaglio di tutti gli strumenti contenuti nelle teche è utile, per capire l’entità e la varietà della raccolta, fornire una panoramica delle singole teche.
La prima teca (Fig. 4) contiene una raccolta di meccanismi didattici acquistati nel 1868, atti a riprodurre alcune delle più note trasmissioni di movimento come quella da moto rotazionale a moto traslatorio. Oltre a diverse trasmissioni rototraslatorie, sono presenti, ad esempio, un giunto cardanico, una vite senza fine, due demoltiplicatori di velocità, una biella e un sistema che illustra le varie forme di camma. L’ultimo armadio della teca apre la parte della meccanica con due strumenti che vogliono riprodurre alcuni moti celesti: un apparato per illustrare la forza centrifuga presente nelle prime fasi della formazione della Terra e un tellurio che illustra i moti del sistema Sole, Terra e Luna.
La seconda teca propone numerosi strumenti di meccanica tra cui un tubo di Newton, un apparecchio per lo studio degli urti e un apparato per confrontare le oscillazioni di diversi pendoli; poi, ancora, due dinamometri del 1868, tra i quali un misuratore di forza delle reni, alcuni paradossi meccanici e un metro campione realizzato dalle Officine Galileo di Firenze. In questa teca sono inoltre presenti alcuni strumenti di idrostatica come una bilancia per studiare la spinta di Archimede, un apparato, a mercurio, per riprodurre il principio di Pascal, un barografo e alcuni barometri: da quello di Torricelli a quello di Fortin. L’ultimo armadio della teca contiene la prima parte degli strumenti di termologia tra cui si possono ricordare: un igrometro a capello, alcuni bollitori di Franklin, le storte di fontana e due modellini didattici di macchina a vapore, tutti risalenti alla seconda metà dell’Ottocento.
La terza teca (Fig. 5) conclude la parte di termologia con due grandi specchi parabolici del diametro di circa 50 cm, che consentono la trasmissione del calore a distanza, un crioforo di Wollaston e due radiometri di Crookes. Si apre poi la parte di acustica contenente strumenti come l’apparecchio per le figure di Chladni, completo di archetto per far risuonare tre superfici metalliche, un sonometro, una soffiera del 1874, alcune sirene, tra cui quella di Cagniard de La Tour, e un risuonatore di König, per analizzare le frequenze di un suono attraverso una trasduzione sonoro-visiva.
La quarta teca contiene molti strumenti di ottica comprese due lanterne magiche, una delle quali in perfette condizioni, e alcuni spettroscopi. In questa parte del museo si trovano inoltre: un microscopio solare, un disco di Newton, una macchina fotografica stereoscopica e diversi apparecchi dotati di particolari prismi per studiare alcuni fenomeni ottici come l’acromatismo e la ricombinazione dei colori. L’intera sezione di ottica, della quale citiamo ancora un banco ottico con cavalieri e un fotometro di Bunsen, consta di strumenti della seconda metà dell’Ottocento molti dei quali acquistati negli anni Settanta del XIX secolo. Le due ultime vetrine della teca sono dedicate all’elettromagnetismo; sono qui riposti: una bilancia di Coulomb, diversi elettroscopi e galvanometri, un uovo elettrico, per lo studio delle scariche, e un quadro di Franklin, cioè un antico condensatore.
Nell’ultima teca, la quinta, viene completata l’esposizione degli strumenti legati all’elettromagnetismo. Trovano qui collocazione la macchina generatrice di corrente di Clarke e la macchina generatrice di tensione di Wimshurst, capace di produrre una differenza di potenziale di 400.000 volt, diversi amperometri e voltmetri antichi, due ponti di Wheatstone e alcune pile, tra le quali una riproduzione ottocentesca della pila di Volta. Fra gli altri, spiccano in questa teca una bussola delle tangenti, un telegrafo Morse, acquistato nel 1870, alcuni tubi di Crookes per lo studio dei raggi catodici e una macchina di Röntgen per la produzione dei raggi X.
Davanti ad ogni armadio di ogni teca è posta, come accennato in precedenza, una didascalia che riassume i dati più significativi di tutti gli strumenti in essa contenuti come nome e periodo di datazione, accompagnati da una semplice descrizione dello scopo e del funzionamento dell’apparecchio. In numero di ventitré, tali spiegazioni illustrative sono poste sulla balaustra di sicurezza che non consente di avvicinarsi troppo alla collezione e le singole descrizioni risultano immediatamente associabili a un preciso strumento mediante una chiara numerazione.
A completare il tutto, di fronte alle teche, su un muro di pari lunghezza, sono stati posti, come descritto sopra, dieci pannelli illustrativi, utilizzati per la mostra degli strumenti del 2003. Tali pannelli descrivono, solamente, circa un terzo degli strumenti ora esposti ma rafforzano in maniera molto efficace quanto scritto nelle didascalie; essi, infatti, contenendo citazioni, illustrazioni antiche e approfondimenti, impreziosiscono l’esposizione.
Parte integrante del museo è, infine, il sito internet ad esso dedicato, realizzato da studenti e studentesse, nel contesto del progetto, al quale si può accedere dalla homepage del sito del liceo Messedaglia. Il sito non è il semplice elenco degli strumenti esposti nel museo ma contiene le schede di molti altri apparecchi in possesso dell’istituto, che non hanno trovato spazio nell’esposizione in quanto troppo rovinati, incompleti o in duplice copia. Inoltre il sito è arricchito da diverse sezioni fra le quali: ‘storia della collezione’, ‘progetto’, ‘elenco strumenti’ e ‘bibliografia’ che illustrano agli interessati: la collezione nel suo complesso, l’idea che ha portato alla realizzazione del museo e i metodi usati nella ricerca. Nell’apposita sezione ‘visita’, viene inoltre precisata la modalità di visita per i privati e per le scolaresche. Il museo, infatti, su prenotazione e gratuitamente, può essere visitato da tutti al seguito di un docente guida che illustrerà alcuni degli apparecchi più significativi. Un ulteriore contributo al sito lo dà, infine, la sezione ‘galleria’, dove, grazie a numerose foto, possono essere viste le teche, le singole vetrine delle teche, con tutti gli strumenti, e tutte le didascalie illustrative, prima menzionate.
Approfondimento su alcuni strumenti
Lo sviluppo del progetto ha consentito a studenti e docenti di confrontarsi con innumerevoli strumenti che venivano utilizzati a scopo didattico centocinquanta anni fa. Alcuni di questi sono molto attuali mentre di altri, nello sviluppo della storia del pensiero scientifico, si è via via perso e quasi dimenticato non solo l’utilizzo, ma, più profondamente, anche il senso per cui sono stati costruiti. Tuttavia anche quelli più anacronistici, e forse soprattutto loro, una volta riscoperti, non lasciano indifferenti e spingono l’osservatore ad una attenta riflessione, per comprendere quale doveva essere la loro funzione e soprattutto quale era l’intenzione didattica profonda che ne stava alla base e che ha messo in moto abilissime maestranze per realizzare un determinato apparecchio, che doveva illuminare le giovani menti vissute decine di anni prima di noi.
Dopo l’illustrazione della storia della collezione degli strumenti del liceo ed esserci soffermati sul progetto che ha portato alla realizzazione del museo, sembra doveroso rivolgere l’attenzione sui soggetti di tutto questo lavoro e cioè sugli strumenti. Non potendo in questa sede dilungarci sulle decine degli interessantissimi pezzi, si è scelto di presentare qui di seguito tre apparecchi: uno che va a studiare la meccanica celeste: il tellurio; uno che prova a trovare una sinergia fra l’acustica e l’ottica: il risuonatore di König e uno che esplicita le potenzialità dell’elettromagnetismo: la macchina magnetoelettrica di Clarke.
Fra i primi strumenti della sezione riguardante la meccanica, troviamo un apparecchio che serviva per simulare i moti della Terra e della Luna: il tellurio (Fig. 6). Risalente alla seconda metà del XIX secolo, lo strumento è costituito da un disco di metallo collocato su una robusta base, dalla base parte un lungo braccio orizzontale, anch’esso metallico, che termina con un’altra base, più piccola, sempre metallica sulla quale può essere incastrato un altro piccolo braccio, a forma di U, perpendicolare al primo e terminante con una sfera. Ponendo una candela sopra la prima base, questa rappresentava il Sole, mentre l’estremità del primo braccio rappresentava la Terra e la sfera la Luna. Opportunamente agganciati i componenti, ruotando la leva con pomello collegata alla base principale, si osserva il braccio orizzontale che comincia a ruotare e la piccola sfera che contemporaneamente compie delle orbite attorno all’estremità del braccio stesso. Ancora oggi funzionante, lo strumento fu acquistato per 100 Lire dal Ginnasio Comunale di Verona, a fine Ottocento, per poi entrare a far parte della collezione del liceo Messedaglia [Troiani, Bernardi, 2003, p. 31]. Il modello di Terra, che doveva essere posto al termine del braccio meccanico orizzontale, è andato perduto, ma si è conservata la superficie curva riflettente di ottone che consentiva di concentrare i raggi della candela sul sistema Terra-Luna. È interessante notare che sulla base su cui si poggiava la candela è possibile ancora osservare due corone circolari concentriche con sopra scritte le costellazioni zodiacali e i mesi dell’anno: indicazioni che contribuiscono a ricostruire la collocazione dei tre corpi celesti nei diversi periodi dell’anno.
Fig. 6 - Tellurio.
Al termine della teca centrale del museo, quella di acustica, si trova uno dei più pesanti strumenti della collezione: il risuonatore di König. L’apparecchio, proveniente da Parigi, fu acquistato nell’aprile del 1890 al prezzo di 600 Lire e si proponeva di effettuare una sorta di trasduzione acustico-ottica tra segnali sonori e piccole fiamme generate da bruciatori alimentati a gas. Il dispositivo originale fu ideato e realizzato negli anni sessanta dell’Ottocento dal fisico tedesco Rudolf König, utilizzando 14 risuonatori di Helmholtz ed è, sostanzialmente, un analizzatore armonico. Su un telaio di ghisa sono inseriti i risuonatori cilindrici di diverse dimensioni, ciascuno con una frequenza di risonanza caratteristica, corrispondente alle note musicali. A lato dei risuonatori si trova una camera in cui può arrivare, attraverso un tubo, il gas di accensione. Tale camera è dotata di otto ugelli che portano il gas, mediante altri tubi, a tutti i risuonatori. Il collegamento a ciascun risuonatore termina con una capsula monometrica a pressione che, mediante un bruciatore, regola una fiamma alimentata dal gas. Quando viene prodotto un suono di frequenza compresa nell’intervallo di costruzione, uno o più cilindri entrano in risonanza facendo vibrare la fiamma corrispondente. Osservando quali fiamme vibravano, si poteva così risalire alle frequenze che costituivano il suono, analizzandone le componenti. Uno specchio a quattro facce, che poteva ruotare intorno ad un asse parallelo alla retta congiungente gli ugelli, consentiva di riflettere opportunamente l’immagine delle fiamme, permettendo di distinguere quali fiamme erano influenzate dal suono che si stava studiando. Considerando inoltre che l’altezza della fiamma era proporzionale all’intensità del suono König si proponeva di analizzare la voce umana, in quanto ogni voce avrebbe restituito un diverso spettro sonoro e quindi un insieme di corrispondenti fiamme. Come scrive Ganot, nell’edizione del 1870 del suo manuale di fisica: «il signor König ha immaginato un apparato notevole, in cui» […] «i suoni diventano visibili e possono essere mostrati ad un vasto pubblico» [Ganot, 1870, p. 240 in traduzione].
In conclusione di questa breve carrellata di strumenti, nella teca di elettromagnetismo, l’ultima del museo, si trova un imponente dispositivo: la macchina elettromagnetica di Clarke, proveniente da Monaco di Baviera, il cui acquisto, per 428 Lire, è datato 4 agosto 1870. Successivamente alla scoperta dell’induzione fatta da Faraday nel 1831, si moltiplicarono quasi immediatamente le proposte di macchine elettromagnetiche, per convertire energia meccanica in energia elettrica. Una delle prime macchine fu costruita dal francese Hippolyte Pixii nel 1833 e riproduceva il fenomeno dell’induzione facendo ruotare un magnete e mantenendo fisse delle bobine. Pochi mesi dopo, lo statunitense Joseph Saxton e successivamente l’irlandese E. M. Clarke migliorarono questo primo dispositivo rendendo fisso il magnete e facendo ruotare le più leggere bobine. L’apparato così modificato prese il nome di macchina di Clarke, ispirandosi agli apparecchi che, negli anni trenta dell’Ottocento, l’inventore irlandese costruì a Londra[Privat-Deschanel, Pichot, 1879]. Lo strumento è costituito da un fascio di magneti a ferro di cavallo fissato su un tavola di legno verticale; davanti al fascio un’elettrocalamita può muoversi attorno ad un asse orizzontale. L’elettrocalamita è costituita da due rocchetti di filo di rame ricoperto di seta collegati mediante due piastre fissate ad un asse. Tale asse ad un’estremità termina in un commutatore e all’altra estremità si aggancia ad una puleggia alla quale si può trasmettere il movimento attraverso una grande ruota mossa da una manovella. Si possono così produrre correnti unidirezionali e «si fanno produrre alle correnti di induzione tutti gli effetti delle correnti voltiane» [Ganot, 1861, p. 474].
Troviamo preziose informazioni sull’apparato ad uso scolastico nel Trattato elementare di fisica, del 1879 di Privat-Deschanel e Pichot: «Colla macchina di Clarke si può decomporre l’acqua, arroventare un filo metallico, animare un elettromagnete, ecc. Però, colle dimensioni che queste macchine hanno ordinariamente nei modelli che si vedono nei gabinetti di fisica, gli effetti ottenuti sono di intensità assai mediocre, ed hanno un carattere puramente dimostrativo» [Privat-Deschanel, 1879, p. 575]. Costruendo macchine di Clarke di grandi dimensioni e imprimendo loro un rapido moto di rotazione, come propose Francis Nollet, pronipote del più famoso abate Jean Antoine Nollet autore delle settecentesche “Leçons de physique”, si ottenevano effetti molto più intensi in grado di fornire corrente elettrica ai fari del porto di Le Havre, nella seconda metà dell’Ottocento [Privat-Deschanel, Pichot, 1879, p. 575].
Futuri sviluppi
Completata la realizzazione del museo è e sarà di fondamentale importanza che esso non venga lasciato come semplice arredo scolastico, ma continui a rimanere vivo e vivace. Per svolgere la sua funzione di arricchimento scientifico e culturale per studenti, docenti, collaboratori scolastici ed esterni è necessario, anzi doveroso, che sia costantemente valorizzato e attenzionato. Il rischio, infatti, una volta ultimato il lavoro e fatta l’inaugurazione è che, dopo le prime visite, si esaurisca l’effetto novità e che il tutto si trasformi in una bella vetrina sì ma a sé stante, accanto alla quale si passa con indifferenza. Sicuramente è stato fatto un passo in avanti rispetto al passato quando, come scritto nella parte che illustrava la storia della collezione, gli strumenti erano conservati in una stanza antistante all’aula di fisica, neppure visibili da chi studiava, non bisogna però fermarsi alla mera e semplice esposizione. A tale scopo, con diverse iniziative, va tenuta viva l’attenzione sulla collezione con l’aiuto degli studenti, ma non limitandosi solo ad essi. Il primo passo è stato e sarà anche nei prossimi anni quello di promuovere le visite delle classi del liceo, dalla prima alla quinta, ponendo attenzione al fatto che nessuna classe termini il quinquennio di studi senza aver avuto la possibilità di confrontarsi con la collezione. In riferimento proprio al fatto che tutte le principali aree della fisica sono rappresentate nella collezione, con numerosi apparati, sarebbe possibile strutturare percorsi specifici sulla meccanica, sull’acustica o sull’elettromagnetismo, indirizzati agli specifici anni scolastici in cui si studia un certo argomento; focalizzando singole lezioni o moduli didattici su un’area specifica, o addirittura su una sotto area della fisica, se si pensa, ad esempio, ai diversi spettroscopi che si trovano nella sezione di ottica. In particolare, si potrebbe pensare a specifici laboratori didattico-storici per ognuno dei cinque anni liceali, ora approfondendo questo, ora approfondendo quest’altro settore della fisica. Potrebbe essere valutata anche l’opportunità di rimettere totalmente o parzialmente in funzione alcuni degli strumenti, quando le condizioni conservative lo consentano.
Oltre all’aspetto scientifico e storico del patrimonio del liceo non si dovrebbe, poi, dimenticare il suo valore civico. Proprio ora che nella scuola l’educazione civica sta assumendo un valore sempre più rilevante, essendo diventata materia con un certo monte ore di lezioni e voti da attribuire, non può sfuggire l’occasione di una costante e continua valorizzazione della ricca collezione di apparati del liceo. Agli studenti, alle studentesse e non solo a loro deve risultare evidente l’importanza della salvaguardia e della tutela delle ricchezze culturali del territorio; beni che vanno protetti, curati e tutelati in modo tale che non vengano trascurati e possano arrivare quanto più conservati possibile agli studenti futuri. Basta semplicemente ricordare l’articolo 9 della Costituzione che, promuovendo la ricerca scientifica e tecnica e tutelando il patrimonio storico, sembra esplicitamente richiamare l’attenzione su strutture museali scolastiche simili a quella appena descritta. Numerose potrebbero essere quindi le iniziative, in seno all’educazione civica, atte a promuovere la storica raccolta. Come esempio di attività si può ricordare una consegna assegnata, nell’anno scolastico 2023-2024, ad una classe quinta del liceo. Successivamente ad una visita guidata al museo e ad una loro piccola ricerca personale fatta a gruppi su uno strumento della collezione che li aveva colpiti, gli studenti dovevano produrre una brochure del museo che in poche ma accattivanti frasi doveva essere di stimolo alla visita, il tutto accompagnato da immagini e informazioni utili, proprio come si fa con un vero museo. Il risultato è stato a dir poco pregevole e svelava quanto gli studenti avessero cercato di mettere insieme l’aspetto storico, scientifico e culturale in un piccolo ed efficace prodotto. Una delle brochure, con qualche piccolo aggiustamento, sarà utilizzata proprio per promuovere la collezione al pubblico.
In ogni caso il vero e proprio Progetto Museo di Fisica non si è esaurito con l’inaugurazione degli spazi espositivi ma prosegue cercando di coinvolgere ancora numerosi studenti nella ricerca storica delle fonti, per migliorare e particolareggiare ancora di più la nostra conoscenza degli strumenti esposti inquadrando, nel contempo, tale conoscenza in una visione sempre più approfondita della storia della fisica. Inoltre è in progettazione una nuova attività che porterà studenti e studentesse ancora più a diretto contatto con la dotazione storica del liceo. Questa attività consiste nell’organizzazione di un corso di preparazione per diventare guide del museo, indirizzato a ragazzi e ragazze di seconda e di terza superiore. Si spera così, in prospettiva, che gli studenti formati a loro volta formino i più giovani in una sorta di circolo virtuoso di studenti e studentesse guide che passino il testimone ad altri, in modo che un gran numero di ragazze e ragazzi possano cimentarsi in un’esperienza di trasmissione di conoscenze, passando dalla parte di chi spiega e illustra invece che restare sempre nella parte del discente.
Infine, saranno da potenziare e sviluppare i già presenti collegamenti con il territorio, nella fattispecie con la vicina Università di Verona e con il Comune di Verona. Con la prima istituzione si è già collaborato per l’inaugurazione del museo e per la partecipazione di una classe dell’istituto al Progetto Comunicare la scienza, comunicare con la storia della scienza in cui gli studenti sono stati incoraggiati proprio a lavorare sugli strumenti del museo, creando particolari e accattivanti didascalie degli strumenti esposti. Nello specifico, sarebbe importante comunicare e interfacciarsi sia con dipartimenti di facoltà umanistiche che con dipartimenti di facoltà scientifiche. Per quanto riguarda il collegamento con il Comune di Verona, le autorità, sia durante l’inaugurazione sia in visita alla collezione, hanno mostrato interesse e disponibilità nell’inserire il museo nei percorsi di visita della città, così da rendere più visibile alla cittadinanza e ai turisti la preziosa collezione esposta gratuitamente dal liceo Messedaglia. Inserendo la collezione nel circuito dei luoghi di visita della città scaligera, questa realtà scolastica potrebbe ulteriormente aprirsi ad un vero e proprio turismo scientifico.
Conclusioni
Il lungo progetto, dal recupero degli strumenti alla realizzazione di un completo museo scolastico accompagnato da un sito illustrativo, ha richiesto un notevole impegno da parte di docenti e studenti. L’affrontare svariate difficoltà logistiche e di progettazione, nonché un vero e proprio arresto durante la pandemia, non ha scoraggiato i partecipanti all’attività che, con passione, hanno raggiunto l’obiettivo: il museo ora può essere visitato e apprezzato e gli innumerevoli strumenti di fisica in esso contenuti non si sono persi negli oscuri meandri del tempo, rotti o abbandonati, ma hanno trovato una seconda vita, meno laboratoriale di quella per cui erano stati creati centocinquanta anni fa, ma ugualmente significativa. Tutti i protagonisti della realizzazione del progetto sono cresciuti: studenti e docenti sviluppando capacità e professionalità e la stessa struttura scolastica dotandosi di una preziosa e prestigiosa sezione. Soffermiamoci su questi protagonisti, ad uno ad uno.
Gli studenti e le studentesse, che ricordiamo, si sono avvicinati al progetto per libera scelta, non coinvolti per gruppo classe ma per interesse del singolo, si sono confrontati con una attività diversa dalle consuete proposte scolastiche, un progetto che li metteva direttamente alla prova, facendo loro riscoprire oggetti quasi dimenticati. Le molte conoscenze in gioco: scientifiche, storiche e culturali hanno sviluppato in loro un senso di interdisciplinarità, che troppo spesso rimane irrealizzato nella scuola italiana, dove ancora le discipline procedono per comparti stagni. Questa interdisciplinarietà ha consentito agli studenti di aprirsi ad una concezione meno rigida del sapere nella quale le conoscenze umanistiche e scientifiche sono intimamente connesse. Entrando nel dettaglio della principale attività affidata ai ragazzi e cioè quella di scrivere le schede degli apparati: curiosità, attenzione e capacità di rielaborare e sintetizzare erano tutte attivate nella stesura delle schede storiche degli strumenti. Il confronto e lo studio delle fonti, distinguendo quelle più attendibili da quelle più superficiali, è una capacità tutt’altro che immediata che si sviluppa nel corso del tempo. I partecipanti al progetto si sono così relazionati con un mondo che all’Università e anche successivamente a questa, potrebbe essere il loro. Oltre a questo aspetto orientativo, studenti e studentesse, sono stati coinvolti in quasi tutte le fasi del progetto, responsabilizzandosi, lavorando in gruppo e prendendo decisioni, tutti fattori questi che hanno contribuito notevolmente alla riuscita del progetto e sono serviti a loro per sviluppare e migliorare capacità critica e capacità organizzativa, spendibili nel prosieguo della loro carriera studentesca e lavorativa.
I docenti coinvolti, afferenti a discipline sia scientifiche che umanistiche, si sono confrontati con una attività di ricerca bibliografica continua e con l’organizzazione di tutte le fasi del progetto, coordinando il lavoro dei ragazzi in una realizzazione del tutto nuova anche per loro, come l’allestimento di un museo. Per i docenti è stato un mettersi in gioco costante, sia per trovare le soluzioni più adatte ai problemi che emergevano di volta in volta, sia per superare le difficoltà che gli studenti evidenziavano nel corso dello svolgimento dei loro compiti. I professori possono e dovrebbero essere invitati a spingersi al di là della semplice didattica svolta in classe sperimentando che, usufruendo in maniera opportuna delle risorse presenti nella loro scuola, si possono creare attività e progetti coinvolgenti per chi studia e riqualificanti per le istituzioni scolastiche. Viene così accresciuta la professionalità docente che matura e si potenzia per poi portare anche in classe quanto appreso nella gestione di attività complesse e articolate come quella descritta.
Da non sottovalutare è, poi, il beneficio diretto che ha tratto l’istituzione scolastica interessata. Il liceo scientifico Messedaglia dotandosi di una collezione museale stabile e permanente si colloca fra i pochi licei veneti che, al loro interno, ospitano un sito storico scientifico visitabile da scolaresche e privati. Ciò allarga la prospettiva del liceo da semplice scuola a luogo di studio, di ricerca e di cultura, che non solo ha delle potenzialità maggiori nell’attrarre nuovi studenti ma può aprirsi e diventare stimolo culturale per l’intera cittadinanza di Verona e per i suoi molti visitatori.
In conclusione si può sostenere, con cognizione di causa, che gli anni di paziente lavoro di studenti, docenti, collaboratori scolastici e dirigenza hanno portato ad un notevole e tangibile risultato, mantenendo sempre al centro del progetto gli aspetti didattici, civici e culturali, imprescindibili per chi vive la scuola quotidianamente. Lavorando attentamente sul recupero del passato si è realizzata una galleria di strumenti che ha entusiasmato chi studia nel presente e sarà fruibile da chi studierà nel futuro.