Paolo Ruffini e le sue carte, tra archivio personale e ‘invented archive’
Sapienza Università di Roma; giovanni.paoloni@uniroma1.it
Si ringraziano Maria Franca Brigatti, Franca Cattelani Degani e Giorgio Montecchi per le informazioni e le idee condivise in occasione dei convegni tenuti a Modena e a Roma, e il personale della biblioteca per la disponibilità e l’assistenza nella consultazione dell’archivio Ruffini presso l’Accademia di scienze lettere e arti di Modena. Ovviamente la responsabilità di quanto qui scritto e di eventuali imprecisioni è solo dell’autore.
Abstract
L’archivio di Paolo Ruffini, conservato presso l’Accademia di scienze, lettere e arti di Modena, costituisce una fonte molto significativa non solo per la storia della Società Italiana delle Scienze, detta dei XL (oggi Accademia Nazionale delle Scienze, detta dei XL), ma anche per la storia della matematica, per la storia della medicina e per la storia del Ducato di Modena in un periodo complesso che va dall’età napoleonica alla Restaurazione. Conservato dalla famiglia, è stato utilizzato da Enea Bortolotti per i suoi lavori su Ruffini, poi donato all’Accademia in diversi versamenti. In termini archivistici costituisce un esempio di ‘invented archive’, nel quale su una base originaria si sono innestate manipolazioni della consistenza e dell’ordinamento determinate dall’uso.
English abstract
Paolo Ruffini's papers, currently preserved at the Accademia di scienze, lettere e arti of Modena, is a very significant archival source for the history of the Società Italiana delle Scienze, detta dei XL (presently Accademia Nazionale delle Scienze, detta dei XL), as well as for the history of mathematics, of medicine, and for the political and social history of the Duchy of Modena, from the Napoleonic age to the Restoration. Kept by the family, it was used by Enea Bortolotti for his works on Ruffini, then donated to the Academy through different instalments. In archival terms, it is an example of 'invented archive', in which manipulations of the consistency and order, determined by usage, have been grafted onto the original basis.
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Memoria storica e documentazione archivistica: il caso di Ruffini
Nel 2022 si è celebrato il secondo centenario della morte di Paolo Ruffini: matematico, medico, accademico e organizzatore culturale, la sua fama postuma è stata soggetta ad alti e bassi, ma i sodalizi di cui ha fatto parte, cioè l’Accademia di scienze lettere e arti di Modena, e la Società italiana delle scienze, oggi Accademia nazionale delle scienze, detta dei XL, non lo hanno mai dimenticato, e gli hanno dedicato due diverse iniziative, in luglio e in novembre. Si è trattato anche di un’occasione per valorizzare il suo lascito documentario, oggi custodito presso l’accademia modenese.
Benché la personalità scientifica e professionale di Ruffini sia piuttosto complessa e sfaccettata, alla sua figura si sono interessati soprattutto gli storici della matematica, e lo studio della sua biografia, nonché il recupero del suo archivio, sono particolarmente legati a tali studi di storia disciplinare. Le vicende dell’archivio, come non di rado accade, riflettono in larga misura le ricerche che lo hanno riguardato, e hanno avuto come protagonisti personalità del calibro di Ettore Bortolotti, Giovanni Battista Guccia, Giuseppe Favaro, Enrico Bompiani e Gustavo Barbensi. Fra i contemporanei va ricordato soprattutto Antonio Lombardi, al quale si deve già all’indomani della morte di Ruffini un fondamentale lavoro di raccolta di notizie biografiche e bibliografiche, non scevro talvolta da imprecisioni, e tuttavia solido punto di partenza per le ricerche successive.
In vita Ruffini aveva ricoperto incarichi istituzionali di rilievo, che pur limitati all’ambito territoriale della città di Modena e suoi dintorni, si erano più volte intersecati con le complicate vicende territoriali e politiche del periodo napoleonico dapprima, e della Restaurazione poi, e dunque testimonianze documentarie della sua attività sono rimaste negli archivi delle istituzioni in cui aveva operato. In questo senso, data l’ampiezza culturale e politica dei progetti dei regnanti estensi, la vicenda di Ruffini è di grande interesse non solo per la storia delle scienze e della medicina, ma più in generale per la storia del periodo pre-risorgimentale, e per la comprensione del clima culturale che lo caratterizzò. Personalità come Ruffini aiutano infatti ad allargare lo sguardo e ad avere una visione più ampia della formazione dell’identità italiana e della sua evoluzione nel progetto politico che caratterizzò la storia del Risorgimento.
Un’attenta ricognizione dei materiali documentari precedentemente menzionati è alla base del catalogo della corrispondenza curato da Francesco Barbieri e Franca Cattelani Degani [Barbieri - Cattelani Degani, 1997], la cui consultazione ‘trasporta’ lo studioso tra i fondi degli Archivi di Stato di Lucca, Milano e Modena, degli archivi storici comunali di Modena e Carpi, e di molte biblioteche, fra le quali la Biblioteca estense e universitaria di Modena, la Biblioteca comunale di Verona, e quella dell’Archiginnasio di Bologna. Altre corrispondenze di Ruffini (di natura sia istituzionale sia personale) si trovano ovviamente nei fondi storici di vari istituti e sodalizi accademici coi quali ebbe rapporti, in primis l’Accademia di scienze lettere e arti di Modena e l’Accademia nazionale delle scienze detta dei XL, nonché negli archivi personali di alcuni corrispondenti. Da ricordare anche il caso delle corrispondenze di Avogadro, che non era direttamente in contatto con Ruffini ma tuttavia era noto a quest’ultimo attraverso Francesco Carlini, Angelo De Cesaris, e soprattutto Giovanni Plana [Avogadro, 2016, p. 36-38, 44]; [Barbieri - Cattelani Degani, 1997, p. 341, lett. 1273, e p. 415, lett. 1576]; [Paoloni, 2023, p. 8].
Le vicende dell’archivio
Le carte personali di Ruffini, che erano presso di lui al momento della scomparsa, furono raccolte da uno dei fratelli, Luigi (1776-1849). La famiglia conservò l’archivio con cura: le ereditò l’ingegnere Stanislao Ruffini (1813-1877), figlio di Luigi, e poi i figli di Stanislao (un altro Luigi, che per chiarezza sarà d’ora in poi nominato come Luigi jr., e i suoi fratelli e sorelle). Luigi jr., pronipote di Paolo Ruffini e avvocato come il nonno omonimo, le mise a disposizione di Bortolotti, e successivamente comunicò di essere disponibile a cederle all’Accademia di scienze lettere e arti di Modena, perché fossero conservate e rese disponibili agli studiosi [Barbensi, 1956, p. 51]. L’archivio Ruffini come si presenta oggi, tuttavia, è stato arricchito nel corso del tempo anche da altre donazioni, di cui si dirà in seguito.
Bortolotti poté per la prima volta accedervi nel 1902, e ricordando come lo aveva visto lo descrive così:
[Le carte erano] da chissà quanto tempo, rinchiuse in una cassa, e, nonostante abbiano subito qualche manomissione, il loro disordine le ha in parte salvate, poiché gli autografi di valore non si potevano, senza un esame assai lungo, scovrire fra il monte di carte in cui erano sepolti. […] i manoscritti autografi di quasi tutte le opere matematiche, insieme con quaderni di appunti, studi, ricerche, pacchi di lettere mischiate alla rinfusa con carte manoscritte su svariati soggetti; e per la maggior parte di quelle lettere [vi era anche] la risposta di Ruffini, in modo da potere, per determinati argomenti, ristabilire l’intero carteggio [Cattelani Degani, 2023, p- 4-5].
Come confermano le vicende successive, la descrizione non voleva essere critica verso gli eredi di Ruffini, ai quali riconosceva il merito di ben otto decenni di conservazione: con loro infatti Bortolotti stabilì un rapporto di fiducia che permise poi di giungere alla donazione all’accademia modenese.
Nel 1904 Bortolotti – divenuto frattanto docente di Calcolo infinitesimale nell’Università di Modena – fu eletto socio dell’Accademia di scienze lettere e arti. A pieno titolo poteva dunque adoperarsi per giungere all’acquisizione delle carte di Ruffini da parte del sodalizio, e nel dicembre 1905 comunicava al segretario generale dell’Accademia, Giorgio Ferrari Moreni, che Luigi Ruffini jr., insieme ai fratelli, si era dichiarato disposto a donare al sodalizio «tutte le lettere e i documenti che gli pervennero in eredità ed appartennero al grande matematico modenese Paolo Ruffini; al solo patto che l’Accademia prenda le opportune misure perché essi siano conservati per gli studiosi e garantiti contro la rapacità dei cacciatori di autografi» [Cattelani Degani, 2023, p. 4-5]. Questi ultimi erano infatti l’oggetto delle preoccupazioni manifestate da Bortolotti fin dal primo esame dell’archivio. La donazione venne formalizzata il 3 gennaio 1906.
Ebbe inizio a partire da quel momento un lavoro sistematico sull’archivio, intrapreso da Bortolotti col progetto di giungere all’edizione completa delle Opere matematiche di Ruffini e delle sue corrispondenze con altri matematici. Sulle motivazioni e le complicate vicissitudini di queste pubblicazioni, e sul loro compimento, si tornerà nel prossimo paragrafo. L’Accademia fece tutto quanto poteva per agevolare il lavoro di edizione, e per promuovere la disponibilità dell’archivio presso gli studiosi. Nel 1921, dopo un quindicennio dalla prima donazione, Guido Ruffini (figlio di un fratello di Stanislao, e quindi cugino di Luigi jr.) donò all’Accademia un altro nucleo archivistico. Questi ulteriori materiali documentari erano costituiti da fascicoli riferiti alla Società italiana delle scienze, della quale il Luigi più anziano era stato nominato amministratore durante la presidenza del fratello: essi completavano perciò una lacuna significativa della documentazione sulle attività istituzionali di Paolo Ruffini.
Nel 1947 l’archivio fu presentato al pubblico dall’allora presidente dell’accademia modenese, Benvenuto Donati [Donati, 1947]. L’occasione fu la commemorazione di Ettore Bortolotti, scomparso nel febbraio di quello stesso anno, le cui carte relative alla pubblicazione delle opere di Ruffini erano state subito donate all’Accademia di scienze lettere e arti dal figlio Enea, matematico anche lui, che era presente alla cerimonia e fu ringraziato seduta stante. Donati parlò ampiamente dell’archivio e citando Michelet lo definì come l’‘anima di carta’ del Ruffini. Oltre a soffermarsi sulla descrizione dei temi cui si riferivano i documenti, Donati diede anche una descrizione sommaria della struttura dell’archivio Ruffini, in cui le carte Bortolotti confluivano come fondo aggregato [Donati, 1947, p. 174]. Le stratificazioni che si erano sovrapposte rendevano infatti necessaria l’integrazione di ogni nuova acquisizione nel precedente ordinamento dato da Bortolotti in funzione dell’edizione matematica ruffiniana, e rendevano funzionale il collegamento fra la documentazione del lavoro di quest’ultimo e la documentazione delle attività di Ruffini. Ne risultava la riorganizzazione del fondo archivistico, illustrata da Donati in chiusura del suo intervento.
Va detto che nel 1947 era ancora poco studiato l’operato di Ruffini come medico, e lo rilevava anche Donati nel suo intervento, seguendo il parere di Giuseppe Favaro [Donati, 1947, p. 168-169], nonché quello di organizzatore culturale e politico. L’interesse di questi aspetti era stato sottolineato già da Bortolotti nel 1905, che così ne scriveva nella citata lettera a Ferrari Moreni:
La raccolta di manoscritti, di cui in tal modo la biblioteca dell’Accademia verrebbe ad arricchirsi, ha grandissima importanza per la storia delle Scienze, ed in particolare della matematica, nel periodo napoleonico, e sarà utilmente consultata anche dai ricercatori delle fonti per la nostra storia civile [Ricci, 2021, p. 107].
Sarebbe passato ancora qualche anno prima che sul tema venissero offerti contributi significativi. Frattanto, il patrimonio storico riferito a Ruffini si incrementò ancora con l’acquisizione di manoscritti e opere didattiche donati all’Accademia modenese nel 1970 dal socio Fernando Manzotti, e di altri documenti pervenuti nel 1987 dalla Deputazione di storia patria di Modena [Cattelani Degani, 2023, p. 8]. Questa ulteriore stratificazione, e la necessità di valorizzare l’archivio utilizzando tecnologie evolute, spingevano verso un nuovo ordinamento dell’archivio, con la predisposizione di nuovi strumenti di studio e di ricerca.
Bortolotti e gli altri: un secolo di studi (1902-2022)
L’opera di Paolo Ruffini fu sostanzialmente dimenticata dopo la sua morte, per buona parte dell’Ottocento. Fu il matematico tedesco Heinrich Burkhardt a segnalarne l’importanza in un lavoro pubblicato nel 1892 [Burkhardt, 1892] e subito tradotto in italiano da Ernesto Pascal [Pascal, 1894]. Questo lavoro suscitò l’interesse di Bortolotti, professore a Modena sulla stessa cattedra che era stata di Ruffini: nel 1902, incaricato della prolusione per l’anno accademico 1902-1903, scelse come tema l’influenza dell’opera matematica di Paolo Ruffini sullo svolgimento delle teorie algebriche [Bortolotti, 1902-1903]. All’edizione delle opere matematiche e delle corrispondenze matematiche di Ruffini Bortolotti dedicò oltre quarant’anni: l’importanza del suo progetto fu immediatamente apprezzata da Giovanni Battista Guccia, e il primo tomo fu pubblicato nel 1915 dal Circolo matematico di Palermo; i volumi successivi, tuttavia, dovettero attendere a lungo, a causa della morte di Guccia e dell’indebolimento finanziario del rinomato sodalizio matematico. La stampa del secondo tomo, patrocinata dall’Unione matematica italiana, fu infine realizzata dalla casa editrice Cremonese nel 1943. Essa andò però distrutta per cause belliche, e fu ristampata dallo stesso editore nel 1953, col contributo del Consiglio nazionale delle ricerche; nell’anno successivo fu infine pubblicato un terzo tomo, contenente l’edizione delle corrispondenze matematiche [Cattelani Degani, 2023, p. 6-7]; [Barbensi, 1956, p. 126].
Nel 1956, Gustavo Barbensi realizzò quella che a tutt’oggi è la più completa biografia di Ruffini [Barbensi, 1956], chiarendo molti passaggi del suo operato durante il periodo napoleonico e dopo il ritorno del governo ducale, e mettendo in luce anche la sua figura come medico e come uomo delle istituzioni. Barbensi ricostruiva gli eventi biografici, poi delineava il pensiero di Ruffini negli ambiti matematico, medico, filosofico-religioso, e ne ritraeva efficacemente il carattere. Quindi ne descriveva partitamente le opere in ordine cronologico di pubblicazione, e pubblicava alcuni materiali iconografici e alcuni documenti, accompagnando il tutto con una bibliografia accurata. Realizzava così un importante strumento di lavoro per chi si sarebbe interessato al matematico modenese negli anni successivi.
Anni che videro lo svolgimento delle ricerche di Giuseppe Penso sulla storia della Società italiana delle scienze, ricostruita in un volume in cui ampio spazio è dedicato alla figura e all’opera di Ruffini come presidente [Penso, 1978, p. 61-63, 155, 201-226]. Benché l’interesse per Ruffini sia stato prevalentemente portato avanti dagli storici della matematica, negli anni seguiti alle pubblicazioni di Barbensi e di Penso la sua personalità è stata studiata e richiamata anche in contesti diversi, e sue corrispondenze sono state utilizzate o pubblicate da diversi studiosi negli anni Ottanta e Novanta del Novecento. Gli autori che si sono interessati a lui in maniera più ampia e sistematica, integrando efficacemente gli aspetti matematici con altri lati dell’attività di Ruffini, sono stati Francesco Barbieri e Franca Cattelani Degani, curatori fra l’altro del già citato Catalogo della corrispondenza.
La nuova sistemazione dell’archivio
Il lavoro svolto per il Catalogo della corrispondenza ha portato i curatori alla continua consultazione dell’archivio Ruffini custodito in Accademia, dando loro occasione di esaminare in dettaglio non solo le lettere, ma anche la documentazione collegata. Un elenco del materiale, che teneva conto di tutte le acquisizioni, comprese quelle del 1970 e del 1987, era stato redatto nel 2005 dall’allora presidente dell’Accademia Ferdinando Taddei, e in esso erano integrate fra loro tutte le diverse acquisizioni [Cattelani Degani, 2023, p. 11]. L’archivio vi appariva strutturato in 21 cassette (scatole d’archivio, indicate nell’elenco come ‘filze’): «Nel nostro lungo vaglio […] alla ricerca di missive da catalogare – scrive Franca Cattelani Degani – ci eravamo resi conto di una eccessiva frammentazione e non organicità nell’ordinamento archivistico del materiale. Esso risentiva di quelli che erano stati gli scopi predominanti che avevano guidato Bortolotti, ma soprattutto delle successive acquisizioni dei materiali» [Cattelani Degani, 2023, p. 11]. Tale situazione ha indotto i due studiosi a rivedere l’organizzazione dell’Archivio Ruffini, procedendo a un radicale riordinamento, che si è tradotto nella ricollocazione fisica del materiale documentario (sempre lasciando il riferimento alle collocazioni precedenti) e nella redazione di un nuovo inventario, per ora disponibile agli utenti soltanto in formato digitale presso l’Accademia [Cattelani Degani, 2023, p. 12].
In seguito a tale operazione, l’Archivio Ruffini si presenta oggi articolato in 26 scatole d’archivio, in cui la sola parte dei carteggi comprende 367 fascicoli ordinati alfabeticamente per corrispondente, ai quali vanno aggiunti altri fascicoli di documentazione organizzata secondo i diversi affari trattati, tenendo conto «dell’opportunità di porre nella stessa filza quelli che trattavano argomenti simili» [Cattelani Degani, 2023, p. 12]. L’inventario è stato completato con dati descrittivi analitici relativi a consistenza, nomi di autori, datazioni presenti. In esso è tuttora possibile distinguere i nuclei delle carte Ruffini e delle carte Bortolotti, coi quali sono stati integrati altri materiali documentari pervenuti nel 1921 e dopo il 1947. In termini archivistici un intervento così ampio è legittimato, ad avviso di chi scrive, dall’impossibilità di ricostruire l’ordinamento originario risalente al soggetto produttore Paolo Ruffini, ordinamento che sicuramente doveva esservi se si considerano la sua personalità e la cura con cui ha conservato i propri documenti, e dalla presenza di almeno un secondo soggetto produttore, vale a dire il progetto di edizione delle opere e dei carteggi matematici, che può essere sommariamente identificato come opera di Bortolotti ma che non coincide col suo archivio personale, o comunque non ne fa più parte.
Una situazione di questo tipo, che in un’altra stagione della teoria archivistica avrebbe sicuramente destato molte perplessità, è oggi invece considerata (prendendo atto di una realtà che abbraccia ormai molti casi) sotto una categoria di nuova definizione, quella degli ‘invented archives’ [Pezzica, 2021, p. 80-82]; [Valacchi, 2010, p. 57-81, in particolare p. 64]; [Vitali, 2006]; [O'Malley - Rosenzweig, 1997, p. 132-155]. In altre parole, archivi nei quali confluiscono carte ‘pertinenti’ a un oggetto che può essere definito e identificato, ma che mantengono in parte la propria struttura originaria pur avendo diversi soggetti produttori, e sono quindi impossibili da trattare secondo i due principi guida della teoria archivistica tradizionale, cioè la ‘pertinenza’ e la ‘provenienza’. Essi sono tenuti insieme sotto una denominazione che va fatta risalire allo svolgimento sulle carte di una specifica attività, progettuale o di altro tipo. Un esempio può essere quello del cosiddetto ‘Fondo Gramsci’, che non è in realtà un archivio dell’autore dei Quaderni del carcere e delle Lettere, ma piuttosto l’archivio degli articolati e tuttora non conclusi progetti di edizione che a partire dalle sue carte si sono succeduti.
Come ricordato in apertura di questo contributo, le due accademie alle quali Ruffini era maggiormente legato hanno organizzato delle celebrazioni per il bicentenario della morte, nelle quali il lavoro storico e archivistico – in particolare di Francesco Barbieri e Franca Cattelani Degani – ha avuto un notevole riscontro. A Modena si è svolto nel mese di luglio un evento di carattere divulgativo rivolto a un pubblico ampio, affiancato da un’esposizione di documenti scelti relativi ai suoi studi e alla sua carriera, comprendente anche materiali riferiti alla sua opera di medico. Complementare ad esso è stato l’incontro tenuto nel novembre successivo presso l’Accademia nazionale delle scienze detta dei XL, in cui un gruppo di specialisti ha ripercorso l’opera matematica di Ruffini, inquadrandola nel contesto dell’epoca, presentando anche le sue attività istituzionali, e dando notizie dei più recenti interventi sull’archivio.
In conclusione, dell’Archivio Ruffini sono state redatte nel corso degli anni almeno tre differenti descrizioni, ad opera di Donati e Favaro, di Taddei, e di Barbieri e Cattelani. Di quest’ultima, in occasione del secondo centenario della morte, si sono poste le condizioni per una diffusione attraverso la rete. Così ne scrive Franca Cattelani Degani Degani:
L’archivio di uno studioso è sempre la fonte principale per un’analisi approfondita del suo pensiero e del suo operato e per un completamento di ciò che emerge dallo studio delle sue opere a stampa. Con questa consapevolezza, nel 2022, in occasione del bicentenario della morte di Paolo Ruffini, è stata presentata al MIUR la domanda di finanziamento per il progetto di Diffusione della Cultura Scientifica: L’«Archivio Ruffini» dell’Accademia Nazionale di Scienze Lettere ed Arti di Modena: un patrimonio da tutelare, tramandare e diffondere.
Il progetto è stato approvato, e il finanziamento consentirà di realizzare la principale finalità che ci si è prefissi, ovvero la digitalizzazione ed inserimento sulle principali piattaforme web dell’intero patrimonio, con la riproduzione digitale di ogni documento accompagnata da diversi utili metadati [Cattelani Degani, 2023, p. 2].
Uno sguardo rivolto al futuro che non sarebbe dispiaciuto, probabilmente, allo stesso Paolo Ruffini.