N.2 2024 - Scientia | Dicembre 2024

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Leonardo Garzoni (Venezia, 1543 – Venezia, 1592)

Monica Ugaglia

monica.ugaglia@gmail.com

Received 05/08/2024 | Accepted 12/08/2024 | Published online 13/12/2024

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Il gesuita Leonardo Garzoni è entrato a pieno titolo nella storia della scienza solo di recente, quando una copia del manoscritto sul magnetismo di cui si vociferava fosse autore [Possevino, 1593, XII. 103]; [Possevino, 1599, III.XIII, 107]; [Possevino, 1599, III.XXXII, 163]; [Cabeo, 1629, Praefatio ad lectorem], ma di cui non restava apparentemente traccia, è stata rinvenuta in un codice miscellaneo appartenuto a Giovan Battista Pinelli e conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano [Garzoni, Biblioteca Ambrosiana, cc. 1r-80v]; [Baldini, 1992]; [Ugaglia, 2005]. Alla copia di Milano, incompleta e contenente un testo databile agli anni intorno al 1580, si aggiunge ora un ulteriore manoscritto, rinvenuto a Madrid il cui contenuto è riconducibile agli ultimi anni di vita del Garzoni [Garzoni, Biblioteca Nacional]; [Sander, 2016]. Questa versione, completa e corretta, costituisce probabilmente la versione rivista e pronta per la stampa dei Due trattati sopra la natura, e le qualità della calamita.

Sulla base dei manoscritti ritrovati e delle molteplici testimonianze è stato possibile ricostruire con buona precisione le vicende relative all’opera di Garzoni, che si configura come il primo esempio noto di trattazione scientifica dei fenomeni magnetici.

Molto meno chiara risulta invece la situazione per quel che concerne l’autore, la cui vicenda biografica è stato possibile ricostruire solo in maniera frammentaria. Le uniche informazioni dirette al momento disponibili riguardanti la vita di Leonardo Garzoni sono infatti le poche notizie contenute nei documenti di provenienza gesuitica conservati nell’Archivum Romanum Societatis Iesu (ARSI) e nella Biblioteca Nazionale di Roma, cui si aggiunge una genealogia della famiglia Garzoni consultabile presso l’archivio della Fondazione Querini Stampalia di Venezia [Zabarella, 1670]. Secondo quanto qui riportato, il Garzoni nacque a Venezia nel 1543 da famiglia nobile ed intraprese gli studi di filosofia prima del 1565. Nel 1566 si unì in matrimonio con Camilla Sorian, che morì però ben presto senza dargli figli [Zabarella, 1670, c. 28r]. Dopo la morte della moglie, Garzoni si unì ad una congregazione di sacerdoti vicina al collegio gesuitico di Brescia, i cui membri si sa che entrarono nella Compagnia di Gesù tra il 1567 e il 1568. Si sa inoltre che Garzoni è stato lettore di logica nel collegio di Padova nel 1568 e sempre a Padova, sei anni dopo, stava frequentando il 3° anno del corso di Teologia. Il 9 giugno del 1579 professò i 4 voti a Brescia e in quello stesso anno risulta residente nella casa professa di Venezia, dove divenne confessore e consultore del preposito e del provinciale. Nel 1588 compì un viaggio a Verona, in veste di segretario di un cardinale, ma dopo un breve soggiorno veronese tornò a Venezia, dove morì il 10 marzo 1592.

Purtroppo, quasi tutti i cataloghi della provincia veneziana della Compagnia di Gesù relativi agli anni prima del 1590 sono andati perduti. Allo stesso modo, non sono sopravvissuti appunti delle lezioni tenute nei Collegi in quegli anni, ed è quindi impossibile ricostruire la carriera didattica di Garzoni, durante la quale potrebbe aver composto il trattato. Tuttavia, gli impegni che negli ultimi anni della sua vita lo allontanarono da Venezia e dai suoi studi, insieme al curriculum solitamente seguito dagli autori gesuiti, suggeriscono gli anni intorno al 1580 come i più probabili per la composizione. Le indicazioni incluse nel trattato stesso sono coerenti con questa data, che viene confermata anche dall’analisi delle copie manoscritte a oggi rinvenute.

Come accennato, i Due trattati sopra la natura, e le qualità della calamita di Leonardo Garzoni rappresentano il primo esempio noto di trattazione scientifica dei fenomeni magnetici: mai pubblicati, essi ebbero tuttavia un’ampia diffusione in forma manoscritta e fornirono materiale per opere ben più note, in ambiente gesuitico ma non solo. In particolare, la Philosophia Magnetica del gesuita Niccolò Cabeo, pubblicata nel 1629, si è rivelata nella sostanza un semplice riadattamento dei Trattati del Garzoni (autore peraltro ampiamente citato dal confratello e da questi definito un esperto di magnetismo). Se però nel 1629 il materiale contenuto nella Philosophia Magnetica, e dunque indirettamente nei Trattati, risultava ormai in massima parte noto, e perciò poco originale, per quanto ricco di spunti interessanti, diversa è la questione una volta che si retrodati questo stesso materiale di quasi 50 anni, quando le teorie furono proposte per la prima volta da Garzoni.

Tra la composizione dei Trattati e l’apparizione della Philosophia Magnetica si colloca infatti la pubblicazione del De Magnete di William Gilbert, che vede le stampe nel 1600 ed è considerato l’atto di nascita della scienza del magnetismo: è nel De Magnete che per la prima volta le osservazioni sparse sul magnetismo disponibili all’epoca vengono passate al vaglio, riunite in un trattato, riorganizzate, abbondantemente integrate e supportate da una solida struttura teorica. È nel De Magnete che per la prima volta si può riconoscere l’applicazione al magnetismo del metodo sperimentale. Questo almeno finché non si prendano in considerazione i Trattati di Garzoni. Una volta dimostrato [Ugaglia, 2005]; [Ugaglia, 2006] che l’opera di Gilbert ha pesanti debiti nei confronti di Garzoni, non solo per quel che riguarda i materiali, ma anche e soprattutto per quel che concerne il metodo, appare necessario rivedere le appena citate questioni di priorità, retrodatare la nascita del magnetismo di una ventina d’anni e attribuirne, almeno in parte, la paternità a Leonardo Garzoni.

Non che la dipendenza del De Magnete da opere precedenti fosse un fatto nuovo: Gilbert stesso riconosce i suoi debiti nei confronti di vari autori, più o meno noti, senza però mai fare il nome di Leonardo Garzoni. Fa invece il nome di Paolo Sarpi, e ne elogia l’ampio e approfondito trattato sulla calamita, mai dato alle stampe ma a quanto pare piuttosto conosciuto nell’ambiente [Griselini, 1760]. In particolare, questo ipotetico trattato doveva essere noto a Giovanni Battista Della Porta, che nel proemio alla Magia naturalis (1598) cita e loda Sarpi come grande esperto di magnetismo. Omette il fatto che il suo stesso trattato altro non sarebbe se non un plagio ai danni di quest’ultimo, come arriva invece ad affermare Gilbert.

Di plagio parlano anche gli scienziati gesuiti Niccolò Cabeo [Cabeo, 1629, Praefatio ad lectorem] e Niccolò Zucchi [Zucchi, BNCR, cc. 62v-63r], sostenendo anch’essi l’esistenza di un trattato sulla calamita, composto prima della Magia naturalis e mai dato alle stampe, ma ben noto a Della Porta (e ad altri). Essi non attribuiscono però il trattato al servita Paolo Sarpi, bensì al gesuita Leonardo Garzoni. Sulla base delle indicazioni dei testimoni qui citati, lo storico Timoteo Bertelli congetturava, in margine a uno dei suoi fondamentali studi sul magnetismo [Bertelli, 1868a]; [Bertelli, 1868b], un passaggio di informazioni da Garzoni a Della Porta e Gilbert, mediato da Sarpi. La mancanza dei documenti cruciali (le ultime indicazioni relative allo scritto di Sarpi risalgono al 1760, mentre del trattato di Garzoni non si avevano notizie dal XVII secolo) costrinsero tuttavia lo storico a una posizione di estrema cautela e relegarono la figura di Garzoni a una posizione di secondo piano nella storia del magnetismo.

Ora che l’opera di Garzoni è di nuovo accessibile, è stato possibile confermare l’ipotesi di Bertelli e ricostruire l’effettivo processo di diffusione delle idee, che va dai Trattati di Garzoni al De Magnete di Gilbert, attraverso la mediazione di Sarpi e Della Porta [Ugaglia, 2005, p. 49-79, 319-323]. Il percorso, inizialmente ipotizzato sulla base del confronto tra il solo manoscritto Ambrosiano e i testi a stampa, è stato confermato e arricchito di nuovi dettagli [Sander, 2016] sulla base del confronto con tre ulteriori manoscritti. Ne risulta che intorno al 1580 il gesuita Leonardo Garzoni compone un trattato sul magnetismo, una copia del quale, incompleta, è conservata tuttora nella biblioteca Ambrosiana di Milano. Tra il 1580 e il 1592, data della sua morte, Garzoni appronta una versione del trattato sostanzialmente pronta da dare alle stampe: una copia di questa versione definitiva è conservata a Madrid. Di fatto il progetto di stampa fallisce ma il manoscritto ha ampia diffusione, presumibilmente in forma anonima, e solleva in particolare l’interesse di Paolo Sarpi, che ne copia alcune parti, probabilmente apporta qualche modifica e fa circolare il lavoro, che arriva in tal modo a Della Porta e Gilbert. Ulteriormente lievemente modificato, il manoscritto appartenuto a Della Porta verrà in seguito copiato nell’Accademia dei Lincei. Questa copia, o una copia da essa derivata, è attualmente consultabile a Montpellier[xii].

L’opera di Garzoni è divisa in due distinti trattati. Il primo trattato, costituito da diciassette capitoli, contiene la teoria del magnetismo come elaborata dall’autore sulla base degli scarsi, e scarsamente affidabili, tentativi precedenti. Il secondo trattato, diviso a sua volta in due sezioni, contiene la descrizione di un centinaio di esperimenti, in massima parte originali.

Nel primo trattato, dopo alcune brevi osservazioni sul ruolo cruciale degli esperimenti in un’indagine scientifica, Garzoni delinea gli obiettivi e i contenuti dell’opera: lo scopo è spiegare i due principali effetti magnetici mostrati dalla calamita, cioè il moto di rotazione per mezzo del quale la calamita si volge ai Poli e il moto di rotazione e traslazione per mezzo del quale interagisce con altre calamite, o con il ferro. Infatti, afferma Garzoni, la causa di ogni effetto magnetico può essere compresa una volta che si comprenda il principio comune dei due movimenti. Il principio viene quindi identificato con il motore interno, o forma della calamita, che per mezzo di un apposito strumento, denominato da Garzoni «qualità delle due facce» o «verticità», dà origine a tutti i moti magnetici. La calamita possiede naturalmente questa qualità, mentre il ferro può acquisirla dalla pietra, diventando così magnetizzato. Il ferro possiede a sua volta per natura una qualità simile, o «qualità di una faccia», che lo predispone a ricevere la verticità da una calamita. Una volta magnetizzato, il ferro si comporta esattamente come una calamita.

Di particolare interesse sono i capitoli dedicati alla descrizione di come la verticità muova la calamita e come alteri i corpi circostanti, propagandosi virtualmente al di fuori della pietra, nella cosiddetta sfera di attività: come confermato dagli esperimenti contenuti nel secondo trattato, la verticità si «diffonde» attorno alla calamita secondo linee che escono da uno dei poli ed entrano nell’altro, come da due centri, circondando la pietra. In quanto puramente virtuale, la verticità non è visibile, e non risulta esperibile se non ponendo nei pressi della calamita dei piccoli magneti, aghi di ferro o limatura di ferro (quelle che noi definiremmo delle cariche di prova).

Anche interessante è il fatto che Garzoni, per spiegare la peculiare forma di esistenza della verticità, che è reale nella pietra e nel ferro, ma virtuale nel mezzo circostante, costruisca un’analogia con le diverse forme di esistenza della luce, come teorizzate nella tradizione medievale dei prospettivisti. Notevole, infine, la spiegazione della doppia natura della qualità magnetica, che noi definiremmo polarità, e il calcolo della posizione dei poli magnetici (celesti).

Nel secondo trattato, interamente dedicato alla verifica sperimentale della teoria enunciata, vengono invece discussi tutti i fenomeni magnetici noti. Si tratta di brevi osservazioni che vanno dal semplice dato dell’esperienza comune al resoconto dettagliato di sedute sperimentali, in non pochi casi corredati da precise rappresentazioni grafiche. Dopo le osservazioni classiche sul moto ai Poli e su quello di attrazione e repulsione tra calamite, vengono studiati il comportamento del ferro in presenza della calamita e le modalità di trasmissione della qualità delle due facce. Troviamo quindi una lunga serie di esperimenti dedicati alla trasmissione e alla diffusione della virtù magnetica all’interno della pietra, all’esterno di essa e all’interno del ferro, eseguiti magnetizzando corpi di forma e dimensioni differenti; in particolare, Garzoni sottopone a magnetizzazione la limatura di ferro e ne studia il comportamento. Osservando le rotazioni di un ago magnetico di dimensioni trascurabili spostato all’interno della sfera d’azione di una calamita, Garzoni determina infine direzione e verso della qualità delle due facce diffusa dalla pietra, mentre impiegando due aghi tra loro comparabili per dimensioni ne studia l’azione reciproca. Indaga quindi il comportamento del ferro non calamitato, la sua magnetizzazione e smagnetizzazione e confronta le modalità di operazione della qualità di una faccia (ferro) e di quella delle due facce (calamita).